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Ultimo aggiornamento il 01/05/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

Igiovani medici non vogliono più lavorare negli ospedali pubblici. Così, una volta conseguita la laurea, scappano da tutte le scuole di specializzazione in branche come la medicina di emergenza-urgenza, anestesia-rianimazione, anatomia patologica, patologia clinica, microbiologia. Meglio le specialità – come dermatologia, endocrinologia, cardiologia, chirurgia plastica, pediatria – che aprono buone prospettive per la libera professione o per l’inserimento in una struttura privata. Una débâcle per la sanità pubblica, come dimostrano le immatricolazioni alle scuole di specializzazione. Del totale dei posti messi a bando per il 2023 – 16.165, tra contratti statali, regionali o di altro tipo – ben 6.125 sono rimasti vuoti. Il 38%. Con il crollo di medicina di emergenza-urgenza (Pronto soccorso), per la quale il 76% dei contratti non sono stati assegnati, di microbiologia e virologia (89% a vuoto), farmacologia e tossicologia clinica (88%), radioterapia (87%).

In caduta libera anche patologia clinica e anatomia patologica, specializzazione fondamentale, quest’ultima, per diagnosticare i tumori. “Di fronte al disinvestimento complessivo sulla sanità pubblica i giovani laureati propendono per le specialità che consentono di svolgere l’attività privatamente – dice Giammaria Liuzzi, segretario del sindacato dei medici Anaao Giovani –. Spendiamo milioni di euro per i gettonisti, che possono arrivare a una retribuzione di 700 euro al giorno contro i 1.300 netti al mese di uno specializzando, quando basterebbe riformare il sistema della formazione allineandoci al resto dell’Europa con i contratti di formazione-lavoro con i quali a una responsabilizzazione crescente corrisponde una retribuzione crescente”. Di fronte alla grave crisi della sanità pubblica, che sembra non offrire più prospettive, meglio (dunque) il privato. Anche se va detto che nemmeno nelle branche più richieste quest’anno sono stati assegnati tutti i contratti banditi. Nessuna scuola può vantare il 100% dei posti occupati. Anche specializzazioni come quelle in chirurgia plastica e ricostruttiva o in pediatria (maggiormente richieste) segnano, rispettivamente, un 6% e un 4% di mancate immatricolazioni. “L’attuale sistema sta fallendo – osserva Liuzzi –. Serve in tempi rapidi un tavolo interministeriale per contrastare carenze che si ripercuotono sulla qualità del servizio sanitario nazionale”.