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Ultimo aggiornamento il 18/04/2024

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In tempi di lockdown e prima delle elezioni, nel 2020, il presidente della Regione della Campania, Vincenzo De Luca, annuncia che aumenterà le pensioni minime con soldi europei. Solo che il regolamento che disciplina l’utilizzo dei fondi Fse e Fesr non prevede disposizioni che consentono di utilizzare queste risorse per aumentare le pensioni. E così la Regione finisce al centro di un’indagine dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf) “a seguito di uno scambio di informazioni con la Corte dei Conti italiana”. Successivamente all’avvio dell’indagine, la Regione annuncia un cambio di rotta e specifica che quella misura sarebbe stata finanziata con fondi nazionali. È lecito dunque chiedersi, trattandosi di fondi pubblici, chi sarà a pagare per l’aumento di quelle pensioni. Una controversa vicenda su cui lo stesso Ufficio europeo per la lotta antifrode mantiene il riserbo, non svelando nel report neppure il nome della Regione in questione. Ma non è difficile individuarla, visto che solo la Campania, tra le regioni italiane, ha adottato questa procedura. Ilfattoquotidiano.it ha chiesto informazioni alla Corte dei Conti, la cui procura regionale non ha confermato né smentito la notizia. Secondo quanto risulta al nostro sito, tuttavia, sulla vicenda i giudici contabili hanno aperto un’indagine, tuttora in fase istruttoria. Con ordine.

L’indagine dell’Olaf – Nel suo report, l’Ufficio europeo antifrode segnala che la Regione ha stanziato all’incirca 331 milioni e 67mila euro tra Fondo sociale europeo (Fse) e Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr). La misura che, fa notare l’Olaf, è arrivata qualche mese prima delle elezioni regionali doveva durare due mesi e “consisteva in un sostegno economico ai beneficiari di pensioni e assegni sociali e pensioni di vecchiaia inferiori a mille euro al mese”. In effetti, ad aprile 2020, il governatore della Campania Vincenzo De Luca ha prima annunciato il piano anti-crisi della Regione Campania per 604 milioni di euro per poi, dopo qualche giorno, dichiarare di averlo portato a 900 milioni di euro, con un incremento esattamente di 331 milioni e 67.557 euro, per consentire l’aumento di tutte le pensioni al minimo e gli assegni sociali per i mesi di maggio e giugno 2020. “In particolare – spiegava in quei giorni De Luca – riceveranno il complemento a mille euro, 170.317 pensionati titolari di assegni sociali, pensioni sociali e pensioni di vecchiaia integrate al minimo”. Sono stati i giorni dei bonus a pioggia e della campagna mediatica anti-Covid, con l’immagine di un presidente-sceriffo che per tutto il lockdown, dal solito appuntamento del venerdì a Lira Tv, ha puntato sulla tolleranza zero a suon di battute sul lanciafiamme contro le feste di laurea e sul quel senso di protezione di cui molti avevano bisogno (“chiudo tutto”). I giorni, insomma, che avrebbero portato De Luca, prima dell’estate, a rispondere senza indugi a una domanda sulle elezioni di settembre: “Sono stracandidato, a Dio piacendo”. E poi a vincere la competizione elettorale.

L’intoppo – Solo che il regolamento che disciplina l’utilizzo dei fondi Fse e Fesr non prevede disposizioni che permettano l’utilizzo di queste risorse per aumentare le pensioni. E che c’era qualcosa che non andasse se ne sono accorti, per primi, all’Inps. La misura annunciata, tra l’altro, interessava i beneficiari di pensione minima a prescindere da altre fonti di reddito. Insomma, una misura non in linea con la prassi della Commissione Ue. Così è partita l’indagine e, in una lettera inviata proprio all’Olaf, la stessa Regione “ha spiegato che lo schema era stato modificato più volte – si legge nel report – e che l’importo destinato ai pensionati a basso reddito era stato ridotto a 142 milioni di euro”. L’ente ha inoltre precisato che non intendeva più finanziare l’iniziativa né con fondi Fse, né con fondi Fesr, ma utilizzando fondi nazionali. Eppure, ha fatto notare notare l’Olaf, fin quando l’indagine dell’Ufficio europeo è andata avanti (dunque fino alla fine del 2021, ndr) di questa riprogrammazione non c’era traccia. E le risorse indicate sul sito istituzionale erano ancora quelle dei fondi europei. I controlli dell’Olaf, infatti, hanno rilevato “che l’avviso originale di promozione del regime era rimasto attivo sul sito ufficiale della Regione, indicando non solo che il sostegno al reddito dei pensionati era finanziato da Fse e Fesr” ma anche la somma originaria di circa 330 milioni di euro.

I rischi segnalati – Da qui la segnalazione dell’Olaf su un “rischio elevato che gli importi pagati ai beneficiari potessero provenire dai due fondi europei” e la raccomandazione finanziaria inviata alla Direzione generale Occupazione, Sociale Affari e Inclusione della Commissione Europea perché adottasse “tutte le misure appropriate per evitare che l’importo venisse speso indebitamente”. Il cambio di rotta, secondo quanto ricostruito dall’Olaf, sarebbe avvenuto solo a indagine chiusa. E, anche questo, porterebbe alla Regione Campania. Sul sito dell’ente, infatti, è stata pubblicata una nota nella quale si legge che la Regione Campania ha deliberato la riprogrammazione di quelle risorse: “Il cosiddetto ‘Bonus Pensioni’ previsto nell’ambito degli interventi a sostegno di persone in stato di difficoltà non è più finanziato a valere sulle risorse del Por Campania Fse 2014/2020”. Ma se pare scongiurato il rischio di un utilizzo non legittimo di risorse europee, resta un nodo tutto italiano da sciogliere. Chi paga l’aumento delle pensioni dei cittadini campani annunciato da De Luca a pochi mesi dalle elezioni?