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Ultimo aggiornamento il 07/05/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

Massimo Barba, 42 anni, di Castel Giorgio, si è stabilito a Cuba da anni. Un passato da giornalista oggi ha un'agenzia che si occupa di traduzioni riconosciuta dall'Ambasciata d'Italia. Ecco cosa accade in un paese dove fare la fila è la normalità.

 

 

212 casi confermati, 2742 in osservazione e 6 deceduti. E’ il bilancio, alla mezzanotte del 31 marzo  del coronavirus qui a Cuba. Siamo all’ottavo giorno di “isolamento sociale”, così viene definito per distinguerlo dalla “quarantena” a cui sono sottoposte, in strutture sanitarie, le persone in osservazione o rientrate, nei giorni scorsi, dall’estero. 

Come Italia e qui, forse anche per la complicità delle belle giornate, oggi il termometro segna 33 gradi, nei primi giorni la percezione della gravità della situazione è stata bassissima. Il giorno dopo l’annuncio del Governo, dell’adozione di misure restrittive per limitare la diffusione del virus (chiusura degli uffici pubblici, delle scuole, stop ai voli turistici, viaggi interprovinciali, escursioni, incremento delle misure igienico-sanitarie, ecc. ), uscendo di casa ho avuto l’impressione di trovarmi in una scuola dove era appena suonata la campanella della ricreazione. Bimbi per strada, ovunque gruppetti di persone e così via.

Fortunatamente non è più così. Le strade di Marianao, uno dei tredici municipi che danno vita alla provincia dell’Avana, dove vivo, gradualmente si sono svuotate. La “Mesa Redonda”, potremmo definirlo il Porta a Porta cubano, i telegiornali e buona parte dei programmi sono dedicati, con la presenza quasi quotidiana di esponenti del Governo e di medici, a rendere note le misure e ad invitare i cittadini a restare nelle proprie case. Pare il messaggio abbia avuto gli effetti sperati. Le persone restano a casa, gli spostamenti sono limitati per motivi di lavoro o per urgenza. Tutti indossano la mascherina. Da lunedì, alunni e studenti, di ogni ordine e grado, almeno un’ora al giorno, sono impegnati a seguire le “telelezioni” che il “Canal Educativo”, già il nome lo dice, trasmette nella prima parte della giornata. Ammetto che mio figlio, di 12 anni, non ha accolto la notizia con giubilo, preferiva i videogiochi. 

Le uniche code, e difficilmente potranno essere eliminate, sono quelle al di fuori dei supermercati e negozi di generi alimentari, anche se vengono organizzate e controllate da agenti della polizia. La scarsezza di beni, anche di prima necessità, dovuta al criminale “bloqueo” contro Cuba da parte degli USA, era già aumentata negli ultimi mesi, a causa degli ulteriori provvedimenti adottati dal governo Trump e che riguardano tutti gli aspetti dell’economica. Dalla proibizione per i cittadini statunitensi di venire a Cuba al quasi totale blocco dei voli tra i due paesi. Dalle sanzioni a compagnie petrolifere, di tutto il mondo, che intrattengono relazioni commerciali con l’isola caraibica alla notizia odierna che una compagnia statunitense non potrà trasportare a Cuba una donazione di mascherine e kit. 

E’ stato annunciato, però, che dal mese di aprile saranno aumentati i beni distribuiti, ad ogni famiglia, ormai da oltre 60 anni, a prezzo calmierato attraverso la “libreta”, ovvero la tessera annonaria. In questo momento, per l’ennesima volta, una pattuglia della polizia, munita di altoparlanti, fa il giro del quartiere, invitandoci a restare a casa. Lo faremo almeno fino alle 21, quando il paese intero si affaccerà da finestre e balconi per fare un lungo applauso, come già da diversi giorni, ai medici e agli infermieri impegnati nella lotta contro il virus.