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Ultimo aggiornamento il 05/05/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

Inchieste/854

Sono passati cinque anni da quando – il 28 febbraio 2018 – il governo Gentiloni e i presidenti della Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna (Attilio Fontana, Luca Zaia e Stefano Bonaccini) stipularono le preintese per consentire a quelle regioni di accedere all’autonomia differenziata. Da allora la questione è andata avanti sostanzialmente in una dimensione secretata (grazie anche al silenzio dei media) per ben tre governi consecutivi, come si trattasse di un affare privato. Il primo governo Conte aveva al punto 20 del “contratto di governo” (sic!) proprio l’autonomia differenziata; poi il Conte 2 (a trazione M5s e Pd) continuò l’opera producendo il ddl Boccia; il governo Draghi diede vita al ddl Gelmini.

Il comune denominatore – oltre alla concorde prosecuzione del cammino verso l’autonomia differenziata, veramente trasversale, indipendentemente dal colore degli esecutivi – è stata la comune volontà dei governi di collegare quei ddl (volti a normare il percorso per richiedere, da parte delle regioni a statuto ordinario, “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n e s)” [ovvero norme generali dell’istruzione e tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, nda]) alla legge di bilancio sottraendolo così alla possibilità di referendum.

Tale volontà è ancor più pressante nel governo Meloni. Il micidiale 1-2 pandemia-guerra, il fallimento delle regioni (in particolare la Lombardia, che dal 2001 ha privatizzato il 49% del proprio servizio sanitario) nella gestione dell’emergenza Covid, il moltiplicarsi delle diseguaglianze non ha...

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Ecco l'intervista esclusiva rilasciata da Francesco al Fatto.

 

 

Santità, dieci anni fa, il 13 marzo 2013, veniva eletto Papa. Qual è il suo bilancio?

Il bilancio lo farà il Signore quando vorrà. Il modo in cui lo farà ce lo ha detto lui stesso al capitolo 25 del Vangelo di Matteo: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi…”. La Chiesa non è una azienda, ma nemmeno una ong e il Papa non è un amministratore delegato che a fine anno deve far quadrare i conti. La Chiesa è del Signore! A noi viene semplicemente chiesto di porci umilmente in ascolto della sua volontà e metterla in pratica. Può sembrare un compito molto semplice, ma non lo è. Bisogna sintonizzarsi con il Signore, non con il m...

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Da Bergamo arriva una storia così pesante e surreale da ribaltare l’asse cartesiano di una realtà cui siamo assuefatti. Una vicenda tanto kafkiana da interessare la comunità scientifica internazionale, con potenziali premi Nobel, a partire dall’ex capo dipartimento economia di Oxford, che si spendono perché non passi sotto silenzio, mentre in Italia nessuno la racconta. In breve, è questa. L’Università chiama un docente da Londra per “chiara fama”, individuato tra i professori “stabilmente all’estero”. Dopo 13 anni di docenza, senza mai un addebito, lo caccia via con ignominia accusandolo di aver “mentito” sul fatto di aver proseguito la docenza estera. Due sentenze del Tar dimostrano poi che l’accusa era del tutto falsa, accertano la piena compatibilità dei due incarichi (italiano ed estero), e dispongono l’immediato reintegro. Di più, censurano l’ateneo per un “uso distorto del potere pubblico” e l’adozione di norme regolamentari “parimenti illegittime verosimilmente introdotte ad personam”. L’epilogo della storia è tuttavia ancora da scrivere.

La medaglia del merito ha smesso di girare tra dritto e rovescio, tanto che il tribunale amministrativo è già passato alla quantificazione del danno, ma l’ateneo orobico insiste: bussa ora alla porta del Consiglio di Stato, alimentando così una vicenda che scredita l’università italiana ben oltre i confini nazionali, come sottolinea l’associazione Trasparenza e Merito che la denuncia. Ecco allora la storia di Giovanni Urga, dei suoi “tre anni d’inferno” passati nel pugno di chi in palmo di mano l’aveva richiamato in Italia, tra il silenzio di colleghi per nulla inclini a difenderlo. “E’ successo. – si limita a dire il professore – Ma non deve intaccare la fiducia nei nostri atenei e dei nostri studenti”.

Un c...

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Centinaia di post dedicati a Emanuele Sibillo, boss della “paranza dei bambini” ucciso a 20 anni nel 2015. Messaggi al genitore o al compagno carcerato. Canzoni che celebrano i detenuti e insultano le forze dell’ordine. Una comunità, quella mafiosa, resa riconoscibile da emoticon, simboli, tatuaggi e abbigliamento. La rivoluzione dei social network e l’affacciarsi delle nuove generazioni dei “rampolli dei boss” ha reso “trasparente” la “rete sociale del contesto mafioso”. E così sul web, non solo la promozione del brand criminale mette in un angolo l’antico valore dell’omertà in luogo dell’ostentazione di “lusso e violenza esibiti impunemente”, ma “l’assenza di mediazione nella rappresentazione” ha anche portato i mafiosi – e il loro “social clan” – a creare una sorta di autonarrazione, un tempo delegata alle “élite” di scrittori, giornalisti, sceneggiatori e registi.

È la maf...

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Assassini fermati praticamente in flagranza di reato, ma per giorni nessuno ne conosce l’identità: neanche i vicini di casa o gli amici. Che quindi magari denunceranno la scomparsa del killer, nel frattempo finito in galera. Lo stesso avviene per le vittime, che a volte restano senza nome: morti sul lavoro o pure persone rimaste uccise in incidenti stradali. Ma il mistero regna sovrano pure per cose più banali, come pub e ristoranti chiusi perché non rispettano le più elementari regole igienico sanitarie: nei comunicati i vigili urbani evitano di specificare i nomi dei locali sanzionati. E dunque i cittadini non sapranno mai di aver mangiato in un posto con i topi in cucina. E dopo la riapertura, magari, ci torneranno. L’ultimo effetto nefasto creato dalle norme introdotte da Marta Cartabia è un buco nero informativo senza precedenti. Un bavaglio che distorce completamente le normali ...

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Impazza il dibattito sulla questione dell'autonomia differenziata. L'ennesima scelta scellerata del governo Meloni rischia di spaccare il Paese. A proposito di questo pubblichiamo un pezzo di Salvatore D'Angelo apparso sul sito Insieme. Nel frattempo venerdì 24 febbraio, alle 18,30, presso il convento di Sant'Antonio a Nocera Inferiore, sala verde, l'associazione Futurama ha organizzato un dibattito  dal titolo "No all'autonomia differenziata. Sì a un'Italia unita sempre". Modera Felice Faiella. Interventi di Gianni Iuliano, Sonia Angrisani, Michele Russo e Pellegrino Gambardella.

 

Il 2 febbraio il Consiglio dei ministri ha approvato la legge quadro che concede alle Regioni italiane di chiedere allo Stato nuove funzioni insieme alle risorse umane, strumentali e finanziarie per svolgere adeguatamente una serie di compiti. Si tratta di 23 materie indicate nell’articolo ...

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