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Ultimo aggiornamento il 19/04/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

La necessità di una piattaforma programmatica comune delle città della valle del Sarno si fa stringente e indispensabile alla luce non solo alla luce degli avvenimenti nazionali, ma anche di quelli internazionali. La Brexit e la crisi economica e politica che sta aggredendo la Germania dopo aver quasi destabilizzato la Francia rilanciano un interrogativo, che per me è carico di insidie: reggerà l'Unione Europea? E in che forma? E le economie dei singoli Stati?

Una programmazione territoriale che aggredisca i punti focali delle difficoltà dell'Agro con progetti e opere adeguate ha bisogno di tempi e investimenti consistenti. I problemi sono molti, troppo profondi, strutturali, e nessuna bacchetta magica li risolverà. Nessun uomo della provvidenza cambierà la situazione in tempi rapidi. Programmazione, tempo, investimenti e partecipazione dei cittadini alle scelte e al controllo: questa dovrebbe essere la strada maestra. I fondi europei, nazionali e regionali possono essere l'ultima occasione per disporre di somme cospicue per un tempo ragionevole di 3/5 anni, il tempo di una legislatura che comincerà a metà di quest'anno. Orientare i Fondi 2021/2027 in una direzione o in un’altra sarà decisivo per molte zone della Campania, non solo per noi - penso all'area del giuglianese, smettiamola di chiamarla “Terra dei fuochi” almeno noi - ad alcune zone periferiche di Napoli e così via. Partire ora con ragionamenti, proposte e progetti riempirebbe l'imminente campagna elettorale di significati e sostanza. Eviteremmo di assistere prima al toto candidati e poi alle loro inutili promesse. Inutili perché basate su necessità parziali e non comprensoriali. Il candidato di una città contro quello della città vicina, magari dello stesso schieramento, se non addirittura dello stesso partito. Ognuno cercherà copertura e protezione dal potente di turno e le questioni di fondo del territorio non avranno nessun peso e nessun senso. È già accaduto, evitiamo che accada di nuovo. Gli stessi partiti e movimenti dovrebbero avere interesse a muoversi su questo crinale: forgiare gruppi dirigenti territoriali abituati a confrontarsi con realtà più ampie della propria città e, contemporaneamente, ripristinare una collegialità delle decisioni senza assoggettarsi a sindaci che, una volta eletti, spadroneggiano in lungo e in largo nei confini del pollaio mentre fuori diventano semplici pedine in giochi più grandi di loro in cui spesso soccombono, subendo scelte che addirittura danneggiano i propri cittadini. 

Gli stessi candidati avrebbero tutto l'interesse a proporsi come alfieri di una piattaforma articolata di progetti che riguardano il lavoro, la salute, i trasporti, la riqualificazione urbana. Ricaverebbero prestigio e forza e si caratterizzerebbero come rappresentanti di un territorio, di una comunità e non come uomini di questo o quel signorotto (?). Brillare di luce propria, anche fioca, ti garantisce una durata certa. Vivere di luce riflessa è pericoloso. Basta che una nuvola oscuri la fonte e addio ai suonatori. Riconoscersi in un leader nazionale e in una posizione politica non significa essere uomo di questo o quello. Questa posizione eviterebbe pericoli di commissariamento su questioni più ampie e complesse. Ridarebbe, invece, ruoli e funzioni ai consigli comunali e, quindi, ai rappresentanti eletti senza inutili appesantimenti burocratici e sovrastrutturali, senza inutili doppioni che generano nuova burocrazia e ulteriori rallentamenti. Abbiamo dato vita negli anni scorsi a tecnostrutture che hanno di fatto gestito ingenti risorse esautorando le comunità locali, polverizzando gli investimenti per mantenere equilibri politici funzionali allo status quo. Di fatto tutti coinvolti, maggioranza e minoranza senza distinzione. A ognuno un incarico, una presidenza, a tutti un finanziamento per un'opera, una ristrutturazione, interventi slegati e senza un quadro d'insieme, se non quello scritto sulla carta per giustificare l'investimento. L’opposizione, che avrebbe dovuto esercitare la funzione di controllo, inserita negli stessi organismi apicali dei controllati, la maggioranza, fino a smarrire i confini dell’uno e dell’altro. Progetti che non hanno prodotto nessun cambiamento strutturale: pensiamo agli acquedotti, alle fognature, ai fiumi, alla viabilità, ecc. La tecnica della rendicontazione su fondi europei degli investimenti per opere finanziate con fondi nazionali, cosi ben descritto nell’ottimo articolo di Michele Russo, ha frammentato ancora di più gli interventi. Ma il danno maggiore è stato prodotto con l'estromissione delle burocrazie comunali, tagliate fuori dai nuovi processi tecnici e dalle nuove progettualità dalle tecnostrutture e dagli incarichi esterni depauperando, di fatto, un patrimonio tecnico ed umano.

Le conseguenze nei processi politici li stiamo vedendo nei vari Comuni: la costituzione di maggioranze improbabili e cambi vorticosi di casacca politica con una naturalezza e una leggerezza che sgomentano. I problemi nazionali incidono, come dappertutto, ma sommati a quelli locali, nell’Agro e in altre aree importanti, fanno la differenza in negativo.

Una zona fortemente omogenea come la nostra deve trovare i luoghi ed i modi per coordinarsi e dialogare. I sindaci assumessero questo onere, ma anche grandissimo onore di promuovere queste riunioni fino a costituire un comitato permanente. In politica come in natura è pericoloso lasciare spazi vuoti vengono riempiti immediatamente. Intelligenti pauca….