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Ultimo aggiornamento il 15/05/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

Il futuro è ora! Il futuro è già qui. Questo bisognerebbe ricordare a chi ha responsabilità di governo. Un imperativo categorico cui attenersi per gestire non l'ordinario, ma le prossimità che giungono inevitabilmente anche quando coloro che amministrano non saranno più i responsabili della qualità della vita dei cittadini del loro tempo. L'assioma vale, ovviamente, tanto a livello locale quanto per ambiti a più largo respiro, attraversando i vari livelli istituzionali esistenti in un Paese.Se si avesse la capacità di avere lo sguardo lungo, radicato sì nel presente, ma proiettato verso l'avvenire, le dinamiche sociali, politiche ed economiche, da combinare e da mettere in gioco, sarebbero prese in considerazione diversamente.

Per condizionare un interscambio settoriale proficuo fra i livelli diversi persistenti nelle organizzazioni complesse che supportano i cosiddetti organismi sociali, c'è bisogno di una prospettiva diversa, altra, alimentata dal fuoco sacro dei saggi visionari e da grandi capacità di chi ci rappresenta. Invece si vive alla giornata compiendo scelte miopi o poche incisive, raffazzonate, che rispondono spesso più che ai bisogni reali dei cittadini al peso ingombrante di lobby più o meno palesi. Siamo, purtroppo, il prodotto di ciò i governi decidono e il libero arbitrio, pur rimanendo la più entusiasmante possibilità umana, per quanto agisca in ognuno di noi esprimendosi secondo le attitudini personali, di fatto rimane imbrigliato nelle strette maglie delle norme e delle direttive esistenti nei contesti in cui vive e delle scelte che vengono effettuate.

Le recenti elezioni regionali e i risultati del referendum sui tagli dei parlamentari rafforzano il governo e chi auspicava la spallata a Conte può rassegnarsi. Sarà ancora il primo ministro e forse non metterà mano ad un rimpasto, come viene richiesto dal Pd. Sarà, allora, in grado Conte di gestire la grande opportunità insita   nel Recovery fund? E il governatore della Campania, riconfermato a furor di popolo, saprà invocare maggiori risorse per investimenti atti a diminuire il gap che registra il meridione rispetto alla parte ricca del Paese? Chi come me fosse contagiato dal "pessimismo funzionale", propenderebbe a ben sperare anche se lo stato delle cose sembra indicare altro. L'attuale governo, infatti, ancora rinvia scelte che già si sarebbero dovute prendere da tempo in merito al MES. 

Se ne parla da mesi, da quando il Covid-19 ci è piombato addosso, e ancora non si sa dove si andrà a parare. Perdurano le fibrillazioni, i litigi, le contrapposizioni, mentre avanzano le incertezze dell'economia ed aumentano i disagi per milioni di cittadini. Il MES non è l'unico tema divisivo esistente, tanto fra le forze politiche di maggioranza, quanto fra quelle di opposizione evidenziatesi in questo periodo drammatico. Ma è certamente un punto dirimente per il futuro dell'Italia. Un piano di ripresa nazionale urge e fra Parlamento e Governo si dovrebbe instaurare un continuo e proficuo dialogo basato su un'informazione non vaga e, soprattutto, sulla condivisione delle scelte.

Dopo le oscene ordinanze cozzanti fra Regioni e Stato, dopo le ridicole smentite, dopo i divieti subiti (che se è vero ci hanno salvato, ci hanno tramortiti, facendoci vivere atmosfere da Stati di polizia), dopo i contributi a pioggia (in certi casi fittizi), abbiamo bisogno di certezze. I compromessi valgono e non valgono: dipende dal prezzo da pagare e dalle ricadute che ne conseguono. Intanto, dal dibattito di questi giorni scaturiranno condizioni che graveranno sulle nuove generazioni. Giacché la decrescita è un dato di fatto (siamo un Paese per vecchi e di vecchi), mi chiedo, ci chiediamo, che cosa spetterà ai giovani nel prossimo futuro? Saranno usati i fondi per mettere in campo, nei settori che sono i gangli vitali della società, iniziative che possano risanare e ricostruire l'economia del Paese? Si metterà mano ad un piano di investimenti industriali a largo respiro? Si sapranno conciliare le scelte economiche con quelle, urgentissime, ambientali?

L'andamento del passato, quello che pose sul tappeto, il tema del liberalismo e del "mercato" non ha prodotto gli esiti previsti tanto a livello locale che globale. Non si sono risanate le ingiustizie e le diseguaglianze sociali persistono drammaticamente; rivendicano ancora i giusti equilibri, ad oggi, disattesi.

Sarà lo statalismo una opzione da riproporre nei prossimi anni? Nel mentre ci si accapiglia rimanendo ancorati al proprio "particulare", quello che ci fa paura, al di là della recrudescenza del virus, è il futuro di tanti, troppi disperati. Il futuro è ora! Ma chi glielo va a dire a quelli che stanno al governo?