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Ultimo aggiornamento il 16/05/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

L’apparato industriale e produttivo dell’Agro sarnese nocerino ha sempre avuto il suo punto di forza nella filiera agroalimentare e, in particolare, nell’industria conserviera. È un fatto innegabile che tali attività, tra giro d’affari diretto ed indiretto dell’indotto, abbiano retto ed ancora reggano una parte importante dell’economia locale. Insomma, meno male che ci sono. Premesso che sarebbe sbagliato generalizzare, è altrettanto innegabile che frequentemente ci siano problemi ambientali e appare evidente che quanto fatto sino ad ora non risulta sufficiente. È di questi giorni la notizia, diffusa anche direttamente dal ministro per l’ambiente Costa di attività di controllo da parte delle forze dell’ordine che avrebbero trovato scarichi abusivi – ovvero privi di autorizzazione – di acque reflue da parte di un’azienda conserviera. 

In un’altra industria, sempre conserviera, sarebbe stato trovato il classico by-pass, cioè l’espediente che grazie ad una paratoia, semi-nascosta, consente di scaricare direttamente i reflui senza farli passare per il depuratore. La parola in questi casi passa alla magistratura, agli avvocati, ai tecnici. Si avvierà una procedura che durerà anni per decidere se e quale tipo di sanzione applicare. Entrambe le industrie si trovano nel Comune di Scafati. In precedenza, situazioni simili erano state accertate a Sarno. La situazione si ripete spesso, anche in altri comuni dell’Agro. Non ci sono isole felici.  

Le aziende del comparto conserviero si difendono sostenendo che i problemi del Sarno non sono attribuibili solo ad esse. Se ciò è vero in quanto le matrici ambientali del fiume sono compromesse sicuramente anche da altri tipi di scarichi, è evidente che dal punto di vista visivo ed olfattivo la situazione peggiora in maniera tangibile in corrispondenza dei periodi di punta della produzione delle conserve di pomodoro. Cosa c’è che ancora non va, allora, nonostante tanta attenzione e tante dichiarazioni di buona volontà? In primis il sistema dei controlli amministrativi affidato ai comuni. Trovare scarichi abusivi, come nel caso di cui parlava il ministro Costa, significa che l’ente che in base alle leggi regionali deve controllare gli scarichi non lo aveva censito, né era a conoscenza delle condizioni di quella industria insistente sul proprio territorio, industria che aveva uno scarico non autorizzato. 

Una evidente grave omissione. I controlli, tuttavia, in fase amministrativa avrebbero bisogno di un pool di esperti-tecnici che verifichino non solo i percorsi delle tubazioni e la corrispondenza delle planimetrie delle autorizzazioni con lo stato dei luoghi, ma approfondiscano parametri e dati aziendali che consentano di comprendere se e come l’azienda depura. Si tratta di controlli di secondo livello che andrebbero effettuati in base a procedure che gli enti locali non sono in grado di portare avanti autonomamente e forse nemmeno di pianificare.  Anche nel caso in cui uno scarico risulta autorizzato e pienamente legittimo una particolare attenzione andrebbe posta sui dati della produzione, sui consumi idrici - acquedotto, pozzi - sull’acquisto di prodotti chimici, reagenti, e poi effettuati incroci per avere un’idea di merito sul funzionamento della depurazione. Quasi mai ciò avviene.  

Poi c’è la situazione infrastrutturale generale del nostro territorio. Sappiamo che le industrie conserviere e non solo, sono distribuite in maniera abbastanza disordinata, diremmo casuale, frutto di una mancata pianificazione dei decenni passati. Oltretutto la resistenza alla delocalizzazione ed all’accorpamento in zone industriali, cosa spesso oggettivamente complessa, ha spinto le singole imprese a realizzare anche ampliamenti dove erano già localizzate con l’assenso delle amministrazioni. In zone sprovviste di infrastrutture e di collegamenti agli impianti di depurazione comprensoriali, che pure i progetti delle reti fognarie in corso di realizzazione o di finanziamento non servono in maniera completa. 

E qui è evidente che sussiste anche un notevole ritardo da parte del pubblico nel creare il giusto supporto infrastrutturale alle aziende. La conseguenza è una situazione a macchia di leopardo, nella quale anche per i prossimi anni, non resta che affidarci ad un auspicabile crescente efficacia dei controlli organizzati in maniera organica sull’intero ciclo produttivo delle industrie. Con la speranza che l’oro rosso, resti una ricchezza di questa terra, in maniera però equilibrata e rispettosa dell’ambiente, cosa della quale siamo convinti abbiano coscienza la maggior parte degli imprenditori.