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Ultimo aggiornamento il 02/05/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

Chiusa per eccesso di qualità. È la paradossale situazione in cui versa da più di cinque mesi la Fibra Ottica Sud – FOS di Battipaglia del gruppo Prysmian, che produce fibra ottica ad alto contenuto tecnologico. Il loro prodotto ha standard e costi troppo elevati per il mercato italiano. E così, un’eccellenza tricolore chiude i battenti proprio sotto gli occhi del governo del ‘made in Italy’ reo, secondo i sindacati, di non fare abbastanza per salvaguardare la fabbrica. A rischio 300 lavoratori specializzati (più l’indotto) che dallo scorso ottobre sono in cassa integrazione ordinaria a zero ore e da aprile saranno in CIGS straordinaria per cessazione attività. “Questa azienda era il fiore all’occhiello del gruppo Prysmian – spiegano i lavoratori che da 40 giorni sono in presidio fuori ai cancelli – fino ad agosto 2023 abbiamo lavorato a pieno regime, in questi anni con la nostra fibra ottica è stata cablata tutta l’Australia oltre a porzioni del marcato nord americano. Poi all’improvviso l’azienda ha deciso di non produrre più fibra ottica in Italia generando una catastrofe sociale in questo territorio”.

"Il primo problema è l’aumento del costo dell’energia – dice Gennaro Vertucci, tecnico specializzato FOS – queste sono fabbriche energivore, con il conflitto russo-ucraino il costo della corrente elettrica è aumentato a dismisura (circa 700mila euro al mese), l’azienda ha chiesto un’agevolazione ed evidentemente non l’ha ottenuta e siccome si pensa solo al profitto si decide di chiudere. Poi c’è la questione appalti. Il nostro prodotto, essendo di qualità elevata, non trova spazio nel mercato italiano già da qualche anno visto che i precedenti governi hanno scelto di non puntare sulla qualità, ma hanno lasciato liberi i player che si sono aggiudicati il bando del piano ‘Italia a 1 giga’ (il riferimento è al governo Draghi, quando il ministro per la Transizione digitale era Vittorio Colao, ndr) approvato nel 2021 di utilizzare per l’infrastruttura digitale del nostro paese un prodotto di basso costo proveniente da Cina, India e Corea”. In sostanza se fossero stati messi dei paletti qualitativi della fibra ottica da consegnare a Infratel, cioè la stazione appaltante dei bandi relativi alla posa della tecnologia in Italia, si sarebbero assicurate commesse all’azienda campana, col vantaggio di installare sulla rete nazionale un prodotto decisamente più valido. “La scelta di mettere sul territorio una FO di qualità alta – ci dice Sabatino Ceruso RSU FOS Battipaglia – era anche una scelta di buon senso che avrebbero dovuto fare i precedenti governi. Intanto perché la fibra ottica asiatica dura dai 2 a i 5 anni, mentre la nostra ne dura 15. Inoltre, cosa più importante – prosegue – è anche una questione di sicurezza, perché una fibra ottica di scarsa qualità è pure facilmente hackerabile”.

Adesso per i 300 lavoratori di Battipaglia la speranza è che si trovi un acquirente. Di questo si sta discutendo al ministero delle Imprese e del made in Italy. Prysmian avrebbe anche proposto un piano di ricollocazione che però gli operai vedono come anticamera di un futuro licenziamento. “Quando in questo Paese un’azienda decide di andare via c’è poco da fare, noi ci auguriamo che il governo del made in Italy – dice Mario Balzano della Filctem Cgil – attraverso un decreto come quello fatto per l’Ilva crei le condizioni per renderci più appetibili agli occhi di un potenziale compratore che voglia investire sulla fibra ottica di qualità, oppure si trovi il modo per farci rientrare nei bandi già assegnati perché per ora abbiamo preso i soldi del Pnrr e li abbiamo mandati in Asia”. L’idea è di imitare il governo francese. “Prysmian chiude in Italia ma lascia aperta la fabbrica gemella che sta in Francia – dice Nunzio Varricchio dipendente FOS – questo perché lì si è scelto di puntare sulla qualità e l’unica fibra ottica utilizzata su suolo francese è quella prodotta in casa. Che, con un costo maggiore, assicura però standard elevati”.

 (Dal Fatto)