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Ultimo aggiornamento il 05/05/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

“Nella mia vita ho vissuto più all’estero che in Italia, passando da Germania, Stati Uniti, Francia, Spagna. Certo, i problemi qui non mancano, ma anche all’estero ce ne sono, e tanti, anche in ambito lavorativo”. Giovanni Landi ha 52 anni ed è originario di Bologna. È laureato in filosofia anche se ha sempre lavorato in aziende e multinazionali nel settore dell’hi-tech e delle energie rinnovabili. Dal 2021 è rientrato in Italia insieme a sua moglie e suo figlio, ed è felice della scelta. “L’idea che all’estero tutto funzioni sempre meglio è francamente irricevibile”, spiega.

Giovanni ha frequentato medie e superiori in Francia, dove si è trasferito da piccolo. Quando ha deciso di tornare per iscriversi all’Università a Milano, alla facoltà di Filosofia, per un mese “i miei hanno fatto maretta”, sorride. Appena laureato ha trovato lavoro in Francia, a cui sono seguite una serie di esperienze tra Grenoble, Madrid, Palo Alto, Monaco di Baviera. Fino al ritorno a Milano. Per Giovanni gli italiani all’estero “si sono sempre distinti, grazie anche alla flessibilità mentale che ci permette di gestire ambienti eterogenei, con una capacità di ascolto superiore ai tedeschi o anche ai francesi”. Certo, l’Italia non è un paradiso, tra “la pesantezza della burocrazia” e le difficoltà dei cittadini “a far valere i propri diritti”.

Quel che colpisce ripensandoci adesso è che “ad ogni ritorno ho visto il Paese migliorato, e ho sempre trovato difficile capire gli italiani che si lamentavano pensando che all’estero tutto fosse sempre e comunque migliore. Quando ero molto giovane – continua Giovanni – anche io la pensavo così, ma col tempo, l’età e forse anche l’esperienza ho imparato ad apprezzare tante cose dell’Italia che non sempre appaiono o sono considerate nelle statistiche sulla qualità della vita”.

Giovanni parla cinque lingue e ha ricoperto ruoli dirigenziali sempre più ad alto livello nelle aziende per cui ha lavorato. Una giornata tipica? In Germania, ad esempio, si iniziava intorno alle 9 e alle 18 i colleghi erano tutti già usciti. “Il rapporto con il capo è raro se non ci sono problemi particolari, mentre si passa molto più tempo a fare report di vario genere, con un livello di burocrazia che non ha nulla da invidiare ad un ministero”.

Se parliamo di qualità della vita a Monaco di Baviera, Giovanni usa le parole “monotona, noiosa” per descrivere la sua ultima esperienza. Ha avuto “pochi contatti con i locali, e quando non si hanno più venti anni e l’uscita in discoteca non è più la massima aspirazione per il sabato sera, neanche Berlino è poi così affascinante”. In Italia si può “essere turisti anche ogni weekend”. A Monaco si possono fare gite fuori porta, “ma la campagna intorno è desolatamente uguale in tutte le direzioni: le prime volte è bello e spaesante, poi ci si stanca”. Le differenze valgono anche per gli stipendi. Ci sono Paesi in cui si guadagna di più, “ma ce ne sono anche dove si guadagna meno. A Monaco gli stipendi sono mediamente più alti, ma il costo della vita lo è altrettanto, come accade a Londra”. Stesso discorso per il sistema di tassazione: “Non è vero che in Italia le tasse siano più alte in assoluto che in altri Paesi. La Germania ha una tassazione (tra Irpef e contributi) più alta dell’Italia, e il servizio sanitario nazionale non è allo stesso livello. Senza una assicurazione privata i tempi di attesa sono più lunghi, e medici ed ospedali non sono migliori dei nostri”.

Perché tornare in Italia? “Non volevo che mio figlio (nato a Monaco) diventasse al 100% tedesco – spiega Giovanni –. E poi la Germania ha un sistema scolastico molto particolare e competitivo, dove a 9 anni il tuo destino è già deciso. La scuola italiana è molto più arricchente a mio avviso”. Negli ultimi anni il livello di servizio della pubblica amministrazione in Italia è “cresciuto moltissimo”, continua Giovanni. “Compreso l’utilizzo delle nuove tecnologie. E un po’ di queste cose me ne intendo”, sorride. Per aiutare i suoi giovani l’Italia dovrebbe “migliorare e valorizzare il suo sistema scolastico, aumentando lo sforzo per l’insegnamento dell’inglese, che ormai è lingua franca in Europa”. Se dovesse dare un consiglio ai giovani, Giovanni direbbe proprio di imparare non solo l’inglese, ma anche un’altra lingua europea. E poi “viaggiare, cercare di pensarsi cittadini europei fin da subito”. Senza farsi influenzare da quelli che continuano a ripetere che all’estero è tutto sempre meglio. “L’Italia – conclude – è un grande Paese, come lo sono gli altri Paesi che ci circondano”.

(Dal Datto).