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Ultimo aggiornamento il 28/03/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

Immaginiamo un territorio in cui la criminalità attacca le forze dell’ordine. Brucia loro gli automezzi. Si introduce di notte nelle caserme per vandalizzare. Sui muri della città le scritte ricordano a tutti che la mafia regna. Un luogo in cui lo Stato per demolire un ristorante abusivo colpito da interdittiva antimafia deve chiamare l’Esercito perché nessuno lo vuole fare. Un luogo in cui gli atti intimidatori sono continui, verso tutti.

Questo luogo di paura è in Italia. In Puglia. Nel Gargano.

Avevo già scritto della mia “missione” nel Gargano. Da due anni sono amministratore unico dell’azienda pubblica di gestione rifiuti dei comuni di Manfredonia e Vieste. Venni chiamato nell’ambito dello scioglimento per infiltrazione della criminalità organizzata del Comune di Manfredonia. Ne ho parlato qui e qui. Ho poi raccontato dell’aria che si respira nel Gargano. Dei continui attentati e di come la malavita si accanisca sul settore della raccolta rifiuti. Nel porto di Manfredonia c’è un benvenuto inquietante, qualcuno ci ricorda con una scritta che tra i pescherecci, “regna la mafia” [foto in evidenza scattata il 13/12/22, nda]. La criminalità organizzata nel Gargano si sente. Non solo sui muri, ma nelle coscienze. Il porto e la sua imponente flotta di pescherecci sono da sempre terra di conquista delle famiglie mafiose come emerso nell’inchiesta “Omnia nostra”.

Pochi giorni fa ero in ufficio e apro i giornali locali. Dal quotidiano l’Attacco e dalla pagina foggiana della Gazzetta del Mezzogiorno, ci raccontano di un episodio incredibile. Un atto di intimidazione nientemeno che contro i Carabinieri. Dopo l’auto personale incendiata ad un poliziotto a San Giovanni Rotondo il 24 novembre, la sera dell’11 dicembre, le fiamme, probabilmente di natura dolosa, sono divampate all’interno della sede dei Carabinieri per la tutela forestale di Peschici. Due automezzi distrutti. Grazie al tempestivo intervento dei Vigili del fuoco i danni non sono stati maggiori. Non basta. Passeggiavo sul lungomare di Manfredonia, e vedo un imponente spiegamento di Forze dell’Ordine ed Esercito intorno ad un ristorante costruito sugli scogli davanti al mare. In mezzo a tutto questo una grossa autogru verde dell’esercito. Per un turista la scena poteva sembrare surreale, ma per chi conosce la cronaca locale quell’operazione ha un significato profondo: lo Stato che demolisce un’opera abusiva appartenente ad un clan della cosiddetta mafia garganica e permette alla cittadinanza di riappropriarsi di un litorale meraviglioso.

Tornando a casa, mi stupisco che queste notizie non siano su tutti i giornali e telegiornali: non dobbiamo lasciare il contrasto della malavita solo ai poliziotti e magistrati. Occorre che se ne parli e che si mandino anche risorse umane ed intellettuali. Non a caso quei luoghi funestati dalla mafia sono anche gli ultimi nelle graduatorie nazionali in termini di qualità della vita, istruzione e ricchezza. Questo è un punto in comune con una altra esperienza analoga che ho avuto a Reggio Calabria. La sensazione è che il territorio e la Comunità siano lasciate sole, e mi ritornano in mente le parole di un sociologo che mi disse all’inizio del mandato nell’azienda dei rifiuti locale: “Guardi Rossi, da queste parti può accadere di tutto, sono votati al martirio”.

Purtroppo la ricchezza, l’istruzione scappano dai focolai mafiosi per cui alla politica non rimane che discutere di mercatini, luminarie tralasciando ogni visione strategica, perché si son rubati il futuro.