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Ultimo aggiornamento il 14/05/2024

Saleincorpo

Un'idea di Carlo Meoli

 

Dopo le "scampagnate" estive ci risiamo. Siamo di nuovo prede del virus che non ci vuole proprio lasciare. Il trend, in continua crescita, terrorizza il governo centrale e i governatori delle regioni, obbligandoli ad emanare direttive ed ordinanze (di cui abbiamo dimenticato il numero) che aggravano lo stato confusionale del suddito-cittadino, già scosso di suo da ansie di ogni tipo. 

Stravolti su più fronti contiamo i contagi e i decessi e i numeri dei tamponi, riprendendo l'abitudine che si era consolidata nei mesi lunghi di un recente passato che ci avevano fatto credere non sarebbe ritornato. E noi, finalmente liberi, sovvenzionati persino con i bonus vacanza, senza più controlli, senza più tamponi, senza più incubi, ci siamo lasciati prendere dall'ebbrezza della libertà, sostenuti da chi ci governa che con "liberi tutti" ci ha raccontato la favola bella che desideravamo ascoltare.

L'estate, nel suo fulgore, ci ha parlato con il suo linguaggio di mare e salsedine, di monti e di profumi di bosco, di città vive e colorate di gente. E noi, in queste parole di sole, con voluttà, ci siamo tuffati. Siamo stati vittime di un'illusione costruita ad arte: niente più immagini dolenti, niente terapie intensive, niente bollettini di "guerra". La curva appiattita del contagio, quando appariva, era un entusiasmo gridato nel cuore di ognuno.

In autunno, si diceva, potrà esserci la seconda ondata, ma non l'abbiamo mai presa come vera minaccia. Ci dicevano che seppure fosse arrivata sarebbe stato diverso. Siamo preparati ad affrontarla dicevano. Per cui, prima del paventato autunno, ci abbiamo dato dentro (spiagge affollate, assembramenti pazzeschi, fuori e dentro la movida, niente mascherine, strade affollate, centri commerciali super pieni). A metà agosto o giù di lì il virus riappare. Silente e subdolo ci fa tornare ad indossare le mascherine, ma senza destare grosse paure, ci fa continuare a vivere gli estri estivi, accompagnati in questo solo da pacati e miti consigli da parte dei nostri scienziati e dei nostri politici. 

Più frequenti erano, invece, gli accenni alla scuola: in questo settore la Ministra ci garantiva il suo massimo impegno, fra "rime buccali" e banchi con rotelle a volontà. Ma anche queste erano solo scene di un teatrino patetico, sfociato, poi, ai primi suoni di campanella, nel dramma che si è verificato. Pochi giorni prima delle aperture scolastiche con tranquillità siamo andati a votare, facendo il nostro dovere di cittadini; ognuno si è mosso per ridare fiducia a sindaci e a governatori di diverse nostre regioni. Fin qui tutto bene; la narrazione della favola bella continuava. Solo a distanza di pochi giorni, muta ogni cosa e lo scatafascio si avvicina e si presenta più crudo di prima.

Eccoci allora alla nuda e dura cronaca degli ultimi giorni: allarmi, paure e scongiuri.

Di nuovo gli scontri fra le istituzioni, di nuovo le inconcludenti dichiarazioni dei più che noti scienziatoni, di nuovo ospedali collassati. La novità ci viene dai tamponi praticati in numero considerevole e mai visti prima, ad esempio, da noi in Campania. Di nuovo il governatore che ci strattona, ci incute terrore e ci fa, addirittura, vedere la tac di un giovane ricoverato in terapia intensiva. Una tac usata come una clave. Più del lanciafiamme, agisce la sua lingua di fuoco. Ci ricorda di averci salvato e ci redarguisce evocando bare. Fulmini, tuoni e saette lanciati da videomessaggi o veicolati tramite interviste sulle reti nazionali.

Poi arriva la palla di cannone che ci ha sparato addosso, giusto pochi giorni fa. Aveva per miccia il lockdown. L'eco della cannonata si è dispersa nei tafferugli di Napoli, infiammata da molti rivoltosi, miscuglio sano ed insano, di gente sulle barricate. Siamo all'epilogo di una tragedia o siamo solo all'inizio? Mentre scrivo conosciamo l'ultimo DPCM di Conte che ha imposto nuove restrizioni scongiurando per ora la chiusura totale, preservando (a suo dire) in questo modo la nostra salute e la nostra economia. Quindi inizia la nuova narrazione: la loro narrazione che elude gli errori commessi, che sottovaluta incongruenze e fallimenti, che esclude le falle createsi nei settori cruciali della nostra società. 

Una narrazione che non contiene le carenze nei trasporti, che resta muta sulle mancate intensificazioni delle terapie intensive, che tace sulle residenze per anziani, che litiga ancora sulla scuola e si impicca sulla DAD o sulla sua parzialità nell'offerta formativa. Nei mesi abbondanti avuti per fare seria programmazione e mettere in campo misure idonee nei settori indicati, ma niente è stato fatto. E dicessero quello che vogliono, o il contrario di quello che diciamo, noi non gli crediamo. Hanno superato il limite fiduciario su cui si basa il rapporto del cittadino con le istituzioni che lo rappresentano e da cui dovrebbe ricevere sicure tutele.

Detto ciò, forse siamo esenti da colpe? Sicuramente no. Abbiamo sbagliato ogni volta che non ci siamo distanziati, ma siamo stati amorevolmente azzeccati gli uni agli altri, abbiamo sbagliato quando siamo andati a ballare, quando siamo andati all'estero, quando ci siamo appesi la mascherina al collo e quando non ci siamo lavati a sufficienza le mani. La responsabilità è un concetto che implica cose serie. Quando viene a mancare non neutralizza le circostanze e gli ambiti di pertinenza, anzi produce effetti negativi a breve e a lunga scadenza. Quello che ci tocca vivere da oggi in poi deriva da responsabilità precise. Sappiamo di dover pagare un costo salato in termini economici, sociali e anche psicologici.

Presagi nefasti si profilano all'orizzonte e tutto pesa sulle nostre esistenze vacillanti. Stravolti da questa valanga assisteremo al collasso economico, ad agitazioni e a conflitti sociali, in cui ama guazzare la nota criminalità organizzata. Un nuovo corso ci attende, ma il sentire è ben diverso da quando bussò alle nostre porte, per la prima volta, il maledetto, odioso ed onnipotente quanto invisibile virus  che passerà alla storia con il nome di Covid-19.