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Ultimo aggiornamento il 22/04/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

L’emergenza COVID-19 ha messo in luce in maniera chiara due aspetti della situazione del fiume Sarno: il fatto che le attività produttive siano responsabili in maniera preponderante della cattiva qualità delle acque e che i controlli, purtroppo, non riescono ad essere diffusi ed efficaci.  “Se fai sempre le stesse cose otterrai sempre gli stessi risultati” , questa citazione – attribuita ad Einstein – ben rappresenta la situazione del Sarno, per il quale si continua a operare sempre allo stesso modo. Occorre, invece, cambiare e migliorare il sistema dei controlli. Un po’ di cronologia per inquadrare la situazione attuale. 

La legge regionale n. 4 del 2011, della amministrazione Caldoro, ha stabilito che le autorizzazioni allo scarico in acque superficiali, quindi anche per il Sarno e i suoi canali, siano di competenza dei singoli comuni (prima erano delle province). Conseguentemente anche il monitoraggio e i controlli in prima battuta sono di competenza dei suddetti enti. Ora, una semplice considerazione e un quesito. Il Sarno e i suoi canali, che prima investivano le competenze di tre uffici provinciali Salerno, Napoli e Avellino, sono attualmente di competenza per gli scarichi delle acque di circa 40 comuni, i quali hanno titolo ad intervenire ognuno solo sulla parte che scorre nel proprio territorio. 

Così come la mappatura e il monitoraggio degli scarichi devono (dovrebbero) essere organizzati da ogni comune all’interno dei propri confini. Secondo voi può essere efficace e tempestiva un’azione che parta da questi presupposti? A nostro avviso no. C’è bisogno di un coordinamento a livello amministrativo superiore all’entità comunale, spesso sprovvista delle dovute competenze e mezzi, impossibili da acquisire nei comuni medio-piccoli. Molti enti locali, nel momento in cui si presentano i problemi, si rivolgono agli organi giudiziari con generiche segnalazioni e richieste di intervento.

Una cosa va detta, comunque, al netto dell’impegno degli attuali organi giudiziari sovraccarichi di lavoro e spesso con scarso personale investigativo. Le indagini in materia ambientale e in particolare quelle su tematiche come l’inquinamento delle acque superficiali, sono indagini molto tecniche, che richiedono competenze dettagliate multidisciplinari (chimiche-biologiche-ingegneristiche-idrauliche) per verificare qualità, posizioni scarichi, tracciati, by-pass, condotte occultate, processi produttivi, funzionamento depuratori, quantitativi di acque lavorate, trattate e scaricate etc. C’è molto da migliorare al riguardo. 

Orbene spesso sul tavolo del magistrato tali informazioni non sempre arrivano e comunque non in tempi ragionevolmente veloci, con tutti gli approfondimenti del caso. Le contestazioni in flagrante, rispetto alla mole del problema, sono pochissime. E’ evidente invece che anche le azioni della magistratura potrebbero essere più dirette e mirate se i Comuni svolgessero appieno i loro compiti. L’articolo 128 del Codice dell’Ambiente, infatti, dispone che “l’autorità competente effettua il controllo degli scarichi sulla base di un programma che assicuri un periodico, diffuso, effettivo e imparziale sistema di controlli”. Tutti i comuni, quindi, Autorità competenti per le autorizzazioni agli scarichi in acque superficiali – in Campania – sono obbligati per legge ad avere un programma di controlli degli scarichi, cosa che purtroppo ad oggi esiste forse solo in quale comune, forse. 

Tali controlli dovrebbero essere periodici nel tempo, estesi in maniera diffusa su tutto il territorio comunale e riguardare indistintamente e imparzialmente i soggetti interessati. E’ urgente che tutti i comuni avviino tali programmi, il cui punto di partenza, anzi la premessa, non può che essere il censimento di tutti gli scarichi. Censimento significa che qualsiasi tubazione, avente recapito nel Sarno o nei canali, sia immediatamente associata al soggetto titolare dell’autorizzazione, quindi responsabile dello scarico, con la conseguente conoscenza della tipologia di reflui sia in quantità che qualità. Sarebbe opportuno che con il censimento degli scarichi ed il programma dei controlli, il Comune adotti un Regolamento per il rilascio delle autorizzazioni allo scarico, e per la gestione di tutte le attività di competenza comunale in merito. 

Il sistema sanzionatorio è basato su vari gradi, si parte dalla diffida, c’è poi la sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato, per arrivare in casi estremi alla revoca dell'autorizzazione. È evidente che tale sistema risulta efficace se possono essere effettuate e documentate le contestazioni anche ripetute ai trasgressori, sulla base di programmi e regolamenti chiari. L’azione della magistratura è necessaria ma quella amministrativa è altrettanto importante e risulta di fatto propedeutica, viene prima. In tema di competenze, comunque, si dovrebbe prendere atto che i 550 comuni della Campania non hanno, spesso, le risorse umane e strumentali necessarie per effettuare i controlli che l’attuale normativa regionale demanda loro. Ed in ogni caso non ha molto senso che lo facciano ognuno organizzandosi per conto suo in 550 modi diversi. 

La maggior parte delle amministrazioni comunali poi, per svariate ragioni, non è propensa – per motivi discutibili - ad organizzarsi per svolgere tali compiti in maniera congiunta ottimizzando le risorse disponibili. È forse giunto il momento di rendersene conto, e di cambiare la legge regionale del 2011 varata dall’amministrazione Caldoro, che toglieva tali competenze alle provincie e le “regalava”, insensatamente a nostro avviso, ai comuni. E’ il caso, invece, di individuare enti/uffici di livello regionale o sub regionale, cui affidare tali controlli, ricordando tuttavia che fin quando non si cambia la legge, la stessa va rispettata, e i controlli devono farli i comuni.