info@saleincorpo.it
Testata registrata presso il tribunale di Nocera Inferiore n.86 del 13/02/2017.
Direttore responsabile Alfonso Tramontano Guerritore / Editore Carlo Meoli. Questo sito non riceve contributi da enti pubblici. Sostieni Saleincorpo, sito indipendente. Puoi farlo versando un contributo a piacere e su base annua sul c/c bancario IT72E3253203200006575211933 intestato a Carlo Meoli. Causale Sostengo Saleincorpo. Grazie.
Code & Graphic by iLab Solutions
Ultimo aggiornamento il 02/05/2024

Saleincorpo

Un'idea di Carlo Meoli

Abbiamo sempre pensato che, in questo momento drammatico, un pizzico di sana ironia non guasta. Ecco perché da tre giorni, contando oggi, daremo spazio al diario di bordo di Luigi Amati pubblicato sul Quotidiano del Sud.

 

 

A come autocertificazione. Modulo da stampare ed esibire nel caso si scenda di casa e si venga fermati per un controllo, certifica appunto i motivi per i quali siamo in strada. Con la giornata di ieri siamo arrivati alla quarta edizione di quello generale, poi ci sono le autocertificazioni specifiche come quelle per i lavoratori ed operatori della sanità o per i giornalisti. Dunque, nel caso di un professionista autorizzato a scendere di casa, il kit è il seguente: autocertificazione generale, autocertificazione professionale, autocertificazione che autocertifica che siamo in possesso dell’autocertificazione che autocertifica che possiamo uscire, autocertificazione che autocertifica che oramai siamo impazziti e pericolosi per noi stessi e per gli altri. C’è chi le colleziona, chi le incornicia, chi le attacca su un album insieme alle foto di famiglia e chi fa a cambio con gli amici. Una rara copia della prima autocertificazione del 9 marzo scorso vale almeno dieci figurine di Cristiano Ronaldo.

B come balconi. Avrebbero potuto essere un’oasi di serenità, avremmo potuto starcene seduti lì a prendere un po’ d’aria, magari chiudendo gli occhi e fingendo di essere usciti di casa, in qualche caso avremmo potuto anche affezionarci al balcone della signora di fronte, imparando a conoscere quanti stracci per la pulizia possiede, cosa conserva nelle cassettiere esterne, quante volte fa il bucato, se tiene appese le ‘nzerte di cipolle o di pummarullelle del piennolo, se il nonno che vive in casa scatarra o meno. Insomma, nuovi mondi al di là dell’ermo colle immaginario che sempre caro mi fu. Invece no. Non è possibile mettere il naso fuori al balcone che ci tocca sentire il festival di Sanremo: fratelli d’Italia, Azzurro, ‘O sole mio e giù giù fino ai neomelodici che non è un inno alla speranza ma un’autentica disperazione. Flash mob, Instaparty, hashtag canori e musicali come se piovesse. Alla fine, preda della disperazione, finisci addirittura – ultimo gradino della ragione –a invocare l’intervento di De Luca con uno dei meme più diffuso: ve faccio chiudere pur’ ‘e balcun’.

C come corna. Praticamente scomparse le scappatelle dagli amanti, sospese le relazioni extraconiugali e senza potersi neanche scambiare troppi messaggi, giacché marito/moglie sono sempre vicini vicini. L’emergenza conduce a due approdi: si riscopre il partner ufficiale e siccome con lui/lei non si avevano da tempo rapporti biblici, sembra di avere davanti un’altra persona e così scatta una nuova scintilla e torna miracolosamente il sereno in molti rapporti (anche perché in fondo il tradimento viene giustificato spesso come frutto della stancante routine coniugale): oppure si scopre improvvisamente la castità, non si va più neanche su Pornhub e simili, e dopo alcuni giorni si gira per casa con il saio e il rosario fra le mani intonando canti gregoriani.

D come dolci. Ma in generale anche come torte, biscotti, pizze, pane, pasta. Tutto purché rigorosamente fatto in casa. Tutti si sono riscoperti pasticcieri, chef, gourmier e sui social volano foto e video di gente che prima non faceva neanche il caffè o la pasta al burro e ora invece si tuffa nella realizzazione di opere che neanche l’alta pasticceria oserebbe. Oltre ad aver praticamente reso vuoti nei supermercati gli scaffali di farina, zucchero, lievito, uova, panna (che chi ha scambiato la catenina d’oro della comunione per un panetto di lievito di birra), gli chef-pasticcieri da clausura ottengono in genere questi risultati: una serie interminabile di posate e attrezzi e piatti e ciotole vari da lavare, perché sporcano tanta di quell’attrezzeria che neanche Barnard nelle prime operazioni di trapianti di cuore; realizzano pizze oscene o troppo soffici che si possono bene o tanto dure da dover essere tagliate con lo scalpello; producono pane per lo più azzimo o comunque cresciuto male che nessuno vuole neanche vedere, tranne loro, naturalmente, che per non dare soddisfazione fingono di mangiarlo salvo che prima l’hanno spugnato ben bene nel latte o, come certi anziani, nel vino.

E come effaiqualcosa. La voce in questione è riferita quasi esclusivamente ai mariti, tranne rari casi. E sì, perché dopo neanche ventiquattr’ore di clausura forzata, quando si apprezza, proprio perché si è agli inizi, l’ozio del divano e lo stordimento della tivù senza orari né pensieri, puntualmente le consorti scoprono che non puoi stare fermo lì con le mani nelle mani (pulite, eh) a perdere tempo. E scatta così la frase di cui sopra: effaiqualcosa, possibile che devi stare tutto il giorno a dormire e mangiare e guardare la tivù? Da qui discende una serie di ipotetici, improbabili, terrificanti servizi elencati in una frenetica e ansiogena cantilena: laviamo le tende-sistemiamo l’armadio fuori al balcone-facciamo due volte il cambio di stagione-mettiamo in ordine le foto-ridipingiamo le imposte di ferro arrugginite-sistemiamo le serrande-telefoniamo ai parenti-prepariamo la marmellata-fai i piatti-stendi i panni-piega i panni, scendi a depositare la spazzatura. Ci sono sì mariti bravi nel fai-da-te, che in una mezza giornata smontano casa e la trasformano in un bed e breakfast con palestra e sauna annesse, ma per quelli per i quali il massimo dell’abilità manuale domestica sta nel cambiare una lampadina fulminata, c’è un’unica uscita forzata: uccidersi a colpi di cacciavite, almeno un po’ di bricolage si dimostra di saperlo fare. Ma anche in quel caso, la moglie, impietosa, direbbe: ti trovavi con il cacciavite in mano potevi pure dare un’occhiata alla serratura della porta che chiude male.

F come famiglia. Per molti è una riscoperta, soprattutto per quanti finora hanno dedicato più tempo al lavoro e alle relazioni sociali che non ai familiari stretti, e qualcuno di loro pare non sia stato riconosciuto da moglie e figli al primo giorno di clausura lo hanno visto girare per casa in pigiama e ciabatte; per alcuni è un riparo gradito, lontano da capuffici o direttori di varia natura, una situazione nella quale fingere di essere nuovamente un aggressivo maschio o donna alfa e non lo zerbino sociale abituale; per altri è invece una tortura, una galera. Il riassunto è affidato a uno dei primi post social girati all’inizio della clausura forzata, fulminante e definitivo, con il tizio che dice: «Da qualche giorno sono a casa con i miei familiari: ho scoperto che in fondo sono brave persone».

G come gel. Non è quello che qualche damerino nostalgico degli anni che furono metteva nei capelli per impomatarli, ma il liquido sanificante con il quale lavarsi spesso le mani durante la giornata. A prescindere dal fatto che c’è chi prima non si faceva neanche il bidet e ora si lava le mani ogni quarto d’ora, e tralasciando la solita sciacallata di chi sta vendendo a per gel igienico, e naturalmente a prezzo stramaggiorato, perfino la colla scadente – quella che tanto non attaccava nulla e dunque, non si attacca neanche alle mani – e la cera per pavimenti; ignorando tutto questo, resta che la norma ha dato nuovo fiato agli ipocondriaci ingrossandone a dismisura le fila. Il grosso di ques’ultima categoria è rappresentata da quelli che: aprono la porta del bagno e si lavano le mani per aver toccato la maniglia e poi il rubinetto, si asciugano le mani, si lavano nuovamente le mani per aver toccato asciugamano e rubinetto, si asciugano le mani, se le lavano ancora perché intanto si sono accorti di essersi toccati la destra con la sinistra durante l’asciugamento, prima di riasciugarsele se le lavano ancora perché sulla saponetta sono rimaste tracce del precedente lavaggio, se le asciugano e via così, fino all’infinito e oltre. Numerose le segnalazioni gente trovata nel bagno morta per inedia, ma con le mani pulitissime.

(1- continua)