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Ultimo aggiornamento il 02/05/2024

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Stanno arrivando i fondi del Recovery e ancora non si capisce come il Governo intende spendere oltre 200 miliardi di euro. Ecco la lucida analisi dell'economista Fabrizio Barca in un'intervista rilasciata al Fatto.

 

“Se finora il Recovery Plan non è stato trasparente questo non significa che dobbiamo stare fermi. Approfittiamo della sua attuazione per essere protagonisti”. Fabrizio Barca, ex ministro, ex dirigente del Tesoro, ex Banca d’Italia, nella sua “nuova vita” con il Forum Disuguaglianze e Diversità tallona i governi dalla parte della “società civile” e sul Recovery spiega perché non era quello che ci si aspettava.

Che visione ha questo piano, che orientamento delle classi dirigenti esprime?

Una visione non c’è. Ci sono dei titoli europei e delle cose importanti da fare, ma dietro le parole non c’è un’analisi dei punti di rottura e dei punti di riavvio del Paese. Lo avevamo scritto anche sul documento del precedente governo e oggi, a meno di non avere sorprese, non c’è.

Trova trasparente il modo in cui il piano è stato redatto?

A oggi nessuno sa nulla. E trovo una forte continuità con i precedenti governi nella scarsa attitudine al dialogo sociale. L’alibi è sempre la fretta, la necessità di rispettare i tempi, ma è un peccato che non ci si confronti nonostante singoli ministri abbiano saputo costruire dei momenti di ascolto.

Perché è un peccato, cosa si sarebbe potuto fare?

Perché ci sono idee molto precise nella forte società civile italiana che avrebbero potuto migliorare il piano come spero avverrà nel caso dei malati di Alzheimer in cui alcuni interventi frammentati relativi a salute e cura potrebbero essere unificati. Una proposta del Fdd che i ministri Speranza e Orlando hanno raccolto.

Voi avete fatto anche una proposta molto ambiziosa relativa alla Pubblica amministrazione, qual è il giudizio sul ministro Brunetta?

Qui per la prima volta dopo anni c’è stata un’iniziativa del governo e si è detto che senza la Pubblica amministrazione ordinaria, cioè i dipendenti “che ci sono”, non si va da nessuna parte. Un segnale molto positivo. Ha creato purtroppo confusione la contemporaneità con quello che considero l’ultimo bando del “vecchio mondo”, il bando Sud del 2008, che non è coerente con gli obiettivi fissati.

Se quello è il vecchio mondo, com’è il nuovo mondo?

Se si vuole fare bene oggi occorre capire i piani di fabbisogno degli organici cioè cosa esattamente si vuole; dire ai giovani perché li si vuole e quindi motivarli; e poi la valutazione e quindi il ruolo delle commissioni e delle prove pratiche e orali. Guai se ci affidiamo ad automatismi legati a punti, guadagnati chissà come oppure delegando a qualcuno l’elenco dei “bravi”. E per essere chiari mi riferisco a università, centri di ricerca, ordini professionali.

Cosa dovrebbe fare invece una società civile? Cosa pensate di fare voi?

Come ho detto, c’è stata pochissima trasparenza, poco dialogo sociale. Però i titoli sono giusti e quindi siamo noi che dobbiamo cercare di trasformare il piano in un New Deal. Qualunque cosa producano le misure proposte, l’anima gliela dobbiamo dare noi.

E come?

Gli interventi, almeno al 60%, sono attuati dai Comuni, periferia per periferia, riguardano i cittadini, i servizi fondamentali, università, imprese. La “messa a terra” quindi è un’occasione. E in questo senso la partita delle Amministrative è abbastanza rilevante.

Cosa significa per le associazioni la messa a terra?

Che deve essere attuata immediatamente, da parte del ministero dell’Economia, un livello di informazione pubblica, attraverso siti comprensibili, su dove, quanto, per cosa si spende e con quale risultato atteso. Penso a un sito come ad esempio Open Coesione che permette di entrare nella mappa d’Italia e vedere come sono spesi i fondi. Se c’è questa informazione di base le associazioni possono intervenire attivamente.

A proposito di occasioni, nell’ultimo periodo si nota una riattivizzazione del Pd, si sta verificando una campagna di solidarietà al ministro Speranza e Giuseppe Conte si appresta a presentare il suo progetto politico. Che giudizio ha su questi movimenti?

Si tratta di segni molto diversi, ma tutti positivi e credo abbia un senso metterli assieme. Il dibattito nel Pd vuole espressamente tornare a utilizzare la base territoriale e per me è senz’altro positivo. Sapendo che la cittadinanza attiva non si fa rimettere nel tubetto dai partiti, ma certamente ha bisogno e voglia di trovare luoghi adeguati in cui far sentire la propria voce.