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Ultimo aggiornamento il 02/05/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

Dice un cancelliere in pensione, esterrefatto: “È la prima volta che vedo prescrivere in primo grado un processo cominciato con una direttissima di dieci anni fa. Dieci anni fa, si rende conto?”. E che processo: quello alla cosiddetta “Fannullopoli” di Boscoreale, 91 imputati, tutti salvi, tutti rimasti al loro posto. I procedimenti disciplinari furono infatti sospesi in attesa della definizione di un processo penale incardinato nell’aprile 2011, poche ore dopo l’arresto in flagranza di reato di 41 dipendenti comunali sorpresi dai carabinieri a spasso invece che a lavorare. Ma quei 41 erano solo la punta di un iceberg. Durante la direttissima, gli avvocati spulciano gli atti di indagine allegati alla richiesta di convalida. E scoprono che ci sono delle attività investigative ancora in corso. Così chiedono e ottengono di andare avanti con un rito ordinario.

Un anno dopo, la Procura di Torre Annunziata deposita l’avviso di conclusa indagine. Un documento dalla lunghezza monumentale. Leggendolo si scopre che 125 dipendenti comunali del municipio boschese su 170 sono iscritti nel registro degli indagati. Praticamente due dipendenti su tre. Sono accusati di truffa e di violazione della legge Brunetta. Le immagini registrate dalle telecamere nascoste, finalmente svincolate dal segreto investigativo, poi rivelate in esclusiva sul sito del Fatto Quotidiano, sono impietose: si vedono dipendenti che passano 25/30 badge alla volta, si intuisce l’esistenza di un sistema consolidato e risalente nel tempo.

Lo scandalo monta. L’Espresso spedisce un inviato a trascorrere una settimana a Boscoreale e ne uscirà un reportage durissimo. Rai3 approfondisce il caso. Il processo mediatico, che genera una unanime condanna, si rivelerà molto più rapido di quello giudiziario, che invece rallenta, frena, si muove a scatti, si incaglia nelle consuete difficoltà di una macchina che fatica anche soltanto a perfezionare le notifiche a una mole così imponente di indagati e imputati. E poi ci sono le giuste rivendicazioni di chi vuole dimostrare la propria innocenza. E ci riesce. Il giudice per le indagini preliminari firma una quarantina di archiviazioni. Al processo che riunifica le rimanenti posizioni ci arrivano ‘solo’ in 91. Dal 2015 cinque giudici monocratici si rimpallano il fascicolo, fino alla sentenza di ieri. Il colpo di spugna della “Fannullopoli” ai piedi del Vesuvio. Grazie alla prescrizione, che sta per rinascere sotto forma di emendamento al Milleproroghe in discussione nelle commissioni parlamentari. Per demolire uno dei cardini della riforma Bonafede.

(Dal Fatto).