info@saleincorpo.it
Testata registrata presso il tribunale di Nocera Inferiore n.86 del 13/02/2017.
Direttore responsabile Alfonso Tramontano Guerritore / Editore Carlo Meoli. Questo sito non riceve contributi da enti pubblici. Sostieni Saleincorpo, sito indipendente. Puoi farlo versando un contributo a piacere e su base annua sul c/c bancario IT72E3253203200006575211933 intestato a Carlo Meoli. Causale Sostengo Saleincorpo. Grazie.
Code & Graphic by iLab Solutions
Ultimo aggiornamento il 03/05/2024

Saleincorpo

Un'idea di Carlo Meoli

I giornali d’informazione avrebbero il dovere di controllare i potenti per tutelare i cittadini. L’impegno dovrebbe essere ancora maggiore con istituzioni sovranazionali come quelle dell’Unione europea in quanto sottoposte a verifiche esterne scarse e a volte nulle. Repubblica del gruppo Gedi, che fa capo al finanziere John Elkann della famiglia Agnelli (ex Fiat ora Stellantis), ha invece preferito associarsi con i controllati entrando addirittura in “partnership” con la Commissione Ue e l’Europarlamento per sfornare articoli in vista delle elezioni europee del giugno prossimo.

Questo accordo, pagato con fondi Ue, punta a evidenziare quanto ha fatto l’Europa per i suoi cittadini e la sfida elettorale tra europeisti e sovranisti (con Repubblica verosimilmente schierata con i primi). La “partnership” sarebbe gradita dal commissario Ue Paolo Gentiloni del Pd. Inoltre Europarlamento e Commissione hanno confermato al Fatto di aver ingaggiato in vari modi e con obiettivi simili anche il Corriere della Sera di Urbano Cairo/RCS (200 mila euro con un bando) e molte altre testate italiane. E che stanno “valutando altre partnership e studiando come finanziare a più ampio spettro possibile la promozione dei messaggi – banner, spot, pubblicità – su media, sempre per supportare l’informazione (sulle loro attività, ndr) e la partecipazione alle prossime elezioni di giugno”. Ben 35 media italiani si sarebbero offerti di collaborare con l’Ue a pagamento nel periodo pre-elettorale. Va quindi lanciato l’allarme su quanto sta accadendo nel rapporto tra le istituzioni di Bruxelles e molti organi d’informazione.

L’Ue ha varato il Media freedom act per difendere l’indipendenza dei giornalisti. Ma più si è aggravata la crisi del settore, più Europarlamento e Commissione ne hanno approfittato per agganciare numerosi media in Italia e in altri Paesi membri, elargendogli fondi Ue. Si va da contratti e bandi per “progetti” e “collaborazioni” fino a viaggi gratis. Apparivano giustificati quando aiutavano testate piccole e medie senza ufficio di corrispondenza a Bruxelles a sostenere gli alti costi per informare su attività comunitarie (anche il Fatto nel 2017 vinse un bando da 24 mila euro usati per un’inchiesta sulla lotta alle mafie nell’Ue). Poi però alcuni pagamenti – anche tra 100 e 250 mila euro a singola testata – sono apparsi imbarazzanti e non solo quando ne scaturisce una narrazione in sintonia. Li hanno infatti incassati editori molto ricchi come i Berlusconi (Mediaset/Rti), che rischiano possibili conflitti d’interessi per il legame con il partito Forza Italia, il colosso energetico Eni (agenzia Agi), la lobby Confindustria (Sole 24 Ore), Cairo/Rcs o la proprietà dell’agenzia Ansa. E si è arrivati fino alla “partnership” con Repubblica degli Elkann/Agnelli, che hanno ereditato un patrimonio enorme (al centro di indagini per presunti illeciti fiscali). Secondo l’Ue, il contratto elettorale gli rende 40 mila euro dall’Europarlamento e 22 mila dalla Commissione. Segue 96.435,99 euro di un bando vinto da Gedi e altri fondi a Repubblica Tv e a La Stampa.

Ma un giornale può farsi pagare per suoi articoli dalle istituzioni che dovrebbe controllare, di fatto aiutandole ad amplificare tematiche gradite? Testate tedesche e di Paesi nordici pensano di no e rifiutano di entrare nel libro-paga Ue. Perché anche gli editori italiani ricchi non rinunciano a questo denaro dei contribuenti? A Repubblica, quotidiano d’area (centrosinistra), editore e direttore possono certo concordare di provare a indirizzare voti alle Europee. Questa “linea editoriale” dovrebbe però essere pagata da Elkann. O può venire stimolata da introiti diversi dalla vendita delle copie? Commissione ed Europarlamento non dovrebbero nemmeno comprare spazi pubblicitari (separati dagli articoli dei giornalisti) nelle tante testate sospettate di garantire informalmente “buona stampa” a grandi acquirenti di pubblicità. A Bruxelles devono replicare con i fatti alle critiche meritate con errori politici, incapacità, sprechi e scandali. In più i fondi Ue a editori ricchi (a volte con interessi prioritari in altri settori) rischiano di violare le norme sugli aiuti pubblici e sulla concorrenza, che proprio la Commissione dovrebbe far rispettare.