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Ultimo aggiornamento il 01/05/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

Senza il Pnrr, oggi parleremmo di un Mezzogiorno già in recessione. Ma anche con l’aiuto del Piano di ripresa e resilienza, il Sud resta ingabbiato tra una crescita lenta, il divario con il Centro-Nord che tornerà ad allargarsi già nel 2025, l’aumento già in atto della povertà – soprattutto tra le famiglie con lavoratori – e la costante emigrazione dei laureati. E come avviene ormai ogni anno, l’analisi ricorda quanto queste evidenze siano sottovalutate. Come ogni anno, l’appuntamento con il rapporto Svimez – l’Associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno – è una drammatica raffica di dati economici e sociali.

La crisi legata all’inflazione ha colpito soprattutto il Meridione, dove ci sono più persone a basso reddito e quindi con un’importante quota di consumi legata a cibo ed energia. Nel 2022, la perdita di reddito disponibile al Sud è stata del 2,9%, quasi due volte e mezzo l’1,2% del Centro-Nord. Nel 2023 è diventata del 2% contro l’1,2% del resto d’Italia. Tra il 2020 e il 2022, i poveri nel Mezzogiorno solo saliti di 250 mila unità, mentre nel Centro-Nord sono calati di 170 mila. L’indigenza ha morso sempre più insistentemente le famiglie di lavoratori: i nuclei con persona di riferimento inquadrata come operaio, infatti, registrano un tasso di povertà al 16%, con 3,3 punti percentuali in più rispetto a due anni prima. La perdita di salario al Sud è stata, tra il secondo trimestre 2021 e quello del 2023, pari al 10,7%.

Se nel 2022 la crescita del Mezzogiorno, rispetto al 2020, è stata in linea con la media Ue – più 3,5% – la previsione del 2023 è ferma allo 0,4%. Quella per il 2024 è stimata in misura quasi pari a quella del resto d’Italia – 0,6% al Sud e 0,7% al Centro-Nord – ma già dal 2025 dovrebbe tornare ad acuirsi la forbice. Per il 2024 e il 2025, lo studio Svimez si aspetta una crescita completamente legata al Pnrr: senza il piano, saremmo andati incontro a una recessione dello 0,6% nel 2024 e dello 0,7% nel 2025. L’applicazione da parte dei Comuni continua a fare fatica: al Sud è stato messo a gara solo un terzo dell’importo finanziato dal Pnrr. E anche i progetti messi a gara risultano affidati solo per il 60%.

Ma la vera bomba resta quella demografica. Il Mezzogiorno continua a esportare laureati. Il saldo migratorio tra il 2002 e il 2021 segna una perdita di 808 mila persone, con percentuale di laureati pari al 32,5%. Nell’ultimo anno, invece, la perdita è di poco meno di 20 mila persone, metà delle quali laureate. Nel 2080 si prevede una perdita di 8 milioni di residenti nel Sud. Il “gelo demografico” dipende molto dal basso tasso di occupazione delle donne. Nel Meridione, quelle single sono occupate al 52,3%, quelle con figli di più di sei anni lo sono al 41,5% e quelle con bambini sotto i sei anni si fermano al 37,8%. La scarsità di posti negli asili nido non aiuta. Su 1,7 miliardi di risorse destinate dal Pnrr ai nidi al Sud, solo 600 milioni sono stati messi a gara. Sicilia, Campania, Sardegna e Calabria chiudono la classifica.

Il ministro con delega alla Coesione e al Pnrr, Raffaele Fitto, intervenuto alla presentazione, si è smarcato dalle responsabilità definendo “curioso e per certi versi paradossale che per tutto quanto emerso si provi ad addebitare la responsabilità al governo Meloni che si è insediato, come è noto, a fine ottobre 2022”. Fitto ha anche ricordato che tutte queste richieste per la crescita del Sud si scontreranno con il “ritorno del patto di stabilità” o, per dirla meglio, con l’austerity. Ma la missione della Svimez resta la promozione delle politiche industriali al Sud. Il direttore Luca Bianchi ha fatto una battuta: “Un po’ meno bnb e più R&d; meno bed and breakfast, più ricerca e sviluppo”.