Quando ho creato questo blog, che resta un cantiere aperto naturalmente, una cosa mi è stata subito chiara: qui non si fanno sconti, soprattutto quando si parla di giornalisti, categoria alla quale appartengo. Mio padre è un manager della sanità privata. Io, ovviamente, non mi sono mai occupato di questo tema. Il motivo? Semplice, ci sarebbe stato un evidente conflitto di interessi, senza contare il fatto che potrei venire a conoscenza di notizie attraverso un canale familiare. Riferirle sarebbe quantomeno di cattivo gusto.
Ora capisco che bisogna campare e c'è la crisi, ma certe cose vanno dette. Negli ultimi anni abbiamo dovuto assistere a una pericolosa escalation. Parenti, a vario titolo, di esponenti delle forze dell'ordine che spesso scrivono pezzi sulle attività dei congiunti. Ex addetti stampa di squadre di calcio che, dalla mattina alla sera, incominciano a seguire la medesima squadra come cronisti. Denunce che partono da studi legali e arrivano, non si sa come, sempre sulla scrivania dello stesso funzionario di polizia giudiziaria in tribunale. In alcune televisioni private il giornalista spesso è anche procacciatore di pubblicità. Non si capisce, poi, perché, su alcuni organi di informazione si parla sempre delle stesse sagre ignorando le altre. Insomma, un troiaio.
Non voglio arrivare a discorsi limite, tipo quelli di un certo giornalismo anglosassone in base al quale chi fa il mio mestiere non dovrebbe avere in tasca nemmeno la tessera della protezione animali. Ma quando si lavora in un certo modo si perde credibilità. E per un giornalista l'essere al di sopra di ogni sospetto è tutto.
Carlo Meoli
Pubblicato da Carlo Meoli
Giornalisti o papponi?
Pubblicato da Carlo Meoli