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Ultimo aggiornamento il 29/11/2023

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Un'idea di Carlo Meoli

Editoriali/752

Meno finanziamenti ai giovani ricercatori, meno case e ospedali di comunità, meno asili nido, meno famiglie connesse alla banda ultralarga, meno alta velocità ferroviaria al Sud. Più soldi per le reti idriche e per l’agricoltura, oltre che una dote aggiuntiva per i crediti di imposta alle imprese. E il ripescaggio dei fondi contro il rischio idrogeologico per finanziare la ricostruzione delle aree colpite dalle alluvioni della scorsa primavera. Rispetto alla versione del 2021 il nuovo Pnrr dell’Italia approvato venerdì scorso dalla Commissione europea ha perso per strada una parte degli obiettivi iniziali, sacrificati causa aumento dei costi, scarsa partecipazione ai bandi o cambiamenti delle condizioni di mercato. Non sono passate, nel negoziato con la Ue, alcune delle proposte del governo Meloni: per esempio il Piano non finanzierà la ricerca sui biocarburanti e l’obiettivo di riduzione della propensione all’evasione fiscale è rimasto invariato anche se il ministero dell’Economia aveva auspicato una revisione al ribasso causa “deterioramento della liquidità” delle imprese. Ilfattoquotidiano.it, esaminando la documentazione preparata dalla Commissione Ue, ha messo in fila le principali modifiche apportate alle sei missioni.

Meno risorse per i Comuni – Escono dal Piano, come richiesto dal governo a fine luglio, gli Interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei Comuni, che valevano 6 miliardi. Si tratta del definanziamento più rilevante. Il governo ha promesso che quei progetti saranno coperti con altre risorse.

Meno asili nido e nuove scuole – Come è noto viene modificato al ribasso il target finale relativo ai nuovi posti in asili nido e scuole dell’infanzia da garantire entro il 2026: cala da 264.480 a ...

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Martedì 28 novembre alle 11, presso il Cinema Sala Roma di Nocera Inferiore, ci sarà la presentazione del libro "Schermi nemici" di Mariangela Palmieri. Il volume è edito da "Mimesis". Oltre all'autrice, interverranno Pasquale Cuofano e Lorenzo Guarnaccia. Modera Pina Esposito.

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Naomi Cabral e Marta Torres. Si chiamano così le due persone trans assassinate in Italia, entrambe a Roma, che, insieme a un’altra donna della quale non è stato possibile identificare l’identità, vanno a comporre il drammatico elenco delle vittime transgender uccise nel mondo in un anno, da ottobre 2022 a novembre 2023. In tutto, sono state 321. In Europa, l’Italia è ancora in vetta tra i paesi in cui si registrano più crimini transfobici.

I numeri e i nomi sono stati diffusi dall’organizzazione internazionale Tgeu, che dal 2005 lavora per tutelare e rafforzare i diritti e il benessere delle persone trans nel mondo. In occasione del TDor, il Transgender day of remembrance, ha reso noti i dati del suo monitoraggio, secondo i quali sono Turchia e Italia i due Paesi dell’area europea in cui si registrano ogni anno più omicidi di persone trans. Inoltre, il 45% delle donne trans assassinate in Europa era migrante o rifugiata. “Il numero – si legge sul sito Tgeu – è molto vicino ai 327 casi segnalati l’anno precedente, dimostrando che la violenza contro le persone trans rimane a un livello costantemente elevato. Con 236 casi, l’America Latina e i Caraibi hanno ancora una volta il maggior numero di omicidi tra tutte le regioni. Quest’anno sono stati segnalati per la prima volta omicidi in Armenia, Belgio e Slovacchia”.

“L’allarme continua a essere alto” commenta Christian Cristalli, responsabile politiche trans nella segreteria nazionale di Arcigay. “Già nel 2014 un’importante ricerca condotta dal team di Alessandra Fisher, endocrinologa presso l’azienda ospedaliera universitaria Careggi di Firenze, ci aveva consegnato un dato clamoroso: in Italia il 43% degli studenti e studentesse transgender dai 12 ai 18 anni abbandonano la scuola prima del tempo. Questi ...

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Ogni giovedì, nella piazzetta qui sotto casa, si siedono sulle panchine degli immigrati – solitamente, da quel che intuisco, slavi, in buona parte rumeni. Sono lì perché hanno ritirato il pacco settimanale di generi di conforto dalle suore vincenziane. Di solito hanno un bicchiere di plastica in mano con un caffè caldo e si fermano a chiacchierare tra loro. Generalmente sono persone anziane, apparentemente anche male in arnese, più uomini che donne. Sono gli scarti del sistema.

Il primo, se non erro, ad associare il termine “rifiuto” all’uomo fu Zygmunt Bauman, nel suo Vite di scarto. Secondo l’illustre sociologo era rifiuto colui che non poteva più essere impiegato nel processo produttivo, ma anche chi consumava male perché troppo poco, ma anche il rifugiato, e comunque le vittime del sistema. Similmente Papa Francesco dall’inizio del suo pontificato parlava di “cultura dello...

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Non è solo un modo di dire: mai così tante sorprese in una presentazione della guida Michelin. In primo luogo le tre stelle, più quella verde, a Norbert NIederkofler con il nuovissimo Atelier Moessmer a Brunico. C’era grande attesa per lui e il suo affiatato giovane team perché con la chiusura del suo precedente ristorante, St. Hubertus a San Cassiano – per una scelta della vecchia propietà – aveva di fatto perso le tre stelle conquistate circa dieci anni fa con una cucina di montagna molto coraggiosa.  

Poi l’arrivo delle tre stelle al Sud, in quella Nerano, Napoli, della famiglia dei Quattro Passi, una storia di 40 anni di eccellenza e una cucina giovane che si esprime nelle mani di  Fabrizio Mellino. La Rossa, che al Teatro Grande di Brescia festeggia i 125 anni dell’omino Michelin e svela l’edizione italiana numero 69, è per la prima volta davvero prodiga anche di seconde ...

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Aurelio De Laurentiis che si sbraccia in tribuna, piomba negli spogliatoi, apostrofa i giornalisti, zittisce i tifosi, ha ragione ad essere furibondo: dovrebbe avercela solo con sé stesso. Garcia ha le colpe che tutti potevano aspettarsi da Rudi Garcia, quindi praticamente non ha colpe: l’unico responsabile della dissoluzione del Napoli dello scudetto è De Laurentiis, che credeva di esserne l’artefice. Invece stavolta ne è stato la rovina.

Lo avevamo già detto a settembre: Luciano Spalletti ci aveva messo due anni a costruire il Napoli, e De Laurentiis potrebbe averlo distrutto in due mesi. Togliamo pure il condizionale. Ormai è chiaro che della squadra del terzo, storico scudetto non resta più nulla: gli azzurri sono sprofondati a -10 in classifica dall’Inter capolista (che poi sono più o meno gli stessi punti, 11, conquistati in meno rispetto allo scorso anno), tagliati fuor...

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