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Ultimo aggiornamento il 16/05/2024

Saleincorpo

Un'idea di Carlo Meoli

 

La vicenda della ristoratrice vittima del clamore mediatico creatosi a seguito di una recensione, quasi certamente farlocca, relativa alla presenza di gay e di un disabile nel suo  locale, impone una riflessione sul ruolo dell'informazione nell'era contemporanea. Nel giro di pochi giorni la povera donna è passata da eroina, intervistata dai tg nazionali, a perfida manipolatrice travolta da una gogna mediatica diventata insostenibile e fatale.

La vicenda è l'ennesima dimostrazione che sempre più spesso i media tradizionali  trovano nella rete la fonte principale della propria attività. Le cinque W che una volta costituivano la regola a cui,secondo il modello anglosassone, un articolo di stampa deve sottostare per essere considerato ben scritto (Who? What?When? Where?Why?) sono  state sostuite da un' unica grande W:il Web. 

È il Web a creare la notizia, è il Web ad ampificarla, e i giornalisti , che una volta battevano le strade a caccia di storie interessanti,  ora se le ritrovano a portata di click. Il Web ha però tempi inesorabili  che non consentono la verifica della fondatezza di una news, per quanto essa possa sembrare inusuale. Il Web impone di attirare l'attenzione di chiunque possegga un cellulare e non si rivolge a un lettore attento e riflessivo che si reca in edicola per acquistare il giornale. Le interazioni sono diventate più importanti dei dati di vendita di un quotidiano, le visualizzazioni sono il nuovo termometro del successo. 

Il prezzo da pagare sono i commenti degli odiatori seriali,espressione di una società esasperata e spesso incattivita, ma è un danno collaterale del nuovo giornalismo 2.0. Un giornalismo fatto di testate on line che spuntano come funghi, di cui non si conoscono origini e finanziatori, utilizzate spesso per inquinare la convivenza civile e  democratica.

Il Web,inoltre, offre l'autorevolezza di giornalista anche ai cosiddetti influencer, seppure in realtà di mestiere facciano tutt'altro. E così succede, come appunto nel caso della povera ristoratrice,  che uno chef si inventi giornalista, verificando la fondatezza della notizia con gli strumenti del nerd informatico, e sputando la sentenza definitiva di colpevolezza in nome del popolo del Web, all'insegna del principio imperante tra i censori della rete: "colpire uno per educarne cento". Principio che la Rete, per la verità, ha ereditato da un filone ben preciso nato nel suo antenato televisivo (Le Iene, Striscia la Notizia).  

Il giornalismo  critico da quarto Potere, teso  a sferzare i cattivi costumi dei potenti, in Rete, nella mani di chiunque sappia un po' maneggiare lo strumento, si trasforma nella clava che colpisce chi non sa e non può difendersi, vittima sacrificale della Religione del click a qualsiasi costo.

La deriva che il Web sta imponendo alla professione del giornalista è un problema molto serio che rischia di travolgere la tenuta democratica della nostra società.