Pignataro è un boss ma non lo conosce nessuno. Anzi. Al giorno d’oggi lo conoscono in pochi. Giusto gli addetti ai lavori. Guardie, magistrati e gente di strada. Sono passati tanti anni dal suo momento di gloria, quando era un killer al soldo di Raffaele Cutolo. Pignataro, dal suo balcone dove è detenuto agli arresti domiciliari, ordina e riceve. La gente va a chiedergli perdono, oppure si scusa. Per questo, per il rispetto e i tempi che passano, con una conseguente “crisi d’identità”, Pignataro dice ai suoi amici di chiedere se lo conoscono. Così magari capiscono con chi hanno a che fare.
Il signor Pignataro nel 2015 è uscito da galera per problemi di salute. Poco prima aveva confessato un delitto irrisolto. «Ho sparato io a Simonetta Lamberti», disse, “risolvendo” l’omicidio della bambina di dodici anni, figlia del magistrato al centro dell’agguato di camorra datato 1981. Una volta rimesso piede a Nocera, recluso in casa sua, ha riallacciato rapporti, fatto incontri, punito e ordinato. Rimettendosi in gioco, diciamo così, con tanto di appelli ai giovani, dopo il suo pentimento. «Cambiate vita», diceva. Poi si è interessato alla politica. Stringendo rapporti con esponenti vecchi e nuovi, come l’ex vicesindaco Antonio Cesarano, l’ex consigliere Carlo Bianco e il candidato Ciro Eboli. Insieme ad altri soggetti poco raccomandabili, l’ex capobastone ha messo gli occhi su un progetto per una casa-famiglia in zona Vescovado, già portato avanti da parroco e curia.
Ad un certo punto, dopo un precedente blitz antimafia eseguito a dicembre 2016, ribattezzato “Un’altra storia”, con arresti a raffica per tre gruppi criminali a partire dalla gang dei fratelli Cuomo, in un’alba di fine agosto l’Antimafia arresta quattro persone. L’inchiesta scopre accordi di scambio politico-mafioso, il controllo dell’attacchinaggio alle ultime elezioni e altri coinvolgimenti in presunte compravendite di voti. Nella rete compaiono Luigi Sarno, sorpreso anche con oltre un etto di cocaina e arrestato, e l’attuale consigliere Nicola Maisto, eletto nella lista civica "Uniti per Torquato", indagato a piede libero per corruzione elettorale.
Tra camorra, voto inquinato, progetti criminali di varia natura, estorsioni e catene di comando più o meno surreali, con ambasciate al balcone e infine la droga, che nulla c’entrava, spuntata da una perquisizione, il quadro è completo. Sembra la trama di un romanzo pulp, invece è un casino. Ed è tutto vero. In attesa di chiarimenti, con la sempreverde ed eterna «Fiducia nella magistratura», i politici di ogni parte sono subito ricomparsi dalle ferie, piombati sul palazzo della capitale dell’Agro come avvoltoi. «Noi l’avevamo detto», «Ora tutti a casa», «Vergogna e scandalo». Se aggiungiamo il rischio scioglimento per il consiglio comunale, con la palla passata alla prefettura, in questa storia non manca nulla.
Solo il lieto fine.