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Ultimo aggiornamento il 15/05/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

Inchieste/858

Isaia Sales

L'emergenza Covid ha messo in risalto due cose: la gravità della situazione sanitaria al Sud e il divario con il Nord. Sulla questione ecco l'analisi di Isaia Sales apparsa su Domani.

 

La pandemia ha riproposto in termini drammatici la fotografia del dualismo italiano. Il sistema sanitario ha mostrato tutti i suoi intollerabili squilibri territoriali anche se per alcuni mesi è stato alimentato un racconto inverosimile, con la descrizione di una sanità del Sud quasi alla pari con quello del Nord, anzi addirittura migliore. Ma un sistema sanitario meridionale che non riesce a curare i suoi malati per patologie meno gravi, come poteva fare fronte adeguatamente a una pandemia? La cattiva prova  del sistema sanitario lombardo nella prima fase (e una sostanziale immunità dei territori meridionali in primavera) aveva nascosto la verità: il Sud non era pronto ad affrontare, per mezzi, strutture, attrezzature, personale, una pressione di tale portata e non si è adeguatamente attrezzato tra la prima e la seconda ondata.

I NUMERI DEL DIVARIO

Da una ricerca della Svimez, solo il 27 per cento dei pazienti dimessi da un ospedale meridionale è soddisfatto delle cure ricevute, mentre al Nord si arriva al 50 per cento. Tutte le regioni meridionali, rispetto ai livelli essenziali di assistenza (Lea) erano agli ultimi posti alla fine del 2019. Le liste di attesa, inoltre, registrano un primato degli ospedali meridionali assieme a quelli del Lazio. Altissima la percentuale di meridionali che si sono curati negli anni negli ospedali del Nord. Per il 52 per cento è la qualità delle cure che ha costretto alla emigrazione sanitaria, per il 31 per cento  la causa sono le lunghissime liste di attesa. Il 41 per cento dei pazienti si sposta per cure oncologiche,...

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Falcone e Borsellino

Una pizzeria tedesca ha come insegna i nomi di Falcone e Borsellino. All’interno campeggia la notissima foto dei due magistrati sorridenti che parlano fra loro, affiancata da un’immagine di don Vito Corleone tratta dal film Il padrino. Sui muri alcuni fori a evocare spari. Nel menu, oltre alle pizze margherita, salame, funghi ecc., quelle “Falcone” e “Borsellino”.

Un reclamo di Maria Falcone è stato respinto dalla magistratura tedesca con vari argomenti, principalmente questi: la protezione dei diritti della persona diminuisce con l’aumentare della distanza dalla morte e termina quando la memoria del defunto è svanita, di modo che l’interesse per tali diritti passa in secondo piano rispetto agli interessi contrastanti (commerciali); Falcone è stato ucciso quasi 30 anni fa; inoltre ha operato principalmente in Italia ed è noto solo a una ristretta cerchia di addetti ai lavori, ...

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Il rapporto dell'associazione antimafia Libera riassume dati, fatti, intercettazioni, che disegnano un quadro chiaro su come la criminalità organizzata abbia già cominciato a trarre profitto dall’emergenza. Numeri raccolti e rielaborati che restituiscono un affresco dell’emergenza dal punto di vista criminale. Don Ciotti: "Covid e clan fatti l'uno per l'altro. È quanto risulta da questo rapporto, una fotografia inquietante del grado dell’infezione mafiosa ai tempi del Covid". A seguire una sintesi del documento di Manuela Modica sul Fatto.

“Col virus si fanno i soldi”. Così parlava lo scorso maggio Salvatore Emolo, sottoposto a sorveglianza speciale per camorra. Ignaro di essere intercettato Emolo chiariva il suo business plan: “In pieno lockdown, aveva trovato una soluzione: il cugino era già il titolare di un’impresa di lavaggio auto con sede a Pesaro, bisognava riadattare l’azienda alle esigenze, trasformandola in una ditta di sanificazioni”. È solo un esempio di come l’emergenza scatenata dal Covid sia diventata un’occasione per la criminalità organizzata, “l’altro virus” che si muove parallelo all’epidemia. “Mafiavirus“, lo ha definito don Luigi Ciotti, il fondatore dell’associazione antimafia Libera che con la rivista Lavialibera ha appena pubblicato un rapporto sulla pandemia e la criminalità organizzata, dal titolo: “La tempesta perfetta. Le mani della criminalità organizzata sulla pandemia”. “Mafie e Covid: fatti l’uno per l’altro. È quanto risulta da questo rapporto, una fotografia inquietante del grado dell’infezione mafiosa ai tempi del Covid. Fotografia che si è potuta sviluppare grazie alla camera non oscura ma chiara, trasparente, luminosa della condivisione e della corresponsabilità”, commenta Ciotti, descrivendo il dossier.

Sei interd...

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Sono ormai 50 giorni che i miei figli non vanno a scuola. E non parlo di ragazzi grandi che sono a casa in tutto il Paese, ma dei bambini dell’infanzia, delle elementari e delle medie. Mentre nel dibattito nazionale si parla di apertura o meno delle scuole superiori, qui nel DeLuchistan i piccoli della materna (e gli altri ovviamente) sono in dad dallo scorso febbraio, senza soluzione di continuità. È così che si fa, in tempo di Covid, per lavarsi la coscienza dalle responsabilità. Ma qui si fa di più, molto di più.

Nella nostra Regione, le istituzioni dividono la popolazione in genitori buoni – che vogliono tenere i figli a casa senza se e senza ma in nome delle Sante feste natalizie – e genitori al plutonio – che vogliono per i propri figli la scuola in presenza. La lavagna di tale barbarie è il solito soliloquio social che piuttosto rileva quanto, chi ci dovrebbe governare,...

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Una testimonianza inquietante, un documento terribile laddove le accuse mosse fossero provate. Un medico operante in un ospedale in provincia di Salerno denuncia la manipolazione dei dati riguardanti la diffusione del Covid. Il pezzo di Vincenzo Iurillo è stato pubblicato sul Fatto.

La repressione cinese del dissenso nella sanità campana di Vincenzo De Luca. Le bugie sui dati della sanità, dei posti letto e dell’epidemia da Covid. Il clima di angosce e tensioni che si vive nella trincea degli ospedali campani sotto la pressione del virus. Parla un medico e le sue parole fanno paura: “Intanto io in ospedale continuo a perdere la gente pure giovane. Oggi è morto un ragazzo di 47 anni e quindi non è più un fatto di anziani o roba del genere, se non si capisce questo non si può fare niente… se (alle persone, ndr) gli danno i dati veri la gente viene presa dal panico… oppure ci sta...

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Gennaro Niglio

Il sospetto c'era sempre stato, ma oggi le dichiarazioni di un pentito riaprono tutta la vicenda: il generale Gennaro Niglio non sarebbe morto in un incidente stradale ma sarebbe stato ammazzato. Niglio a Nocera guidò per anni la compagnia dei carabinieri con successi straordinari come il doppio arresto di Salvatore Di Maio, boss indiscusso della Nco nell'Agro. Ma torniamo ai fatti più recenti. Niglio, che era comandante dei carabinieri della Regione Sicilia, non morì per le conseguenze di un incidente stradale, come si è sempre creduto fino a ora. Fu, invece, assassinato. A sostenerlo è Pietro Riggio, l’ultimo pentito di Cosa nostra che sta raccontando alla procura di Caltanissetta delle confidenze ricevuto da Giovanni Peluso, ex poliziotto accusato di essere legato ad ambienti dei servizi. “Mi disse che il generale dei carabinieri Gennaro Niglio, morto in un incidente stradale, era ...

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