Quando il vescovo Giuseppe Giudice arrivò nell'Agro dal Vallo di Diano c'erano curiosità e scetticismo. In pochi lo conoscevano e il timore di trovarsi di fronte a un religioso che ripetesse l'esperienza soporifera del suo predecessore, monsignor Illiano, era forte. E i primi passi del prelato sembravano confermare questa ipotesi. Poi c'è stata la svolta, forte.
All'inizio fu quella che qualcuno ha definito la "rivoluzione" dei parroci. Iniziarono i trasferimenti di preti che avevano gestito per decenni le parrocchie come se fossero roba loro. Seppe anche rintuzzare le solite proteste di fedeli, spesso manovrati ad arte da chi con il sacro ha ben poco a che spartire. Poteva restare un fatto isolato, ma non è stato così. Ha ricordato che non si possono dimenticare le vittime del terremoto. Ha spiegato come le prime vere lezioni di civiltà arrivano dalla scuola. Si è schierato, senza mezzi termini, a favore della città dell'Agro.
Sull'ambiente ha lanciato il suo anatema contro piromani e inquinatori. Non ha nemmeno risparmiato i protagonisti di quello scandalo che sono i loculi pagati ma mai avuti dai proprietari commissariando una arciconfraternita a Nocera Superiore e, infine, quando si è dovuto schierare sulla questione della Madonna delle Galline lo ha fatto senza mezzi termini. Ha spiegato, il vescovo, che una festa religiosa non può trasformarsi nel trionfo di un paganesimo volgare e camorrista.
Molto altro si potrebbe dire. Noi crediamo che nell'Agro, credenti e non credenti, abbiamo finalmente trovato un punto di riferimento. Sarà poi il tempo, solo quello, a farci capire se ci siamo illusi oppure no.