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Ultimo aggiornamento il 18/04/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

La camorra a Salerno non esiste più. Lo dicono le sentenze, che restano a guardare, a distanza di tempo, lo sviluppo di indagini sovente non all’altezza del quadro giuridico che regola l’associazione a delinquere di stampo mafioso. Le Procure avanzano a colpi di misure cautelari, ma i tribunali non confermano le ipotesi, lasciando in sospeso le ricostruzioni su organigrammi, strutture e potenza criminale ipotizzate dagli uffici distrettuali. L’iter si complica nel caso in cui siano coinvolti dei politici, usciti dai processi più o meno forti di prima. Ma quasi sempre esclusi da responsabilità, rispetto alle accuse di voto di scambio, in particolare, o alle aggravanti mafiose. All’interno di un panorama desolante, dal punto di vista della collaborazione dei cittadini, delle possibilità di lavoro, della presenza della politica e dello stato, resiste il sistema malavitoso basato su traffici illeciti, usura, riciclaggio, ottenimento di appalti e truffe, con un infinito sciame di reati minori contro il patrimonio a farla da padrone. Sono tutti reati “semplici”, che di rado i Tribunali del comprensorio qualificano come “mafiosi”. Le ultime pronunce contro i clan risalgono a troppi anni fa, a fronte del prosieguo delle egemonie dei gruppi armati organizzati, in grado di affacciarsi su fondi e beni pubblici e privati. In parole povere, i camorristi e i loro eredi e fiancheggiatori, fuori dall’organizzazione tradizionale, esistono e fanno affari più o meno sporchi, così come continuano pressioni, intimidazioni ed episodi criminali più gravi come gli omicidi.  In questo senso, la camorra sul territorio non esiste, seguita a troppa distanza da una legge vetusta, inadeguata almeno quanto gli strumenti investigativi.

Tale lezione è chiara dalla lettura della relazione sull’amministrazione della giustizia nel territorio del distretto della Corte d’Appello di Salerno, datata gennaio 2017, dove i riferimenti sono tutti a clan “dormienti”, decimati dai blitz, legati a nomi vecchi, difficili da rintracciare nelle cronache recenti. Salvo rispuntare a cose fatte, con affari radicati, filiere economiche illecite e connivenze già ampiamente sfruttate dagli interessati. Senza contare i veri e propri errori giudiziari, con azioni annunciate a suon di sirene e sgonfiate con pena e travaglio per gli in-colpevoli coinvolti. L’elenco delle ultime operazioni Antimafia parte dal blitz “Sistema” a Battipaglia, nel maggio 2015, col coinvolgimento del politico Orlando Pastina, arrivando all’operazione contro il clan Ridosso-Loreto a Scafati, che ha travolto l’amministrazione del sindaco Pasquale Aliberti innescando lo scioglimento del consiglio comunale, fino al caso di Antonio Anastasio, consigliere comunale di Pontecagnano-Faiano, accusato di violenza privata e attentato contro i diritti politici del cittadino con le modalità tipiche delle associazioni mafiose, coinvolto nel blitz “Perseo”, in contatto con esponenti del clan camorristico Pecoraro-Renna. A Pagani tutto tace, con i fratelli Antonio e Michele Petrosino D’auria reclusi al 41 bis, ritenuti capi del gruppo della Lamia, senza una sentenza che ne accerti lo status camorristico, con l’ultimo omicidio Aziz-Cascetta arrivato all’appello-bis con un clamoroso nulla di fatto che ha assolto tre imputati dopo tre ergastoli e tre processi. Pagani resta la città commissariata per camorra, con l’esclusione delle accuse di connivenze nel processo "Linea d'ombra" per l’attuale consigliere regionale Alberico Gambino, già sindaco-monarca della città, di fatto condannato in secondo grado per concussione e violenza privata al termine di un processo-flop, chiuso con una raffica di assoluzioni in attesa della Cassazione. Lui è ancora alla sbarra, per un solo episodio, in concorso col clan Fezza-Petrosino, nel dibattimento “Criniera”. Ancora da scrivere a Sarno la vicenda dei rapporti pericolosi tra gli eredi del clan Serino, coinvolti con l’ex candidato sindaco e consigliere provinciale Franco Annunziata nell’inchiesta “Poker”: il processo di primo grado è appena iniziato. Sono tutti procedimenti in itinere, senza una sola pronuncia definitiva.

Il cuore di questo ragionamento riguarda per attualità la città di Nocera Inferiore, dove è stato necessario assistere a due mesi di duelli da far west, con ronde armate di pregiudicati noti e legati allo spaccio di strada, con agguati eseguiti fino in centro nelle ore di punta, per richiamare l’attenzione delle istituzioni con il maxiblitz "Un'altra storia" del dicembre scorso. La morale della storia, nella città capofila dell’Agro, regina della nuova movida, è che il gruppo del presunto boss Michele Cuomo, per tutti «Quello che comanda a Nocera, che se non lo sa lui non si muove niente» è che bisogna sfiorare il morto per fermarsi a riflettere e poi ravvisare che no, non si tratta di camorra. Il Riesame dice che ci stavano provando: nella città dove l’ultimo morto ammazzato con modalità simil-camorristiche è Guido Garzillo, la cui inchiesta si è arenata tra false piste e silenzi di tomba dal settembre 2013. La conta recente dei delitti riporta gli omicidi Procida-Rinaldi del maggio 2015 a Fratte-Salerno città, dei pregiudicati  Aldo Autuori nell’estate 2015 e di Massimiliano Nastri nell’ottobre 2015, entrambi a Pontecagnano, entrambi insoluti. Nello stesso periodo, a Scafati, era stato ucciso da ignoti per fatti di stupefacenti Armando Faucitano. In assenza di un adeguato contrasto sul campo e nelle aule di giustizia, senza una parallela evoluzione dei codici rispetto ai nuovi interessi e ai vecchi modus, la battaglia contro le mafie è una battaglia persa, condannata a rincorrere l’invisibile.

 

«La camorra non è nei convegni. Né nelle associazioni. E’ negli uffici dove salgono certi personaggi, negli appalti, nel sangue dei morti senza colpevoli. Nella testa china di chi riconosce il comando della violenza. In chi non vuole sentire, e si sveglia di fronte ai cadaveri. Mentre fischiano gli spari fuori al bar, alle sette di sera»