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Un'idea di Carlo Meoli

Editoriali/827

Pubblichiamo questo pezzo di Enrico Fierro sull'episodio di Manduria pubblicato oggi (6/5/2019) su "il Fatto".

Sono nato e cresciuto in una provincia fatta di paesi minuscoli dove “i matti” (definizione mai offensiva che si usava per indicare il tipo un po’ diverso dagli altri), erano parte della comunità. Nel dialetto “il matto” era “’o paccio”, un soggetto un po’ strambo. Oggetto di piccoli scherzi, di risate in piazza o davanti a un bar, ma mai violenti o crudeli. Il “matto” non si perdeva una festa e un bicchiere di vino, lo invitavano alle mangiate, se aveva bisogno lo aiutavano. Era parte del “villaggio” e andava protetto. Non dimenticherò mai un “matto” particolare nei giorni del terremoto del 1980 a Lioni. Il paese era raso al suolo, la gente passava giorni e notti al freddo, arrivarono le prime tende per ripararsi e lui, “’o paccio”, ne chiese subito una. Non per sé, ma per il suo cavallo. Un malandato ronzino che amava cavalcare senza sella facendo lo slalom tra le macerie. Vengo da una provincia così, perché così era il Sud, così si viveva nei suoi paesi. Ma oggi, dopo gli orrori di Manduria, dove otto disgraziati (sei di loro minorenni) hanno reso la vita impossibile al povero Antonio Stano, tormentandolo, minacciandolo, derubandolo delle sue poche e povere cose, intimidendolo, il tutto fino a portarlo alla morte, vedo un Sud diverso. Diventato da anni un’enorme periferia. Periferia identica nell’abbandono e negli orrori, a quelle metropolitane, dove non c’è più posto per “i matti”. Antonio aveva urlato la sua disperazione, denunciato, ma nessuno lo aveva ascoltato e protetto. Come Frank Dummer, la sua lingua “non poteva esprimere ciò che” gli “si agitava dentro, e il villaggio” lo “prese per matto”. Una “cosa” da prendere a calci, da terrorizzare...

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Pubblichiamo un pezzo di Marco Lillo apparso oggi (3-maggio-2019) sul Fatto.

Roberta Petrelluzzi ha scritto venerdì scorso su Facebook una lettera pubblica a Martina Ciontoli, condannata in appello con il padre, la mamma e il fratello per l’omicidio colposo del fidanzato Marco Vannini, avvenuto a casa Ciontoli nel 2015. Alla vigilia della puntata di Un giorno in pretura, dedicata al caso, la conduttrice ha scritto: “Cara Martina Ciontoli, ti vogliamo far sapere che siamo assolutamente in disaccordo con questo accanimento mediatico che, non si capisce perché, vorrebbe la vostra morte civile. È un segno dei miseri tempi che stiamo vivendo, dove l’odio e il rancore prendono il sopravvento su qualsiasi altro sentimento. Ci auguriamo che il nostro lavoro riesca a riportare la tragedia vissuta (perché tragedia è) alle sue reali dimensioni”.

 

 

 

Molti hanno critic...

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Pubblichiamo un articolo di Enrico Fierro su Casal di Principe uscito oggi (15/4/2019) su "il Fatto".

Il Teatro si chiama della Legalità. È affollatissimo. Ragazzi delle scuole, donne e uomini, giovani e anziani, tantissimi venuti da fuori. Sul palco i dodici scrittori finalisti del Premio Strega. E Renato Franco Natale, medico di 69 anni, sindaco di Casal Di Principe. “Mi tremano le gambe – ammette con l’emozione e il candore di un quindicenne – questa per Casale è una medaglia, un altro passo verso la rivoluzione della normalità. E pensare che da ragazzo andavo ad Aversa, la città a pochi chilometri, a comprare i libri della Garzanti con la fascetta Premio Strega. Oggi gli scrittori sono qui, nel mio paese”.

Il paese di Gomorra, di boss sanguinari dai soprannomi terribili. Il paese dei “casalesi”, la camorra che si fece mafia. Droga, estorsioni, rifiuti e veleni importati dal Nord che hanno ammorbato le terre e i frutti. Ma anche il paese delle medaglie d’oro al valor civile. Don Peppe Diana, Mimmo Noviello, Federico Del Prete, Salvatore Nuvoletta. Un prete, un imprenditore, un carabiniere e un attivista sindacale. Quattro martiri in un paese di 21mila abitanti.

Renato Natale ha il cuore d’oro e il carattere d’acciaio. Recentemente è stato a Padova a parlare agli amministratori del posto in una iniziativa di “Avviso pubblico”. Poteva fare il “personaggio”, parlare di lotta alla camorra e della sua vita. Invece scelse di stupire tutti. “Prima o poi anche voi in Veneto avrete i morti ammazzati per strada. Per anni non vi è interessato un tubo di quello che avveniva giù al Sud, dove abbiamo vissuto la dittatura delle mafie. Non ve ne è fregato nulla della nostra libertà. Ma ora capite che non c’è un noi e un voi. Perché le mafie sono anche qui”...

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Franco Roberti

Franco Roberti, 71 anni, ex magistrato, assessore regionale alla Sicurezza, sarà il capolista del Pd alle elezioni europee per la circoscrizione Sud. L'uomo non è in discussione: ha ricoperto incarichi di primo piano fino ad arrivare a capo della direziona nazionale antimafia.

Roberti, però, ha svolto quasi tutta la sua carriera in Campania. In questi casi sorge sempre un dubbio: è giusto che scenda direttamente in politica un uomo che ha seguito indagini importanti tra cui molte sulle pubbliche amministrazioni? Si tratta di una pessima abitudine italiana.

Nel caso di Antonio Di Pietro un ex magistrato ha retto addirittura un ministero. Riteniamo, e questo indipendentemente dal valore dell'uomo e dal partito, che chi ha indossato la toga non dovrebbe fare politica, soprattutto quando, ed è il caso di Roberti ma non solo, le funzioni professionali sono state esercitate ...

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Antonio La Cava

Questo articolo di Enrico Fierro è stato pubblicato su "il Fatto quotidiano" di oggi (8 aprile 2019). 

“Maestro in pensione. Da 18 anni ha fatto della sua vita una missione in nome della cultura: portare libri ai bambini delle scuole elementari dei paesi più piccoli e isolati della Basilicata, dove spesso non ci sono biblioteche o librerie. Lo fa con un mezzo speciale…”. Leggo ad Antonio La Cava le motivazioni dell’Onorificenza a Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, conferitagli al Quirinale dal Presidente Sergio Mattarella. E mi regolo di conseguenza chiamandolo, giustamente, commendatore. Commendator Antonio La Cava… Ma lui mi stoppa subito: “Maestro, la prego, preferisco maestro elementare. Perché quella è la mia passione, una sorta di febbre che ha segnato e segna tutta la mia vita”.

Settantaquattro anni (portati benissimo), sposato, due fi...

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Sopravvissuti, testimoni e studiosi si ritroveranno insieme alla John Cabot University (Jcu) di Roma per commemorare il genocidio dei Tutsi del Ruanda, una delle più drammatiche pagine della storia recente, avvenuto esattamente 25 anni fa. "Ricordare, unire, rinnovare": questo il titolo - e il significato - della manifestazione, che vuole richiamare alla memoria quanto accadde dal 7 aprile al 4 luglio del 1994 nel piccolo Paese dell'Africa orientale, quando un milione di persone - tra cui donne e bambini, famiglie intere - furono massacrate a colpi di machete, mazze chiodate e armi da fuoco.

L'incontro di domenica. L'appuntamento è per domenica 7 aprile, alle ore 15.45, presso l'Aula magna Regina della John Cabot University, via della Lungara 233, a Trastevere. Le Nazioni Unite hanno proclamato il 7 aprile "Giornata internazionale di riflessione sul genocidio in Ruanda". La...

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