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Ultimo aggiornamento il 01/05/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

Editoriali/828

Lidia Menapace

Oggi è scomparsa Lidia Menapace. Pubblichiamo alcune sue dichiarazioni rese quasi otto anni fa in occasione della presentazione del suo ultimo libro. Una lezione politica esemplare.

 

Lidia Menapace, senatrice a vita nel posto che fu di Rita Levi Montalcini. La proposta arriva dal basso, da donne, militanti e compagne delle tante lotte che hanno accompagnato la storia della partigiana e femminista classe 1924. “Ne sarei onorata”, dice a Bologna, in occasione della presentazione del suo ultimo libro “A furor di popolo”. A favore di questa possibilità, pesa la marea di firme di sostegno inviate in poche settimane da tutto il Paese. A lanciare la proposta dal sito Ilfattoquotidiano.it era stata la giornalista Monica Lanfranco. E tanti altri prima di lei con petizioni, raccolte firme e intermediazioni politiche.

“Ne sarei felicissima – dice l’intellettuale – sono molto grata a Monica. Lei ha raccolto questa idea che è stata lanciata da varie donne, da Campobasso fino a Udine, e credo sarebbe un’occasione importante per il nostro Paese”. Un’opportunità alle donne che nonostante siano numerose in numero ovunque nel mondo, continuano a non essere rappresentate. “Bisogna rimediare in qualche modo e quando possiamo dobbiamo far sentire che ci siamo”. Anche perché nella storia della Repubblica italiana, solo due altre donne hanno ricoperto la carica di senatrice a vita: Rita Levi Montalcini e Camilla Ravera.

Nella lunga carriera di Lidia Menapace, c’era già stato un breve periodo in Senato. Eletta nel 2006 nelle file di Rifondazione comunista, stava per diventare presidente della Commissione per la difesa, ma le sue dichiarazioni contro le Frecce tricolori – “Solo in Italia vengono pagate con fondi pubblici. Le paghino i privati”, aveva detto a ...

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Vincenzo De Luca

Il governatore Vincenzo De Luca non ci piace. Soprattutto il suo modo sprezzante di fare, alle invettive inutili, le sparate in mancanza di un contraddittorio. Convidiamo, quindi, e pubblichiamo l'analisi fatta da Peter Gomez sul Fatto.

 

Il caso di Vincenzo De Luca andrebbe studiato nelle scuole di comunicazione politica. Non accade spesso che i toni utilizzati per parlare ai cittadini e ottenere un largo consenso si trasformino nel giro di poche settimane in un boomerang verosimilmente destinato a segnare per sempre e in negativo la carriera di un uomo politico. Nella prima fase della pandemia, quando grazie al lockdown nazionale la Campania era stata di fatto risparmiata dai contagi, De Luca giganteggiava. Le dirette facebook e su Lira tv, in cui il presidente della Regione se la prendeva con i proprietari di cani “dalla prostata infiammata” sempre a spasso con i lo...

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Gaetano Ferrentino

Gaetano Ferrentino si è dimesso da assessore a Sarno. E' solo l'ultimo atto di una profonda crisi che l'amministrazione di centrosinistra retta dal sindaco Giuseppe Canfora vive da quando si è insediata. "Con grande rammarico, essendo venuti meno i presupposti umani e politici per una serena collaborazione, rassegno le mie dimissioni dalla carica di assessore di questo Comune. Da oggi, le deleghe sono riconsegnate al Sig. Sindaco, che potrà disporne nella maniera più costruttiva per il progresso della città. Ringrazio tutti quelli che, in questi anni, mi hanno consentito di rivestire le più alte cariche cittadine e tutti coloro che mi hanno supportato in questo percorso". Questo ha scritto Ferrentino.

Ma come si è arrivati a questa situazione? C'è un discorso personale. Che i rapporti tra Canfora, deluchiano di ferro, e quello che era stato anche il suo ex non erano idilliaci era chiaro a tutti. Il primo cittadino è stato da sempre troppo schiacciato sulle posizioni del governatore che, in verità, ha anche ricambiato ricoprendo la città di milioni destinati a varie opere pubbliche. A parte, questo, però, sono accaduti episodi che hanno aperto ferite profonde. Canfora è stato condannato a due anni per tentata concussione in base a un episodio verificatosi quando era presidente della Provincia. E' riuscito a evitare la sospensione solo grazie a un limite della legge Severino.

Quindi la velenosa vicenda che ha visto tirare in ballo l'attuale vicesindaco Roberto Robustelli e l'ex assessore alla Cultura Enzo Salerno. Avrebbero avuto rapporti con un faccendiere accusato di pilotare concorsi pubblici. Nessuno dei due è indagato, ma piove fango tanto che Salerno, un galantuomo al di sopra di ogni sospetto, decide di dimettersi dalla giunta nonostante le press...

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Per vent'anni della mia carriera professionale mi sono occupato di cronaca. Mi sono cibato di morte tante volte, troppe. E tante volte ho sbagliato. C'è un aspetto che rende il mestiere di giornalista simile a quello dell'investigatore. Ti imbatti in tanti cadaveri che alla fine ci fai l'abitudine. Chi lo nega è un ipocrita.

Così dimentichiamo che dietro una vita che finisce ci sono una persona, una storia, affetti e sentimenti. E a un certo punto è successo anche a me. Era inevitabile. La ricerca di una foto, del particolare mancante, del retroscena mi hanno fatto perdere di vista l'essere umano. E' stato il momento in cui ho capito che certe volte bisognerebbe non parlare, avere la forza di tacere, rispettare quelle persone e i loro cari perché qualsiasi cosa si scrive renderà solo più atroce il loro dolore.

Ho sempre detto che non mi spaventa il giornalista che sbag...

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Guido Longo

Questa analisi di Enrico Fierro è stato pubblicata su Domani.

 

La giostra dei commissari alla sanità in Calabria è stata oscena. Una girandola di nomi apparsi e scomparsi  con la velocità di un tweet. Scelte abborracciate che guardavano poco alle competenze indispensabili e molto al colore politico del nome da mettere in campo. Ora arriva Guido Longo, ex prefetto con una lunga esperienza in campo investigativo ma ben poca nella gestione di  un problema complesso come quello della sanità calabrese. 

Governo, ministri e partiti della maggioranza si sono persi dentro le pagine di un manuale Cencelli d’altri tempi. Tutti volevano vincere la loro personalissima battaglia sulle macerie e così hanno buttato a mare ogni credibilità.

I calabresi hanno capito di essere “malarazza”, gente che non ha neppure il...

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Maradona

Era un giorno d'estate del 1986. C'era gente ammassata in uno slargo del mio paese, nel quartiere Cappella. Avevano visto la Madonna, sulle pareti di un palazzo fatiscente. Senza capire bene, io pure guardavo fisso la crosta di umido sulla vernice, con gli occhi concentrati. Cercavo di sforzarmi, inventavo i contorni di un volto. Ci provavo, ma niente.

Poche ore dopo mio padre seguiva una partita dei Mondiali. Quando un giocatore in maglia azzurra seminò l'intera difesa degli avversari, vestiti di bianco, entrando quasi fino in porta col pallone, le grida esplosero dappertutto. Gridai Gol, io anche. Mi feci prendere dalla foga. Ero convinto che l'Italia avesse vinto la Coppa. C'erano trombe e festa dappertutto. 

Invece no. 

 

Avevo visto Maradona

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