"A me interessava essere un giornalista critico verso la mia professione e, dal punto di vista politico, un militante critico verso la mia stessa area di appartenenza. Il mio punto di riferimento è sempre stato il lettore. Tutto quel che venivo a sapere – intrighi, scontri, episodi poco edificanti – lo scrivevo, pari pari.Pensavo che i giornalisti avessero il dovere di riferire su tutto quello che vedono, ma che il giudizio ultimo fosse dei lettori. È meglio non essere ipocriti e dire chiaramente che dai giornalisti oggi si vuole un lavoro di schieramento e non di testimonianza. Credo che ci vogliano tutti convinti di dover difendere a ogni prezzo questo Stato così com’è. Ma questa non è la nostra funzione, questa è una scelta individuale, soggettiva, non coatta. A questo punto, fra le revolverate dei terroristi che non apprezzano i giornalisti indipendenti e le galere di chi vuole i giornalisti poliziotti per sopperire alle insufficienze dell’apparato repressivo dello Stato non resta che una scelta: disertare. Nel nostro caso [...] lasciare che a scrivere siano gli iscritti ai partiti, i mezzo busto, i commentatori autorizzati con la patente, i reporter stipendiati dai palazzi del Sid e dalle veline dei tribunali".
Carlo Rivolta
Giornalista di "Repubblica" (1949-1982)
Pubblicato da Carlo Rivolta
Lezione di giornalismo
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