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Ultimo aggiornamento il 25/04/2024

Saleincorpo

Un'idea di Carlo Meoli

Roberta Tirelli studia Archeologia all'Università di Napoli.

 

“Ognuno di noi è una delle innumerevoli, anonime gocce di pioggia che cadono su una vasta pianura. Una goccia che ha una sua individualità, ma che è sostituibile. Eppure quella goccia di pioggia ha i suoi pensieri, ha la sua storia e il dovere di continuarla. Non lo dobbiamo dimenticare. Anche se si perde la propria individualità per essere inglobati e annullati in qualche massa. Anzi dovrei dire proprio perché si è inglobati in una massa.” 

Abbandonare un gatto, di Murakami finisce così e da quando ho terminato questa lettura, non smetto di collegare questo pensiero alla pandemia. Mi spiego meglio: il concetto di individualità è intrinseco al nostro vivere odierno, siamo esseri pensanti, ma non pensiamo, sappiamo amare, ma non lo facciamo, abbiamo tutto e ci sentiamo vuoti, la forte sfiducia in noi stessi, dunque, ci porta ad essere sostituibili e mai come quest’anno, abbiamo preso tutti coscienza di quanto “l’uno vale l’altro”, raggiungendo la forma più bassa dell’umanità. Pirandello un po’ ci aveva preso, no? diceva che l'uomo è uno e vivente, può essere e si sente nessuno, perché è centomila personalità simultaneamente. Quante volte, in videolezione, nel lavoro da remoto abbiamo dovuto mettere una delle sue maschere, fingere di essere gli stessi che eravamo in presenza, poi premuto il tasto “chiudi” lo sguardo rimaneva fisso sul pc. Ho capito in quei momenti che la mia individualità stava svanendo e non ero più uno degli eroi plutarchei tutta vizi e virtù, ma stavo diventando Alfonso, protagonista di Una Vita di Svevo, inondata di dubbi, incertezze, paura, insomma, un’inetta. Ed è così che io e tutti i miei coetanei siamo finiti sul pianeta della perdita dell’individualità, che ci ha portati verso un inevitabile distacco dall’altro, alla solitudine all’incapacità della condivisione. 

“Questo è mio e quello è tuo, non sia mai che c’hai il virus e me lo passi.” Il che sarebbe comprensibile se si trattasse di un trancio di pizza, una Coca Cola in un unico bicchiere, ma non di un libro, un vinile, un sentimento.

Inglobati nella massa siamo diventati i ragazzi che hanno fatto la dad, che hanno festeggiato i compleanni in videochiamata, e il capodanno da soli a letto, un numero indefinito di esseri, che hanno, però, le proprie passioni, hobby, necessità dimenticate da tutti, perfino da noi stessi ( io per prima non ricordo neanche più cosa facevo prima dell’avvento del Covid). I momenti di sconforto sono numerosissimi, tanto da perdere il conto, sono aumentati i casi di patologie legate all’ansia e alla depressione e non abbiamo il coraggio di parlarne perché ci viene detto che cento anni fa i nostri coetanei andavano in guerra. Viviamo un continuo tramonto, pensando di poterci salvare solo se cadiamo nell’omologazione, che ci fa sicuramente soffrire di meno, perché se credo che l’altro è come me, mi sento meno sola. Invece vi prego di non farlo, di trovare il coraggio che non ci viene dato da nessuno stimolo esterno (mi auguro per il momento) in noi stessi e di prendere come un vangelo le parole di murakami, di sentire il dovere di continuare la nostra storia, scriverla giorno per giorno e resistere, non rimanere inglobati nella massa, ma appigliarci all’unica nostra salvezza in un mondo tutto uguale, la nostra individualità.