info@saleincorpo.it
Testata registrata presso il tribunale di Nocera Inferiore n.86 del 13/02/2017.
Direttore responsabile Alfonso Tramontano Guerritore / Editore Carlo Meoli. Questo sito non riceve contributi da enti pubblici. Sostieni Saleincorpo, sito indipendente. Puoi farlo versando un contributo a piacere e su base annua sul c/c bancario IT96G0538776270000000001187 intestato a Carlo Meoli. Causale Sostengo Saleincorpo. Grazie.
Code & Graphic by iLab Solutions
Ultimo aggiornamento il 19/04/2024

Saleincorpo

Un'idea di Carlo Meoli

Raccolgo l'invito dell’amico Carlo Meoli e scrivo di Bettino Craxi a vent’anni dalla morte avvenuta in terra di Tunisia, di fronte a quel Mar Mediterraneo teatro del dirottamento dell’Achille Lauro e del conseguente atto di ribellione alla prepotenza americana nella base missilistica siciliana di Sigonella che lo fanno assurgere, a detta dei suoi ammiratori, a Statista. Statista è colui che antepone gli interessi dello Stato a quelli della propria parte politica (e non cito quelli personali perché il politico non dovrebbe mai pensare a quelli personali). Certo, se paragoniamo Craxi ai politici di oggi ci sembra un gigante. Se lo paragoniamo a un De Gasperi, ma anche a un Aldo Moro, forse un po’ meno. 

Leader di un partito socialista piccolo rispetto alle grandi socialdemocrazie europee del dopoguerra, Craxi seppe abilmente sfruttare lo stallo del sistema proporzionale e sebbene il Psi non superò mai la soglia del 15 per cento, governò stabilmente negli ultimi decenni della Prima Repubblica a livello nazionale assieme alla Democrazia cristiana e alle altre forze minori del cosiddetto pentapartito mentre, a livello locale, non poche furono le esperienze di giunte insieme al Pci.

A metà degli anni '80 i socialisti furono quasi completamente sostituti dai craxiani, la minoranza interna fu sostanzialmente ridotta al silenzio, il decisionismo del capo, che Giampaolo Pansa definì padreternismo, mise i germi di quel populismo che sarebbe esploso nel decennio successivo con il partito azienda di Berlusconi nel quale, non a caso, confluirono pezzi consistenti della nomenclatura e dell’elettorato del vecchio Psi. E fu alla fine degli anni '80 che Craxi commise, a mio giudizio, l’errore fatale per le sorti del nostro Paese. Dopo che per anni si era smarcato dal Pci, sempre troppo timido nel cercare di  convergere verso la famiglia della socialdemocrazia, quando finalmente le condizioni internazionali seguite alla caduta del Muro di Berlino stavano creando i presupposti per fondare anche in Italia un grande e unico partito riformista di stampo europeo, il leader milanese, padrone assoluto del partito, circondatosi di una corte di “nani e ballerine”, preferì rifugiarsi nel  famigerato CAF, l’accordo Craxi- Andreotti- Forlani) e mantenere bloccato il nostro sistema politico.

Perché lo fece? Lo fece perché ritenne che l’Italia non fosse pronta a svoltare così decisamente a sinistra o lo fece perché così poteva garantirsi quel potere di interdizione che gli consentiva di occupare i meandri del governo e soprattutto del sottogoverno italiano? Dall’una o all’altra risposta dipende il giudizio su Bettino Craxi come statista o come ambizioso uomo politico, garante, però, degli interessi di una sola parte, la sua.