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Ultimo aggiornamento il 18/06/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

Editoriali/853

Il corpo di Armando Faucitano (Foto di Luigi Pepe)

A Scafati si tornerà a votare dopo il commissariamento del Comune per infiltrazioni della criminalità organizzata. L'ex sindaco Pasquale Aliberti è finito in carcere mentre la moglie, la consigliera regionale Monica Paolino, è indagata. Entrambi sono accusati di avere avuto il sostegno elettorale dei clan camorristici. Saranno i giudici a stabilire la verità dopo un utilizzo scandaloso della carcerazione preventiva.

La città è allo stremo. Il Comune è in condizioni finanziarie disastrose. Occorre un'opera di ricostruzione prima di tutto morale, oltre che economica. Un fardello pesantissimo. Sono nove i candidati a sindaco e dovranno fare pulizia.

In primo luogo bisognerà intervenire su quei funzionari del municipio che troppo spesso hanno assecondato i politici in cambio di promozioni e prebende. Una malapianta dura da estirpare. Stesso discorso per le società del Comune, spesso diventate carrozzoni clientelari che hanno ingoiato famelicamente decine di milioni di euro.

Per Scafati queste non sono delle semplici elezioni amministrative. Possono segnare l'inizio di un riscatto. Ecco perché, a pochi giorni ormai dal voto, sarebbe bello se tutti i candidati firmassero un patto anti camorra. Un impegno trasversale per garantire legalità e buon governo. Il tempo c'è. E' solo una questione di volontà.

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Pubblichiamo questo pezzo di Enrico Fierro sull'episodio di Manduria pubblicato oggi (6/5/2019) su "il Fatto".

Sono nato e cresciuto in una provincia fatta di paesi minuscoli dove “i matti” (definizione mai offensiva che si usava per indicare il tipo un po’ diverso dagli altri), erano parte della comunità. Nel dialetto “il matto” era “’o paccio”, un soggetto un po’ strambo. Oggetto di piccoli scherzi, di risate in piazza o davanti a un bar, ma mai violenti o crudeli. Il “matto” non si perdeva una festa e un bicchiere di vino, lo invitavano alle mangiate, se aveva bisogno lo aiutavano. Era parte del “villaggio” e andava protetto. Non dimenticherò mai un “matto” particolare nei giorni del terremoto del 1980 a Lioni. Il paese era raso al suolo, la gente passava giorni e notti al freddo, arrivarono le prime tende per ripararsi e lui, “’o paccio”, ne chiese subito una. Non per sé, ...

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Pubblichiamo un pezzo di Marco Lillo apparso oggi (3-maggio-2019) sul Fatto.

Roberta Petrelluzzi ha scritto venerdì scorso su Facebook una lettera pubblica a Martina Ciontoli, condannata in appello con il padre, la mamma e il fratello per l’omicidio colposo del fidanzato Marco Vannini, avvenuto a casa Ciontoli nel 2015. Alla vigilia della puntata di Un giorno in pretura, dedicata al caso, la conduttrice ha scritto: “Cara Martina Ciontoli, ti vogliamo far sapere che siamo assolutamente in disaccordo con questo accanimento mediatico che, non si capisce perché, vorrebbe la vostra morte civile. È un segno dei miseri tempi che stiamo vivendo, dove l’odio e il rancore prendono il sopravvento su qualsiasi altro sentimento. Ci auguriamo che il nostro lavoro riesca a riportare la tragedia vissuta (perché tragedia è) alle sue reali dimensioni”.

 

 

 

Molti hanno criticato l’appellativo “Cara” rivolto a una ragazza che nelle intercettazioni sembra interessata più alla carriera del padre che a salvare il ragazzo e a trovare la verità sulla sua morte. La polemica sul “Cara” sta facendo passare in secondo piano la questione più interessante: qual è il modo corretto di seguire un caso di cronaca? Il post esce due giorni dopo il record di ascolti dei due speciali dedicati al caso Vannini da Le Iene e Chi l’ha visto. La sensazione è che Roberta Petrelluzzi si riferisse proprio a Le Iene, che avevano inseguito i due fratelli Ciontoli, quando puntava il dito contro “l’accanimento mediatico”. La sensazione è che quel “Ci auguriamo che il nostro lavoro riesca a riportare la tragedia vissuta alle sue reali dimensioni”, mirasse a segnare una distanza da quel modo di fare giornalismo.

Anche nel corso della trasmissione, Roberta Petrelluzzi ha dato l’impress...

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Pubblichiamo un articolo di Enrico Fierro su Casal di Principe uscito oggi (15/4/2019) su "il Fatto".

Il Teatro si chiama della Legalità. È affollatissimo. Ragazzi delle scuole, donne e uomini, giovani e anziani, tantissimi venuti da fuori. Sul palco i dodici scrittori finalisti del Premio Strega. E Renato Franco Natale, medico di 69 anni, sindaco di Casal Di Principe. “Mi tremano le gambe – ammette con l’emozione e il candore di un quindicenne – questa per Casale è una medaglia, un altro passo verso la rivoluzione della normalità. E pensare che da ragazzo andavo ad Aversa, la città a pochi chilometri, a comprare i libri della Garzanti con la fascetta Premio Strega. Oggi gli scrittori sono qui, nel mio paese”.

Il paese di Gomorra, di boss sanguinari dai soprannomi terribili. Il paese dei “casalesi”, la camorra che si fece mafia. Droga, estorsioni, rifiuti e veleni impo...

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Franco Roberti

Franco Roberti, 71 anni, ex magistrato, assessore regionale alla Sicurezza, sarà il capolista del Pd alle elezioni europee per la circoscrizione Sud. L'uomo non è in discussione: ha ricoperto incarichi di primo piano fino ad arrivare a capo della direziona nazionale antimafia.

Roberti, però, ha svolto quasi tutta la sua carriera in Campania. In questi casi sorge sempre un dubbio: è giusto che scenda direttamente in politica un uomo che ha seguito indagini importanti tra cui molte sulle pubbliche amministrazioni? Si tratta di una pessima abitudine italiana.

Nel caso di Antonio Di Pietro un ex magistrato ha retto addirittura un ministero. Riteniamo, e questo indipendentemente dal valore dell'uomo e dal partito, che chi ha indossato la toga non dovrebbe fare politica, soprattutto quando, ed è il caso di Roberti ma non solo, le funzioni professionali sono state esercitate ...

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Antonio La Cava

Questo articolo di Enrico Fierro è stato pubblicato su "il Fatto quotidiano" di oggi (8 aprile 2019). 

“Maestro in pensione. Da 18 anni ha fatto della sua vita una missione in nome della cultura: portare libri ai bambini delle scuole elementari dei paesi più piccoli e isolati della Basilicata, dove spesso non ci sono biblioteche o librerie. Lo fa con un mezzo speciale…”. Leggo ad Antonio La Cava le motivazioni dell’Onorificenza a Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, conferitagli al Quirinale dal Presidente Sergio Mattarella. E mi regolo di conseguenza chiamandolo, giustamente, commendatore. Commendator Antonio La Cava… Ma lui mi stoppa subito: “Maestro, la prego, preferisco maestro elementare. Perché quella è la mia passione, una sorta di febbre che ha segnato e segna tutta la mia vita”.

Settantaquattro anni (portati benissimo), sposato, due fi...

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