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Ultimo aggiornamento il 05/05/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

Pubblichiamo un intervento dell'assessore del Comune di Sarno, Gaetano Ferrentino sul Parco fluviale del fiume Sarno che rischia di diventare, con il passare del tempo, l'ennesimo carrozzone clientelare.

 

 

A villa Lanzara, a Sarno, si è discusso dell’essenzialità del nulla osta dell’Ente Parco regionale del Fiume Sarno nell’ambito dell’ordinaria attività edilizia. Il convegno, patrocinato dall’Ordine degli ingegneri e degli avvocati, è stato organizzato dall’Ente Parco stesso, nella sua sede, e dal suo presidente Antonio Crescenzo, volto noto della politica locale e molto a suo agio, da navigato frequentatore delle istituzioni, in questo ruolo. È la prima volta che, in tanti anni, l’Ente Parco organizza un convegno tecnico-normativo piuttosto che strettamente ambientale. È un merito, ma anche uno spunto di riflessione. Se dopo venti anni dall’istituzione è necessario richiamare ordini e enti a sedersi intorno a un tavolo per chiarire bene il ruolo del Parco fluviale significa che un problema c’è. È, innanzitutto, un problema di approccio culturale alla materia urbanistica, che va esaminata nella sua duplice portata, quella della programmazioni del territorio e quell’ordinaria dell’attività edificatoria e manutentiva. Il ruolo del Parco fluviale, che ha giurisdizione su ben dodici comuni da Sarno a Castellammare, è visto come catapultato in dinamiche urbanistiche, soprattutto ordinarie, fondate su equilibri consolidati.

L’Ente Parco ha il compito di tutelare dal punto di vista ambientale il territorio, ma, soprattutto a Sarno, dove i vincoli ambientali e idrogeologici sono tanti, viene visto come una inutile duplicazione di funzioni che appesantisce il procedimento amministrativo. Una sorta di controllore del controllore. Non, quindi, come una opportunità. E un po’ in tutti i comuni del bacino idrografico esiste conflitto, spesso malcelato, tra le attività del personale del Parco e gli uffici tecnici, soprattutto in materia di controlli sui permessi a costruire, le Scia e le varie autorizzazione per le quali è necessario il parere. In una città come Sarno, riserva integrale, anche il rilascio dei permessi a costruire in sanatoria deve avere il nulla osta del Parco, cosa che, spesso, non avviene. Anche l’apertura di una attività commerciale necessita dell’intervento del Parco. In tanti anni questo non è stato assimilato. Così, oggi, il Parco è visto come l’ente dei "no" all’urbanistica e all’edilizia e non come soggetto con il quale confrontarsi per la tutela del territorio. La repressione degli abusi e i sopralluoghi sono aumentati in supporto o in sostituzione ad attività che i comuni, a causa anche delle poche risorse umane, non riescono a condurre in maniera incisiva.

Tuttavia, non c’è coordinamento. Lo scatto culturale, anche da parte degli operatori del settore, che spesso incontrano rigidità, sta nel comprendere, in via definitiva, che oltre al Comune, oggi e, comunque non da oggi, devono dar conto all’Ente Parco che, a sua volta, però, pur dovendo espletare un lavoro così pesante e ordinario, non è organizzato. E allora la rivendicazione di esistenza venuta fuori dal convegno, utile agli addetti ai lavori, dovrebbe essere accompagnata, oltre che da un clima di serenità e confronto e di accettazione, anche da un potenziamento del personale dell’ente stesso che, altrimenti, rischia di creare disuguaglianza nella necessità di uguaglianza. Nel senso che potrebbe essere costretto a lavoro a campione per necessità alimentando pregiudizi. Tutto questo dopo venti anni. Così come sembra riduttivo immaginare l’Ente Parco solo come soggetto di controllo e di rilascio di pareri. Un'estrema burocratizzazione che si scontra con lo spirito della legge che intendeva, invece, creare un organismo di coordinamento di sviluppo del territorio nelle aree protette anche in vista di contratti tra enti per arrivare a fondi strutturali.

Un ruolo programmatico e altamente politico che si dovrebbe fondare sul rilascio di linee guida per i piani urbanistici comunali, oppure nella preziosa analisi dei dati con mappature degli abusi che aiutino a comprendere quale azione urbanistica sia migliore per tutelare un territorio disastrato lungo il Sarno e scrivere insieme le regole in via preventiva. Il ruolo del controllore del controllore sta stretto a tutti: alla politica, agli addetti ai lavori. L’impressione che si ha è che lo strumento non sia stato ben sfruttato e diffuso come concetto e, se non cambia la sua interpretazione e impostazione, come sembra finalmente delinearsi nella rivendicazione di un ruolo, l’Ente Parco oltre a marginalizzarsi, rischia di essere considerato un inutile orpello e carrozzone del quale si può ben fare a meno. È un interrogativo tardivo al quale bisognava dare risposta molto prima di oggi, prima di determinare scontri sul governo e il controllo del territorio in comuni fortemente vincolati. Insomma, il ruolo politico dell’Ente Parco va rafforzato. E la stessa Regione deve arricchirlo di personale se crede nel ruolo. Altrimenti si abbia il coraggio di eliminarlo perché la sua esistenza sarebbe effettivamente un inutile contraddittore degli altri enti coinvolti in tematiche ambientali. O una casella da posizionare.