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Ultimo aggiornamento il 28/03/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

Così come quella di Napoli, anche la Provincia di Salerno - seppur in forma differente - ha dovuto fare i conti con tracce, elementi e profili di soggetti sospettati di essere vicini o di agire per conto di organizzazioni terroristiche. Fare una mappa è complicato come comporre una casistica che spieghi la presenza nel comprensorio di persone impegnate a muoversi per conto dello Stato Islamico o Daesh (la più nota tra le organizzazioni di natura fondamentalista). Premesso che l'Italia non è fuori dal mirino di potenziali attacchi, si può certamente affermare, sulla base dell'esistenza di diverse indagini, che anche la nostra provincia funga da terra di passaggio per queste organizzazioni. La chiave di lettura è rappresentata dai flussi migratori dal Medio Oriente, in particolare dalla vicina Libia. L’ex regno di Gheddafi registra ancora la presenza forte dello Stato Islamico, seppur rispetto al passato la presenza delle bandiere nere sia stata spezzata dalle bombe americane e dall'azione congiunta di eserciti e tribù locali. Nell'agosto 2016 il ministro della giustizia Andrea Orlando svela in un'audizione al Parlamento l'esistenza di una maxi indagine con l'ipotesi che uomini vicini allo Stato Islamico svolgano ruoli di controllo e indirizzo nella gestione dei flussi migratori verso l'Italia. Quegli "uomini" sono gli scafisti, abilmente mimetizzati tra gli stessi migranti, dirigendo e coordinando il viaggio di centinaia di profughi verso altre terre. Chi scappa dalla guerra è obbligato ad affrontare un mix fatto di violenza e richieste spropositate di denaro, pur di raggiungere la propria destinazione. Che potenziali attentatori si nascondano tra i migranti è cosa nota, mentre sono solo alcuni i casi di chi sfrutta le rotte di viaggio per l'Europa (due delle persone coinvolte negli attentati di Bruxelles e Parigi erano nei registri dei migranti della città greca di Leros, oltre che di Serbia e Croazia). La lunga premessa è necessaria per spiegare perché proprio ad agosto, il Comitato per la Sicurezza Portuale annunci l’innalzamento del livello di sicurezza nel porto di Salerno da 1 a 2. La decisione conferma quanto già riscontrato in passato, grazie a controlli scrupolosi durante gli sbarchi di grossi flussi di migranti: la scoperta di scafisti e soggetti coinvolti nel traffico di persone su suolo italico.  Capoluogo compreso.

 

Il ragazzo dalla "Libia" scomparso e l'Isis "nei cellulari"

Il 6 agosto 2014 la polizia arresta per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina sei africani giunti insieme a 1400 migranti sulla nave San Giusto, che attracca a Salerno. Sono scafisti e vengono riconosciuti da alcune persone che si trovavano in viaggio con loro (la dinamica è la stessa delle vittime di camorra, con le indagini che si sviluppano tra la paura e il coraggio delle vittime a dare un contributo all'identificazione di criminali mascherati da disperati). Passano due anni, quando alla fine del 2016 due pakistani finiscono in manette. Sono ritenuti i traghettatori di centinaia di migranti giunti a Salerno, attraverso la fregata spagnola "Reina Sofia". Con loro non hanno solo carte di credito e denaro in contanti, ma anche dei cellulari. Sui dispositivi vengono trovate tracce che per la procura testimoniano la "simpatia per posizioni islamiche estremiste". C’è cautela e un’indagine tutt’ora in corso. La loro base sarebbe stata proprio la Libia, da dove coordinavano i viaggi verso l’Italia. Resterà invece un mistero il caso di un ragazzo di 24 anni, nato in Sudan, arrestato a Castel San Giorgio due estati fa. Fermato per un tentativo di furto, i carabinieri in tasca gli trovarono 24 foto tessere di soggetti di nazionalità araba e due schede SD. Il caso passò all'Antiterrorismo, che analizzò memorie e foto, che suggerivano essere pronte per contraffare documenti d'identità. Al giudice il giovane racconterà di essere venuto dalla Libia, dopo aver pagato una grossa somma di denaro ad un suo connazionale. Nelle memorie delle sim i carabinieri intanto avevano trovato foto che ritraevano armi di vario tipo. Il giovane non seppe dare alcuna spiegazione, congedandosi dal suo avvocato dopo una condanna di 3 anni, ridotta ad 1 anno in Appello. Una circostanza strana, pari a quella di un nigeriano che, medicato all’ospedale di Sarno, riferì di essere stato ferito durante una rapina. Anche lui disse di provenire dalla Libia. 

 

L’Agro Nocerino e i “pass” per iracheni e siriani

La chiave per muoversi liberamente è il passaporto o documento d’identità. Qualcosa che accerti la tua esistenza. E vale per tutti: da chi scappa dalla guerra, a chi cerca un parente lontano e a chi, inevitabilmente, è legato a cellule estremiste. Il tunisino Anis Amri, il killer della strage dei mercatini di Natale ucciso dalla nostra polizia in provincia di Milano, aveva un permesso di soggiorno italiano falso. Lo ottenne da una questura siciliana. Un anno fa, Napoli fu inquadrata come il più grande centro di contraffazione di documenti falsi destinati a terroristi o migranti (da un'indagine venne fuori che a gestire tutto fosse un clan di camorra). La nostra provincia, in tal senso, non è rimasta estranea a queste dinamiche. Siamo nell'Agro Nocerino, a Nocera Inferiore, quando la sera del 26 maggio 2016 un gruppo di sconosciuti entra nella sede del Comune di via Libroia, portando via quasi 600 carte d'identità, tra versioni elettroniche e in bianco. Un anno dopo, fu provato che tutto quel materiale era stato sfruttato da cittadini siriani (due donne), iracheni e iraniani, arrestati tra Bari, Fiumicino e Como. Ognuno diretto fuori dall’Italia. Chi vi fosse dietro quel furto resta un mistero, ma che il tutto fosse collegato a far circolare liberamente quelle persone è ora cosa certa.

 

Lo Stato Islamico a casa nostra

E’ ancora la contraffazione l’aspetto che connota l'episodio che, forse più di tutti, sconvolge il nostro circondario. Il 26 marzo 2016, a Bellizzi, viene arrestato Ouali Eddine, algerino su cui pendeva un mandato d’arresto europeo. L'accusa che gli viene mossa (frutto di un incrocio di dati tra polizia belga e italiana) è aver fatto parte di un'organizzazione impegnata nella contraffazione di documenti, alcuni dei quali utilizzati da tre dei killer delle stragi di Parigi. La rete della quale avrebbe fatto parte aveva sede a Bruxelles: carte d'identità e passaporti, sarebbero state utilizzate da tre attentatori dello Stato Islamico coinvolti nella carneficina di Parigi: tra questi, Salah Abdeslam, l'unico arrestato vivo dall'Antiterrorismo. L'algerino sarà poi estradato in Belgio, ma è con il suo arresto che si comincia ad indagare su eventuali reti o appoggi che avrebbero potuto proteggere o giustificare la sua presenza in un comune come quello di Bellizzi. Le attenzioni si spostano sulle comunità musulmane della nostra provincia, come quella della Piana del Sele e dell'Agro Nocerino. Un ulteriore episodio di "appoggio" è circoscritto a tre giorni dopo i fatti di Parigi, che i Ros ricostruiscono da un blitz ad Angri prima di Natale, quando perquisiscono casa di un marocchino, un operaio incensurato, accusato di aver fornito aiuto logistico e passaporti a due suoi connazionali provenienti dal Belgio. Secondo recenti statistiche, proprio il Belgio è uno degli stati dove si concentra il numero più alto di potenziali jihadisti. Anche stavolta, l’indagine lascerà dietro di se tanto mistero e molte domande. E così come per Bellizzi, le indagini non tralasciarono la pista di presunti appoggi o di una rete di supporto interna alle piccole comunità musulmane del circondario. L’esempio di tanta attenzione sarà rappresentato dalla manifestazione fatta dalla comunità islamica a Sarno, per allontanare la oramai scontata etichetta “musulmano uguale terrorista”. In quell'occasione, si registrerà la presenza di un poliziotto per ogni musulmano impegnato a manifestare.