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Ultimo aggiornamento il 18/04/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

Sulle storie di Saman e Seid pubblichiamo un'analisi di Antonio Padellaro.

 

Il modo più bello, e più giusto, per conservare nei nostri cuori il sorriso del ragazzo Seid e lo sguardo della ragazza Saman sarebbe quello di abbassare la voce quando parliamo di loro. Perché sarebbe davvero orribile se intorno a quelle giovanissime vite recise s’ingaggiasse il solito scontro destra-sinistra. Quello tra i no al razzismo bellicosamente schierati contro i no all’integrazione: un lugubre derby che, purtroppo, già emerge limaccioso dai bassifondi del dibattito pubblico. Seid Visin è il ventenne di origine etiope adottato da bambino da una coppia di Nocera Inferiore, calciatore promettente nelle giovanili di Milan e Benevento, che si è improvvisamente tolto la vita. Per colpa del razzismo s’indigna la sinistra indicando le parole della sua lettera: “Ovunque io vada, ovunque io sia, ovunque mi trovi sento sulle mie spalle, come un macigno, il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone”.

Ma subito, a destra, ecco che cominciano a gridare sciacalli, citando il papà di Seid, che ha detto: “Il razzismo non c’entra, basta speculare sul dolore di nostro figlio”. Saman Abbas è la 18enne pachistana di Novellara, scomparsa dal primo maggio, ma che secondo gli inquirenti sarebbe stata strangolata dallo zio perché rifiutava il matrimonio combinato imposto dalla famiglia. Anche nel suo caso, sullo sgomento che lascia ammutoliti, già cresce la voglia di strillarsi qualcosa contro, accompagnato dal solito reciproco lancio di pietre. A destra, si coglie l’occasione per ribaltare l’assurdo delitto sulla sinistra cosiddetta buonista, che straparla di accoglienza incapace però di muovere un dito contro l’islamismo tribale che perpetua e impone con i suoi riti sanguinari la sottomissione femminile, e lo fa guarda un po’ proprio nel cuore dell’Emilia rossa. Mentre a sinistra si stenta a trovare le risposte più adatte come se anche girare la testa dall’altra parte facesse parte del codice auto-imposto del politicamente corretto. Vorremmo tanto che le vite maledettamente brevi dei ragazzi Samam e Seid ci sottraessero, almeno per un po’, all’uso e all’abuso politicante delle tragedie altrui. Che è poi l’altra faccia della violenza.