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Ultimo aggiornamento il 25/04/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

“Vi ringrazio della stima che mi avete dimostrato, ma anche essa dovrà essere giustificata e validata nei fatti dall’azione del governo da me presieduto”: così Mario Draghi ha concluso, mercoledì notte, la sua replica nell’aula del Senato – prima di essere sommerso da un’alluvione di sì – e a noi che già ci picchiamo di conoscere qualcosa del linguaggio draghese queste parole sono sembrate un sommesso invito alla prudenza. A non esagerare troppo nelle aspettative, a giudicarlo sui fatti ma anche ad aiutarlo a non sbagliare. Lo immaginiamo sfiancato da sette ore di dibattito, e con la glicemia alta dopo essersi sorbito un giulebbe di elogi e di evviva, rassegnato a ingurgitare altre dosi massicce di zuccheri l’indomani con la lettura dei giornali. Difatti.

Ditemi ciò che non so, chiedeva un famoso capitano d’industria ai suoi collaboratori, invitandoli a esprimere critiche intelligenti e fondate, e se necessario a fargli opposizione. Nella lettera a Repubblica, con cui Giorgia Meloni spiega attraverso un’idea diversa di Europa la non fiducia al governo, la leader di Fratelli d’Italia dice di “ritenere incomprensibile la tesi secondo la quale la scelta di FdI di garantire un’opposizione sarebbe irresponsabile e contraria agli interessi della Nazione”. Mentre “è semmai il contrario, atteso che senza opposizione non può esistere democrazia”. Ci sembra un argomento decisivo, ma consci dei nostri limiti sul terreno del diritto costituzionale, vorremmo interpellare chi della materia è maestro, i professori Zagrebelsky, Carlassare, Ainis per esempio, chiedendo se in nome dell’emergenza nazionale invocata dal capo dello Stato, la maggioranza di tutti imponga l’opposizione di nessuno?

Il Parlamento non è forse il luogo in cui fare emergere le proposte alternative in campo, permettendo ai cittadini di farsi un’idea sia di come agisce chi governa, sia di come intende agire chi si oppone? Considerare l’opposizione come un vulnus, sia pure nelle presenti circostanze eccezionali, non equivale a impedire il confronto tra alternative diverse, non necessariamente mosse da un pregiudizio contro il governo? Cosa è più utile al premier, il (finto) alleato Matteo Salvini che lo liquida con un irridente “Draghi ha sempre ragione”? Oppure una Meloni che dice (sia pure con lo scopo di annettersi un’altra fetta della destra sottratta alla Lega) non sono d’accordo, impegnandosi a cambiare opinione se le future decisioni del governo dovessero consentirlo? Infine, in questo plebiscito dolciastro e confusionario, e con il rischio di una torsione della democrazia parlamentare, è mai possibile che si debba pensare: meno male che Giorgia c’è?

(Dal Fatto).