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Ultimo aggiornamento il 15/05/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

Inchieste/858

Due storie tragiche, lontane 47 anni l’una dall’altra, ma incredibilmente simili. In mezzo le storie di altre morti terribili, di altri abusi, ma anche la più grande riforma della psichiatria con la legge Basaglia che ha abolito i manicomi. La prima puntata dell‘inchiesta di Spotlight, il programma di Rainews24 in onda venerdì 4 giugno alle 21.30, parte da queste storie per cercare di fare il punto sulla contenzione, pratica controversa che nessuno considera terapeutica.

1974, Antonia Bernardini muore bruciata nel letto di contenzione dove è legata da 43 giorni. È lei stessa ad appiccare le fiamme per protesta. 2019, Elena Casetto muore bruciata nel letto dove è stata appena legata. Anche in questo caso è lei stessa ad appiccare l'incendio.

Due storie tragiche, lontane 47 anni l'una dall'altra, ma incredibilmente simili. In mezzo le storie di altre morti terribili, di altri abusi, ma anche la più grande riforma della psichiatria con la legge Basaglia che ha abolito i manicomi. La prima puntata dell’inchiesta di Spotlight, il programma di Rainews24 in onda venerdì 4 giugno alle 21.30, parte da queste storie per cercare di fare il punto sulla contenzione, pratica controversa che nessuno considera terapeutica, che divide il mondo psichiatrico tra chi la definizione necessaria quando il paziente può essere pericoloso e chi definisce una vera e propria tortura e ne invoca il superamento.

FILO UNICO

Quella di Antonia Bernardini è una storia del secolo scorso, quando ancora esistevano i manicomi. Antonia, romana, 40 anni, era internata nel manicomio criminale di Pozzuoli. C'era finita per un litigio banale, con quella formula paradossale di “proscioglimento per infermità mentale” che esclude il processo ma apre le porte dell'internamento, spe...

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Giovanni Brusca si ritrova a casa con Gioacchino La Barbera, Mimmo Ganci e Salvatore Cancemi. I mafiosi non sanno ancora se il giudice è vivo o morto. Quando arriva la notizia Brusca ricorda: «Cancemi si alza dalla sedia e va verso il televisore e comincia a sputare. Cornuto, finalmente, meno male, di qua, di là, si alza mette mani in tasca... c’era un ragazzo, un certo Giovanni, Giovanni u siccu... esce i soldi dalla tasca e gli dice: vai a comprare una bottiglia di Champagne...».

[…] Al momento della telefonata, che era arrivata da Palermo, sia sul cellulare di La Barbera che su quello di Ferrante, si trovavano nel villino TROIA, GIOE’ e LA BARBERA, che dopo la telefonata erano andati via subito, perchè dovevano accompagnare La Barbera alla sua macchina, per poi andare ad azionare la ricevente. Brusca aveva appreso che o Gioè o La Barbera ne avevano verificato il funzionamen...

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Rahmat Rezai

A piedi, a cavallo, su un gommone, aggrappato sotto un camion. Quando è arrivato la prima volta in Italia, nel 2007, a 14 anni, Rahmat aveva appena compiuto il suo personalissimo viaggio attraverso Afghanistan, Iran, Turchia e Grecia. Sbarcato a Bari, ha raggiunto con mezzi di fortuna la Campania, dove è diventato ospite di un centro di accoglienza a Piedimonte Matese, provincia di Caserta. “Quella è stata la mia lunga rotta verso la salvezza”, ricorda. Grazie ai suoi “angeli senza ali”, che lo hanno accolto, supportato e aiutato nello studio, Rahmat Rezai nel 2021 si è laureato in Ingegneria Meccanica all’Università Federico II di Napoli. Col massimo dei voti. “L’Italia ha avverato il mio sogno. Ora è il momento di ripagarla”.

“La mia vita è stata come tutti gli altri cittadini afghani, se non peggio”, ricorda Rahmat al fatto.it. Di etnia Hazara, minoranza rispetto ai Pashtun, con la famiglia fugge verso l’Iran a 6 anni. Perde i contatti definitivamente con i suoi genitori dopo un posto di blocco dei Talebani. Arriverà nel Paese con suo zio, finirà per lavorare per produrre borse e zaini. “In Iran ogni giorno la situazione peggiorava: non avevamo il diritto nemmeno di studiare”, ricorda. Rahmat ha resistito per qualche anno. Poi, racconta, è arrivato il momento in cui non aveva più nulla da perdere. E ha fatto una promessa: “Se arriverò in un posto migliore, mi impegnerò con tutte le mie forze”.

A 13 anni, dopo aver messo da parte un po’ di soldi, parte con tre amici verso l’Europa. “Per noi era la terra del futuro”. L’obiettivo era raggiungere la Finlandia, anche se “non sapevamo nemmeno dove fosse”. Si sono fermati in Italia, perché l’importante era “stare lontani dal nostro Paese d’origine. E dalla guerra”. La seconda vita di Rahmat comincia così ...

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La città di Pagani deve fare i conti con la propria storia. Sono partiti da questa convinzione i volontari di Libera quando hanno scelto di realizzare un murales di Marcello Torre a Pagani chiamando l'artista di fama internazionale Jorit.
Una decisione che è moto di orgoglio ma anche monito: come popolo di Pagani, come cittadini di queste terre abbiamo il dovere di non dimenticare. Abbiamo il dovere di guardare ogni giorno il volto di quel sindaco assassinato dalla camorra ormai 41 anni fa. 
Perché Torre è il simbolo migliore che Pagani può mettere in mostra. È il simbolo della sua storia tragica, degli anni bui delle guerre di camorra, della violenza e degli scandali. È il simbolo drammatico che rappresenta una frattura nella storia locale, che dopo quel delitto è stata costellata di altri episodi di sangue, scandali, inchieste sulla saldatura politico-mafiosa, anche in tem...

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L’Inail lo dice chiaramente: i dati sono provvisori e risentono molto della pandemia. Ma i numeri comunque restano. E non sono buoni: le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Inail tra gennaio e aprile sono state 306, ovvero 26 in più rispetto alle 280 registrate nel primo quadrimestre del 2020, quindi con un incremento del 9,3%. Il dato è in linea con quelle del primo quadrimestre 2019 (303 eventi mortali) quando però non si registravano rallentamenti dell’attività produttiva legati alle misure di contenimento della pandemia.

L’Istituto precisa come il confronto tra il 2020 e il 2021 richieda invece cautela “in quanto i dati delle denunce mortali degli open data mensili, più di quelli delle denunce in complesso, sono provvisori e influenzati fortemente dalla pandemia”. Anche perché, continua l’Inail, le denunce di contagi Covid con esito mortale pr...

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In Italia gli occupati con un lavoro precario, involontario e con forte disagio salariale sono oltre 5 milioni. Sono loro, insieme ai 2,5 milioni di disoccupati e ai lavoratori in cassa integrazione, a pagare i costi più alti della crisi Covid poiché meno tutelati dagli ammortizzatori sociali. I dati emergono dal rapporto ‘La precarietà occupazionale e il disagio salariale’ della Fondazione Di Vittorio secondo cui, come conseguenza della discontinuità occupazionale, questi 5,2 milioni di occupati hanno un salario medio molto basso, al di sotto dei 10mila euro annui.

L’occupazione precaria, mostra il ricercatore Nicolò Giangrande che firma il rapporto, è aumentata costantemente tra 2009 e 2019 per poi calare drasticamente nel 2020, mentre gli occupati permanenti sono cresciuti molto meno. Indicativi i dati Istat: Giangrande riporta sia quelli calcolati con la vecchia metodologi...

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