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Ultimo aggiornamento il 28/04/2024

Saleincorpo

Un'idea di Carlo Meoli

Alcuni giorni fa ha destato molte discussioni un articolo pubblicato dal Fatto e ripreso da Saleincorpo. Si sosteneva che, in base i rilevamenti effettuati da enti regionali ufficiali, l'ospedale di Nocera Inferiore risultava tra i peggiori d'Italia per l'erogazione di alcuni servizi essenziali. Quello che ci ha colpito nelle reazioni, al di là del rispetto delle diverse posizioni, è che siano finiti al centro della polemica dati ufficiali, inattaccabili. E' un andazzo che in questo Paese va avanti da diverso tempo e non solo in campo sanitario. Per questo abbiamo deciso di tornare sull'argomento con un pezzo di Angela Crudele che riteniamo possa fare chiarezza in via definitiva.

 

Negli ultimi giorni all’Ospedale di Nocera Inferiore sono stati di nuovo dedicati gli onori della cronaca: si sono conosciuti i dati forniti dall’ AGENAS, Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, organo tecnico scientifico del SSN, nell’ annuale rapporto PNE , Programma Nazionale Esiti, che, osservando gli esiti  degli interventi sanitari, monitora i risultati di oltre 1400 ospedali pubblici e privati in tutta Italia. 

Secondo tali dati, l’Umberto I è da considerarsi “fra gli 8 peggiori d’Italia”. 

Le virgolette sarebbero obbligatorie in quanto l’ Agenas non parla di classifiche, tanto che giovedì 26 ottobre, nel presentare questi dati che documentano l’arrancare post Covid degli ospedali pubblici e privati accreditati,  ha reso noti  HYPERLINK "https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/10/26/rapporto-agenas-meno-prestazioni-in-tempi-piu-lunghi-la-sanita-non-se-ripresa-dal-covid-rozzano-e-ancona-gli-ospedali-migliori/7335314/" i nomi dei centri che funzionano meglio, ma non certo quelli delle strutture messe peggio; questi nomi sono stati  comunicati successivamente al Ministero della Salute e alle Regioni, nel tentativo di mettere in campo possibili soluzioni ai problemi più gravi; comunque i nomi degli  ospedali con le maggiori criticità sono usciti, e nell’Agro si è registrata un’ ondata di malcontento.

Facciamo un passo indietro: l’Associazione FUTUR 🌻AMA, fin dalla sua nascita, a ridosso della pandemia e quindi già anni fa, proponeva degli obiettivi per il miglioramento della qualità della vita nell‘ Agro: la sanità, la sostenibilità ambientale e la viabilità, la scuola.

Ha organizzato convegni, protocollato proposte alle Autorità locali, (il sindaco, giova ricordarlo, è il responsabile della condizione di salute della popolazione nel suo territorio), ha sensibilizzato l‘opinione pubblica, ma…ahimè, è restata praticamente inascoltata.

Per quanto riguarda la sanità, FUTUR 🌻AMA ha “previsto” che l’Umberto I sarebbe stato messo alle corde da vari fattori: il depotenziamento degli Ospedali di Sarno e Scafati , la debolezza  della  Medicina Territoriale, il fallimento nazionale della pianificazione della formazione del personale sanitario, con la conseguente diminuzione in assoluto del numero di operatori disponibili, aggravata dalla  loro fuga verso il pensionamento o il lavoro all’estero o presso le strutture private che offrono retribuzioni più remunerative e meno stress.

Il personale dell’ospedale nocerino, reso esausto da turni stressanti, comunica spesso alla stampa, alla Direzione Generale ed alla cittadinanza i propri disagi, che si riverberano poi sugli utenti.

 E’ notorio che chi si rechi al PS è sottoposto ad ore di attesa, che si muore in strada a pochi metri da strutture chiuse o rese inutilizzabili, come è avvenuto pochi giorni fa a Scafati, che le code alle Farmacie Ospedaliere sono insostenibili per persone fragili e non solo, etc

E’ una situazione allarmante, certamente resa più grave dalla pandemia e da politiche sanitarie scorrette adottate precedentemente, ma non si è visto negli ultimi anni, da parte dei politici  del nostro territorio, alcun interesse volto ad ascoltare proposte migliorative .

Spiace quindi l’atteggiamento di alcuni amministratori (e dei cittadini che li hanno votati), che si   strappano le vesti, protestando contro l ‘attuale rapporto PNE, replicando l’atteggiamento di chi spezza il termometro che segna la febbre alta per negare il sintomo di una malattia, interpretando una pura rilevazione di dati come un atteggiamento strumentalmente contrario agli operatori sanitari. In tal modo si distrae l’attenzione dai veri problemi, evitando ancora una volta di vederli lucidamente prima e cercare di risolverli poi.

 Ben sappiamo quanto gli operatori sanitari invece siano le prime vittime di una situazione caotica e ormai incancrenita e conosciamo quanti sacrifici debbano compiere ogni giorno per cercare di portare a termine il proprio lavoro.

Ricordiamo che il Direttore dell’Agenas è Domenico Mantoan, ed il Presidente è Enrico Coscioni, (comprendiamo quanto a malincuore egli abbia dovuto constatare questi dati incontrovertibili).

Il direttore Mantoan “richiama il rigore metodologico” del Pne che “garantisce dati sempre più attendibili”: il rigore metodologico è legato al fatto che la valutazione delle strutture sanitarie già dal 2016 si è basata sull’uso di treemap, o mappe ad albero, generate da un computer che permettono di visualizzare delle informazioni, osservando direttamente la gerarchia dei dati e le relazioni tra le variabili, e cioè:

per ogni ospedale si individuano 7 aree critiche: area cardiocircolatoria, area del sistema nervoso, area del sistema respiratorio, area della chirurgia generale, della chirurgia oncologica, della gravidanza e parto, area osteomuscolare.

Vengono usati 195 indicatori, per lo più relativi all’assistenza ospedaliera, altri relativi a quella territoriale, e vengono anche considerati gli accessi impropri al PS.

Ogni ospedale viene rappresentato come un rettangolo suddiviso in tanti rettangoli corrispondenti alle varie aree (qui c’è un primo limite perché’ non è detto che ogni ospedale copra tutte le aree) e la dimensione di questi rettangoli è proporzionale al volume di attivita ’(e qui c’è un altro limite dovuto al fatto che gli ospedali piccoli possono avere numeri piccoli, che si sa sono non tanto significativi statisticamente, ma si presume che questo gap sia colmato da eventuali correttivi);il colore dei rettangoli dipende invece dalla valutazione conseguita: p es. mortalità a 30 gg dopo un infarto o un ictus ischemico, numero di parti cesarei, o complicanze dopo parto naturale, quindi numeri incontrovertibili .

Certamente si possono sollevare obiezioni tecniche nei confronti delle treemap; in ogni caso esse forniscono dati non soggettivi, che si accoppiano  poi   a quelli soggettivi , riscontrabili ,come si è detto, dai medesimi pazienti.

Gli 8 ospedali “incriminati” sono tutti pubblici e tre si trovano in Campania: Umberto I di Nocera Inferiore, Luigi Curto di Polla e Immacolata di Sapri; due in Sicilia: Vittorio Emanuele di Gela e V. Cervello di Palermo; uno nel Lazio: San Giovanni Evangelista di Tivoli; uno in Liguria: Stabilimento Ospedaliero di Sanremo; uno in Piemonte: Ss. Pietro e Paolo di Borgosesia. Sono situazioni molto diverse fra loro, nelle quali naturalmente ci sono medici e infermieri che fanno il loro dovere e anche di più. Ma il monitoraggio di Agenas ha rilevato almeno cinque volte “standard di qualità molto bassi” tra i numerosi indicatori presi in esame .A Nocera Inferiore muoiono troppi pazienti rispetto all’atteso a 30 giorni da : scompensi cardiaci, ictus o interventi al colon, mentre sugli infarti va meglio; si registra un eccesso di parti cesarei; se un anziano si rompe un femore è improbabile che sia operato nelle 48 ore indicate dai protocolli, mentre chi si opera di protesi d’anca ha un rischio consistente di tornare in ospedale nelle 4 settimane successive. A Polla vanno meglio sulla cardiologia, il femore e i cesarei, peggio sulla gestione dei (pochi) interventi alla colecisti. Come a Sapri, dove invece c’è un’alta mortalità dopo ricoveri per infarto acuto e interventi al colon e sul versante protesi/femore gli indicatori sono tutti negativi. 

Diamo poi alcuni dati, riferibili a tutta Italia, per conoscere la situazione dopo il covid: c’è stato un aumento delle attività con un aumento dei ricoveri, e quindi si vede la ripresa, anche se non si è arrivati ai livelli pre-pandemia: hanno raggiunto un livello alto di qualità l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, e l’Azienda Ospedaliera Universitaria delle Marche.

Ci sono alcune aree cruciali, sia nel pubblico che nel privato, come appunto quella cardiovascolare che in Italia fa 230-250 morti su 700 mila e, tranne che in Toscana,  diminuiscono le prestazioni mentre si allungano i tempi, come ci dicono le liste d’attesa interminabili del Servizio sanitario nazionale:  la struttura con un livello di qualità alta è l’Azienda S. Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno, la  migliore l’Aou Careggi di Firenze.

I tempi di attesa si allungano anche per le chirurgie: i centri più validi risultano essere l’ospedale di Mestre, l’Azienda Ospedale Università di Padova, l’Umberto I-Lancisi di Ancona e il Gemelli (Roma).

Quanto all’area perinatale, aumentano i punti nascita sotto soglia (e quindi destinati alla chiusura) e soprattutto, in tema di parti cesarei, “si è registrata una battuta d’arresto nel trend di decrescita, con una percentuale in leggera risalita (23%), ai livelli del 2017”. Peraltro, aggiunge Agenas, “la gran parte delle regioni del Sud ha fatto registrare nel 2022 valori mediani di taglio cesareo superiori al dato nazionale”, con strutture che superano il 40% in Campania, Sicilia, Lombardia, Puglia e Lazio .La Regione che presenta la proporzione più alta di strutture con livello di qualità molto alto è l’Emilia-Romagna , in 9 Regioni, nessuna struttura raggiunge un livello di qualità molto alto: Valle d’Aosta, Liguria, Lazio, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna.

C’è poi l’area muscolo-scheletrica e Agenas rileva, per gli interventi di protesi d’anca un miglioramento della tempestività (entro 48 ore) degli interventi per frattura del femore negli over 65, che però resta sotto il 60% in gran parte delle strutture, con punte negative al 10%, e mediamente favorisce le donne rispetto agli uomini (51% di interventi tempestivi contro il 46%). Il Pne registra poi un aumento della percentuale degli interventi di protesi del ginocchio e di protesi della spalla eseguiti da privati convenzionati.

Dice il presidente di Agenas Enrico Coscioni: “Per le attività programmate, il gap sui livelli prepandemici si è ridotto da -25% nel 2020 a -16% nel 2021, fino a -9% nel 2022”, 

Non sembra, tuttavia, che alle criticità evidenziate da Agenas corrispondano risorse e politiche adeguate da parte del governo e di gran parte delle Regioni. Alla presentazione del rapporto Giovanni Migliore, presidente della Fiaso che è la Federazione delle aziende ospedaliere pubbliche e private, ha sottolineato che “occorre sostituire il tetto di spesa sul personale, fermo al 2004, con strumenti che consentano effettivamente al management di valorizzare la qualità dei professionisti”. Contro il tetto di spesa sono schierati anche i sindacati, per quanto poi la qualità delle cure sia “evidentemente anche una questione di management”, come ha ricordato Mantoan.

Ci si deve porre in ogni caso il tema di una serie di ospedali del nostro Paese, tra cui quelli del nostro territorio, dove la qualità delle cure è molto bassa. Quindi vanno fatte politiche di accompagnamento, di audit, di verifiche”, dice Mantoan. Ad ogni modo le differenze regionali aumentano così come quelle all’interno della stessa ASL. Rileva Agenas: fa paura solo pensare a cosa accadrà con l’autonomia differenziata. 

Anche su questo terreno FUTUR 🌻AMA è schierata senza se e senza ma. Basta ricordare i convegni, uno ormai mitico con il senatore Massimo Villone, la raccolta firme, la partecipazione a tutte le iniziative che si muovono in questo senso, ecc.  L’impegno non conosce pause.

 

* I dati riportati nell’articolo sono reperibili sul sito quotidianosanità.it e sui quotidiani il sole 24 ore ed il fatto quotidiano