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Ultimo aggiornamento il 01/05/2024

Saleincorpo

Un'idea di Carlo Meoli

Editoriali/828

Lorenzo Diana

L’accusa infamante all’ex senatore Lorenzo Diana di aver fatto il doppio gioco con il clan dei Casalesi – icona antimafia alla luce del sole dell’impegno politico, patti collusivi nel buio dei subappalti della metanizzazione – gli è rimasta appiccicata per quasi sei anni. Il tempo trascorso tra l’avviso di garanzia per concorso esterno e abuso d’ufficio, il provvedimento cautelare di divieto di dimora in Campania, e i proscioglimenti decisi dal giudice. Scagionato definitivamente poche settimane fa, su richiesta della stessa Procura di Napoli, consapevole dell’infondatezza delle notizie di reato.

Diana intanto ha perso l’incarico di presidente del Centro Agroalimentare di Volla e forse qualche candidatura e sicuramente una casa: “Ho dovuto venderne una che fu di mio padre per difendermi”. La sua vita politica ricomincia da vicesindaco di Torre Annunziata, la città che costò la vita al giornalista Giancarlo Siani. Il sindaco Vincenzo Ascione lo ha chiamato per dare una sterzata all’amministrazione colpita dallo scandalo del capo dell’ufficio tecnico comunale arrestato con la mazzetta da 10mila euro ancora in tasca.

Diana, perché ha accettato questa nomina?

Decenni di impegno politico anticamorra tra Casal di Principe e San Cipriano d’Aversa, dove sono nato e cresciuto, mi hanno insegnato che non c’è territorio che non sia possibile cambiare. Nonostante mi sia imbattuto spesso, anche nel mio campo di sinistra, in una diffidenza alla possibilità di recuperare aree che molti ritenevano ‘perse’. Nel 1988 Casal di Principe fu attraversata da un corteo di camorristi armati e impuniti, pareva una realtà sudamericana. Spesso prevaleva la rassegnazione. Una fiammella di speranza si accese solo il 5 dicembre 1995: l’operazione Spartacus.

Spartacu...

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Vincenzo De Luca

Otto pagine di una sentenza del Tar Campania, resa nota ieri, dicono no a un indennizzo di oltre 3 milioni di euro a una clinica privata e fissano un principio: l’accordo anti-Covid tra il governatore Pd Vincenzo De Luca e la sanità privata è da bocciare.

Finito nel mirino dell’opposizione a Cinque Stelle, perché ritenuto troppo sbilanciato verso gli interessi degli imprenditori delle case di cura, sull’accordo tra De Luca e l’Aiop – l’associazione delle cliniche private – pende un’indagine della Gdf coordinata dai pm della Corte dei Conti, Licia Centro e Davide Vitale. Si lavora per accertare l’esistenza di danni erariali prodotti da una intesa, siglata a marzo e poi prolungata con aggiustamenti in autunno, in base alla quale le case di cura avrebbero dovuto ricevere il 95% di quanto percepiscono lavorando a pieno regime, anche se non un solo posto letto fosse stato occupato....

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Mario Francese

È il primo “delitto eccellente” della Palermo che sta cambiando padroni. E, non a caso, la vittima è un giornalista. Uno di quelli che sapeva e scriveva tanto. Il messaggio che mandano i mafiosi è molto chiaro: silenzio. La sera del 26 gennaio 1979 Mario Francese, cronista giudiziario de "Il Giornale di Sicilia”, viene ammazzato dai sicari di Cosa Nostra. Resteranno nell'ombra per molti anni, poi si scoprirà che ad ucciderlo è stato Leoluca Bagarella, il cognato di Totò Riina, il nuovo capo dei capi della Cupola. 

In quel 1979 i Corleonesi cominciano a conquistare Palermo e la Sicilia. Sparano, seminano terrore. Mario Francese, prima di ogni altro, capisce che Palermo presto diventerà una città mattatoio. Il 9 marzo successivo c'è l'omicidio di Michele Reina, che è il segretario provinciale della Democrazia Cristiana. Il 21 luglio tocca al capo della squadra mobile Boris Giuliano, colpito alla spalle con sette colpi di pistola sempre da Bagarella. Il 25 settembre cade Cesare Terranova, il magistrato che alla fine degli anni '50 con le sue indagini aveva “scoperto” i Corleonesi e che era stato appena nominato consigliere istruttore del Tribunale di Palermo. Con il giudice muore anche Lenin Mancuso, un poliziotto che è al suo fianco da una vita. 

Dopo la morte di Mario Francese la mafia porta via anche uno dei suoi quattro figli, il più piccolo. È Giuseppe, che consuma la sua esistenza a cercare una verità sul destino del padre. Insegue indizi, raccoglie ogni traccia, suggerisce le sue "intuizioni” ai sostituti procuratori che investigano sull'omicidio del padre. E inizia anche lui a scrivere di mafia. Il 2 settembre del 2002 - dopo la prima sentenza di condanna contro esecutori materiali e mandanti del delitto Francese - Giuseppe decide di andarsene, s...

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Pasquale Volturo

E’ una storia come altre, drammatica, tragica. Una storia di quelle che richiamano l’onore, la dignità e l’attaccamento alla Patria. Una storia giusta da ricordare, nel Giorno della Memoria. Ma soprattutto per me è la mia storia, perché racconta di Pasquale Volturo, classe 1916, prigioniero di guerra internato nel campo di concentramento di Dachau. Era mio padre, uno dei tanti soldati italiani impegnato sul fronte dei Balcani. Dopo la proclamazione dell’armistizio, l’8 settembre 1943, fu catturato dai tedeschi e gli fu chiesto di scegliere se continuare a combattere nelle loro fila o essere inviato nei campi di concentramento. Mio padre scelse, come tanti, la fedeltà alla Patria. Divenne così “prigioniero di guerra”. Siccome i tedeschi considerarono un tradimento, commesso dagli infidi italiani, la scelta patriottica, Hitler volle rendere più umiliante la condizione dei militari arres...

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Papa Francesco

A tutti quelli che si chiedono perché il giornalismo è in crisi gioverebbe riflettere su alcune considerazioni di Papa Francesco in occasione del messaggio per la cinquantacinquesima giornata mondiale delle comunicazioni sociali diffuso sabato scorso. 

Il Papa sostiene: “Pensiamo al grande tema dell’informazione. Voci attente lamentano da tempo il rischio di un appiattimento in ‘giornali fotocopia’ o in notiziari tv e radio e siti web sostanzialmente uguali, dove il genere dell’inchiesta e del reportage perdono spazio e qualità a vantaggio di una informazione preconfezionata, ‘di palazzo’, autoreferenziale, che sempre meno riesce a intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone, e non sa più cogliere né i fenomeni sociali più gravi né le energie positive che si sprigionano dalla base della società”.

Quindi parte una sorta di raccomandazione: “La cri...

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Francesco Fulcoli

“Non è un momento facile qui nel Regno Unito, ma noi italiani sappiamo fare di necessita virtù”. Francesco Fulcoli ha 38 anni, è originario di Gesualdo, un piccolo Comune in provincia di Avellino e da dieci anni vive stabilmente con la sua famiglia a Londra. È partito dalla sua regione quando aveva 20 anni: “Una storia come tante, che mi ha portato a lasciare il mio Sud col sogno di lavorare nella City”, racconta. Prima un impiego in una caffetteria per pagarsi le spese. Infine, la chiamata da uno dei più vecchi stock broker di Wall Street. “Vorrei tornare, ma sono troppo qualificato per il mio Paese”.

Lasciare l’Italia è stata una scelta quasi obbligata per Francesco, dopo vari contratti e “zero possibilità”. Quando arriva a Londra ha una laurea come giurista d’impresa, qualche risparmio in tasca donato dai genitori e un inglese scolastico. “Mi alzavo alle 4 del mattino, le g...

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