Non c'è voluto molto. E' bastato eleggere un segretario che non avesse nulla a che fare con la corte di Renzi e il Pd, per la prima volta dopo mesi, ha superato il venti per cento nei sondaggi e adesso incalza il M5S, in caduta libera. Certo, la maggioranza gialloverde ci ha messo molto del suo.
Le liti continue (vedi Tav e decreto sicurezza), gli annunci di un Salvini sempre più patetico, l'incapacità, pensiamo al reddito di cittadinanza, di dare la giusta visibilità anche a provvedimenti nella sostanza positivi, hanno fatto scendere la fiducia nel governo. Il Pd, che non fa opposizione da anni, con questo c'entra molto poco.
Ora è arrivato un assist insperato, una chance che sarebbe da irresponsabili gettare al vento. Zingaretti deve cambiare il Pd. I militanti devono tornare per strada e ascoltare le realtà del disagio per evitare che certi spazi vengano occupati da una destra populista e reazionaria. Più militanza attiva e meno banche, verrebbe quasi da dire. Poche delle forze politiche in Europa hanno il vantaggio di avere di fronte una coalizione di governo talmente sfilacciata e incoerente, dove ognuno cede per mettere la sua bandierina e risponde con la medesima logica. Non è un compromesso, logico negli esecutivi di coalizione. E' solo uno stare insieme perché non ci sono alternative.
Ed è qui che entra in gioco il Pd. Avviare, come abbiano già scritto, un confronto serio con il M5S partendo da reddito di cittadinanza, ambiente, diritti civili, politiche industriali e sicurezza darebbe un senso a quel grande successo che sono state le primarie. Il Pd non deve, prima di ogni altra cosa, deludere la sua gente. Stavolta nessuno perdonerebbe.