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Ultimo aggiornamento il 05/05/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

Dopo due settimane dalle elezioni regionali, ancora non si conoscono con certezza i nomi di tutti i consiglieri regionali eletti. E già questa è una notizia, ma la cosa che lascia perplessi è che questa incertezza non sia dovuta a contestazioni di voti nei seggi e quindi alla mancata conoscenza dei voti definitivi, bensì ai conteggi che devono essere fatti in base alla legge elettorale regionale del 2009. 

Siamo andati allora a leggerla ed a tentarne l’applicazione. Una legge assolutamente cervellotica, che farebbe strage di bocciati se oggetto di domanda ad esami universitari.Occorre prima attribuire i seggi spettanti ai partiti, su base regionale. Secondo il sito del ministero dell’Interno – eligendo – alle liste di De Luca vanno 32 seggi, e questo è abbastanza pacifico, alle liste di Caldoro 10 ed ai Cinque stelle 7, per un totale di 49 eletti, che con Caldoro consigliere diventano i 50 totali dell’assemblea. I conteggi che riporta il Ministero già denotano qualche evidente “stranezza” tipo Fratelli di Italia con il 5,98% raccoglie 4 seggi e Forza Italia con il 5,16% solo 2 seggi, mentre il Movimento 5 stelle con il 9,92 % 7 seggi, ovvero oltre il triplo di Forza Italia con meno del doppio dei seggi. Evidente la sproporzione.

Il problema si acuisce quando si passa alla attribuzione dei seggi agli eletti che avviene provincia per provincia. È proprio questo il punto critico della legge. Liste su base provinciale, attribuzione dei seggi ai partiti su base regionale ed individuazione degli eletti su base provinciale. E qual è il meccanismo? Una cosa complicatissima. Prima si attribuiscono alcuni seggi solo a chi supera un quoziente intero provincia per provincia e poi si redige un’unica graduatoria regionale di tutti i resti di tutti i partiti per ciascuna lista provinciale. 

Quel che ne esce fuori si presta ad interpretazioni discutibili ed incerte. Per esempio, il Partito Democratico a Napoli con quasi 200.000 voti elegge 4 consiglieri, a Salerno con oltre 79.000 voti ne elegge uno solo ma ne elegge uno anche a Benevento con soli 17.000, ovvero quanti a Salerno ma con la quarta parte dei voti. A Napoli i Liberaldemocratici-moderati eleggono con 40.000 voti 2 consiglieri, ed Italia Viva con 79.000 voti 1 solo consigliere.  A cascata, ma non è il caso di citarli nel dettaglio, abbiamo casi di consiglieri regionali eletti con poche migliaia di voti, e candidati non eletti sebbene abbiano ottenuto oltre 15.000 voti.

Dove sta quello che sembra un vero e proprio corto circuito di questa legge e che finisce con il non dare lo stesso valore al voto dei cittadini? Nel fatto che la legge tenti di coniugare una ripartizione dei seggi per partiti su base regionale con un’attribuzione per numero di seggi fisso alle province seguendo ovviamente i numeri massimi attribuibili ai partiti. Nel fare queste valutazioni e nell’esaminare la graduatoria, disposta dalla legge, degli oltre 100 resti dei quozienti per partito e per provincia, escono fuori situazioni complicate e di non semplice ed immediata determinazione. Risultato: non sappiamo ancora con certezza gli eletti, ma soprattutto sappiamo che qualunque sia la platea non sarà la fedele riproposizione proporzionale delle scelte dell’elettore, sebbene sia considerata la nostra legge elettorale proporzionale. Non sarebbe il caso di rivederla questa legge, con l’obiettivo di dare rappresentanza ai territori ma semplicemente proporzionale rispetto ai voti espressi ai candidati?