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Ultimo aggiornamento il 28/03/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

Incredibile, ma purtroppo vero. Moglie e suocera di un affiliato al clan Gionta hanno percepito indebitamente per 15 anni il vitalizio previsto per i familiari delle vittime della criminalità organizzata. Un caso sul quale ha fatto luce la procura di Torre Annunziata, che ha emesso d’urgenza un decreto di sequestro preventivo di beni del valore di oltre 166mila euro, nei confronti delle due donne, eseguito dalla Guardia di finanza.

La vicenda trae origine dalla strage di Sant’Alessandro, quando, il 26 agosto 1984, un gruppo di fuoco della criminalità organizzata, a bordo di un autobus turistico, davanti al circolo dei pescatori a Torre Annunziata, nel Quadrilatero delle carceri, aprì il fuoco, uccidendo otto persone e ferendone sette. Diciotto anni dopo, nel febbraio 2002, la moglie e la figlia di una delle vittime della strage sono riuscite ad ottenere dal ministero dell’Interno un assegno vitalizio in qualità di familiari delle vittime della camorra, ai sensi della legge 407/1998. Tale beneficio economico era però incompatibile con il fatto che la figlia della vittima dell’agguato, nel 1999, fosse sposata con un esponente del clan Gionta, detenuto dal 18 gennaio 2017, nel carcere di Secondigliano per diversi reati e condannato con sentenza definitiva dal 18 giugno 2018. La donna non ha mai denunciato il matrimonio, per poter continuare a beneficiare del vitalizio. Fino a quando nel 2009, la prefettura ha richiesto reiteratamente alle due donne di aggiornare le informazioni sulla loro situazione familiare, al fine di poter verificare la loro estraneità ad ambienti criminali, requisito previsto dalla legge per poter beneficiare del vitalizio.

Le due beneficiarie hanno invece omesso di rispondere ed hanno simulato una separazione consensuale tra i coniugi omologata il 18 maggio 2010 dal Tribunale di Torre Annunziata. Le indagini delle Fiamme gialle, gli ordini del colonnello Agostino Tortora, hanno permesso di accertare che quella separazione era un falso: nel 2017, la coppia ha avuto un’altra figlia. Inoltre la donna, a volte insieme alla suocera, ha continuato ad effettuare i colloqui con il marito nel carcere di Secondigliano, dove è tuttora detenutoo. Il sequestro da parte delle fiamme gialle stato reso possibile anche grazie alla stretta collaborazione con la prefettura di Napoli.