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Ultimo aggiornamento il 27/03/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

Sette anni di indagini e un assassino ancora libero. Un sindaco ammazzato con nove colpi di pistola e nessun colpevole. L’omicidio dell’ex sindaco di Pollica Angelo Vassallo potrebbe restare per sempre un caso irrisolto. Lo sanno bene i familiari di Angelo e anche gli inquirenti che hanno indagato in questi anni. Sono state seguite numerose piste: dalla droga alla criminalità organizzata, da quella passionale a quella di un litigio finito male, ma non è stato scoperto nulla di importante, nonostante le verifiche, il prelievo a tappeto del Dna e le intercettazioni che hanno interessato buona parte del paese. L'arma utilizzata per il delitto, una calibro 9 baby Tanfoglio, è stata cercata dappertutto, anche in fondo al mare, ma non è mai stata ritrovata. Resta solo la rabbia di chi credeva nella buona riuscita delle indagini, di chi ha creduto che potesse arrivare la svolta. Ed invece nulla. Solo qualche arresto per droga effettuato in questi anni nel Comune di Pollica, pusher intercettati casualmente durante le indagini sull’omicidio e sbattuti in prima pagina come fossero gli assassini di Angelo. Solo fumo negli occhi per tranquillizzare chi chiedeva di intensificare le indagini e guardare in qualche altra direzione.

 

Sabato scorso oltre cinquecento persone hanno partecipato alla “Marcia per Angelo” organizzata dal fratello per dire no all’archiviazione dell’inchiesta sull’omicidio dell’ex sindaco di Pollica. In testa al corteo il fratello Dario, presidente della fondazione “Angelo Vassallo”, il figlio Antonio e la moglie Angelina. E poi l’ex governatore Antonio Bassolino, l’ex vice presidente della Regione Antonio Valiante con il figlio Simone, il deputato Angelo Tofalo, l’assessore comunale di Napoli Alessandra Clemente, consiglieri regionali e tantissimi sindaci provenienti da tutta Italia. Con questa marcia vogliamo tenere sempre alta l'attenzione nei confronti delle indagini – ha spiegato Dario Vassallo – ma anche smuovere la coscienza di qualcuno che qui ad Acciaroli sa e non parla. Noi dobbiamo costringerlo a parlare. L’omertà ha ammazzato Angelo due volte”. Ma a qualche metro di distanza, dall’altro lato del corteo, il sindaco di Pollica Stefano Pisani tiene a precisare che il suo “non è un Comune omertoso”. “Qui i cittadini – ha voluto chiarire Pisani – hanno sempre collaborato con gli inquirenti. Invece di accusare questa comunità bisogna provare a ricostruire l’accaduto tenendo conto di tutte quelle cose che fino ad ora sono sfuggite o non raccontate”. Pisani è un fiume in piena. “La notte dell’omicidio, a meno di trenta metri dal luogo del delitto – spiega il primo cittadino - c’era un maresciallo dei carabinieri che dormiva all’interno di un’abitazione. Questa persona come può non aver udito nove colpi di pistola sparati senza silenziatore?” si domanda Pisani. “Vorrei conoscere questa persona, guardarla in faccia e chiedergli come ha fatto a non sentire nove colpi di pistola”. Pisani qualche giorno fa si è recato personalmente in Procura. “Ho chiesto ai magistrati di effettuare una simulazione dell’omicidio e verificare da quella abitazione cosa poteva sentirsi. Ripartiamo da li, con l’impegno di sempre e con la speranza di scoprire finalmente l’ assassino”.

 

Al vaglio degli inquirenti in questi anni anche il materiale raccolto dai carabinieri della stazione di Pollica nel corso di una indagine “parallela” coordinata del 2012 dall’allora sostituto procuratore Renato Martuscelli. I carabinieri accertarono che Vassallo, poche settimane prima che venisse assassinato, scoprì che l’allora fidanzato della figlia aveva messo in atto una vera e propria attività di spaccio in una piccola enoteca che gestiva sul porto di Acciaroli. E forse, Vassallo, aveva scoperto anche chi erano i suoi fornitori. Certo è che aveva scoperto l’attività dell’allora genero Francesco Avallone (lasciatosi con la figlia pochi mesi dopo l’omicidio) e aveva avviato autonomamente un’indagine per capire la consistenza dello spaccio ad Acciaroli. Vassallo aveva confidato ad un amico di essersi accorto di “movimenti strani” che avvenivano nell’enoteca e aveva avviato delle indagini chiedendo aiuto a persone insospettabili che non “avrebbero dato nell’occhio”. Lo stesso primo cittadino, allarmato dalla situazione, avvisò i genitori di un ragazzo che acquistava la droga dal genero chiedendogli di “stare con gli occhi aperti”. Insomma Vassallo era riuscito a scoprire un vastissimo giro di droga che interessava l’intero comprensorio. Sugli atti giudiziari spuntano i nomi di numerosi ragazzi della zona ma anche di altri spacciatori, tra cui un noto impresario della zona. Il genero di Vassallo non ha mai dichiarato con esattezza chi erano i suoi fornitori. Sollecitato da conoscenti avrebbe riferito di preferire la galera piuttosto che mettersi contro i suoi fornitori. Da una informativa, appartenente però ad un’altra indagine, lo stesso Avallone (risultato anche amico di Bruno Huberto Damiani, detto "il brasiliano") avrebbe fatto riferimento genericamente al coinvolgimento nell’attività di spaccio di due “sbirri”. Una pagina triste anche per l’Arma dei Carabinieri. Perché negli atti giudiziari in questi anni finì anche il nome del colonnello Fabio Cagnazzo, risultato indagato per diversi mesi insieme al suo attendente, Luigi Molaro, per l’omicidio. Cagnazzo, che aveva avuto una relazione con la figlia di Vassallo, poche ore dopo l'omicidio fece smontare di propria iniziativa una telecamera puntata sul porto di Acciaroli. L'ufficiale motivò il gesto con il timore che il filmato - dal quale sarebbero potuti emergere elementi utili alle indagini - venisse cancellato automaticamente dal sistema. La posizione dei due militari fu archiviata dopo alcuni mesi dal giudice su richiesta della Procura diretta dal procuratore Corrado Lembo.

 

Insomma è ancora tutto da chiarire. Ma dopo sette anni di indagini, l’unica certezza è che c’è un assassino ancora libero. Blitz, intercettazioni, sospetti ed indagini svolte con sistemi all'avanguardia. Centinaia di militari impiegati tra cui i migliori reparti scientifici dell'Arma dei carabinieri. Magistrati e colonnelli promossi. E poi il buio su una comunità che cerca ancora disperatamente giustizia.

 

                                                                                                                                                                                              Vincenzo Rubano