C’è stato un tempo, non molto lontano, in cui la propaganda politica si faceva anche attraverso il cinema. Non solo il fascismo con l’Istituto Luce, ma anche i due principali partiti italiani della prima repubblica, la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano, hanno realizzato film di propaganda rivolti agli elettori. Ne parla Mariangela Palmieri (Università di Salerno) nel libro Schermi nemici. I film di propaganda della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista Italiano (1948-1964) (Mimesis, 2023).
Nel secondo dopoguerra DC e PCI si dotano di strutture produttive, oppure fanno accordi con case di produzione esterne, per realizzare a supporto delle proprie attività di propaganda pellicole di genere diverso, sia di fiction che non-fiction, e di corto, medio e lungometraggio. Sullo sfondo c’è la Guerra fredda che divide il mondo in due blocchi contrapposti. Democristiani e comunisti rappresentano gli emissari in Italia delle due superpotenze Usa e Urss. La loro contrapposizione è per molti aspetti totalizzante e le due compagini si fanno portatrici di valori e visioni del mondo contrapposti.
Realizzati soprattutto in concomitanza di appuntamenti elettorali, i film di propaganda hanno scopi molteplici, come trasmettere il punto di vista delle due compagini su questioni specifiche, richiamare gli elettori al voto, costruire narrazioni di se stesse, o delegittimare il proprio principale avversario politico. I film fanno appello insieme alla ragione e alle emozioni. Spiegano con un linguaggio chiaro ciò che, secondo i due partiti, gli elettori debbano sapere per decidere da quale parte stare. Ma parlano anche alla pancia dei votanti, facendo leva su sentimenti come la paura, l’attaccamento fideistico, o l’indignazione. I film di propaganda sono costruiti per convincere, così come per divertire, quando ricorrono all’ironia e alla parodia dell’avversario.
La produzione di questi filmati copre un intervallo di tempo ampio, che va dall’immediato secondo dopoguerra agli anni Settanta. Ma è soprattutto nel periodo compreso tra il 1948 e la metà degli anni Sessanta che il numero di opere realizzate è più fitto. Le opere del PCI, che a livello centrale è costretto nel ruolo perenne di partito di opposizione, circolano soprattutto nei circuiti della militanza, come sezioni o Case del Popolo. Non è ammesso a queste pellicole di essere proiettate nelle sale commerciali. Più ampio lo spazio di manovra dei film di propaganda della DC: oltre a essere mostrati in sedi di partito e nei luoghi della militanza democristiani, essi sono distribuiti nell’articolato sistema delle sale parrocchiali, che operano all’ombra della Chiesa e dell’Azione Cattolica, e talvolta giungono anche nelle sale commerciali. La diversa distribuzione di queste pellicole è insieme la conseguenza sia del ruolo politico svolto dai due partiti (partito di maggioranza relativa la DC e di opposizione il PCI) sia del diverso rapporto che essi hanno col sistema dei media e col cinema in particolare.
La diversa distribuzione delle opere, inoltre, ne definisce anche alcuni dei caratteri. I film del PCI parlano prevalentemente ai militanti e per questa ragione si contraddistinguono per un linguaggio fortemente imbevuto di slogan, parole d’ordine e simboli riconoscibili del partito. Più che fare nuovi proseliti, le pellicole comuniste paiono voler rafforzare il legame fideistico con gli iscritti. Le opere democristiane, invece, parlano a un pubblico trasversale, non necessariamente già votante della DC, e pertanto ricorrono a un linguaggio politicamente neutro. Ma questa diversità dei linguaggi trova un fondamento anche nell’identità e nella cultura di riferimento delle due compagini. Il PCI è, infatti, un partito di classe, che si rivolge agli operai e al proletariato contadino, e che appare legato a un saldo bagaglio storico-ideologico. La DC, invece, è un partito interclassista, che mutua i suoi riferimenti valoriali da una più generica cultura cattolica.
I film delle due compagini ci dicono molto dei partiti di cui sono espressione, delle loro identità, subculture di riferimento e visioni del mondo. Danno plasticamente forma ai relativi apparati ideali, fornendo nuovi contributi per l’interpretazione di una fase storica che li ha visti protagonisti indiscussi della vita politica italiana.