Editoriali/685
Devo confessare che per me Paolo Borrometi era, fino a qualche settimana fa, poco più di un nome. Sapevo che era un giornalista minacciato dalla mafia, da anni sotto scorta. Poi il Corsera ha fatto una operazione meritoria. Per le edizioni Solferino ha pubblicato un suo libro, "Un morto ogni tanto". E' un po' il sunto della sua vita, sotto tanti aspetti incredibile.
Borrometi ha iniziato denunciando la mafia dove non sparava, in quella Sicilia orientale da sempre considerata una sorta di isola felice. Ed è questo il problema. Quando ti occupi di Palermo, come di Napoli d'altronde, devi raccontare guerre e morti. Prendi atto di una situazione e la descrivi. Quando hai un capo intelligente, poi, cerchi anche di interpretarla.
I problemi iniziano quando, come ha fatto Paolo, parli di Ragusa, della sua ricchezza mafiosa e inizi a fare nomi e cognomi, senza sconti. Una sfida immane per un ragazzo di 35 anni, naturalmente precario, ma testardo, deciso a smontare una bugia grande quanto un casa. In tante realtà la mafia esiste, anche se non spara. E questo coraggio lo ha pagato caro. Prima un selvaggio pestaggio che gli ha massacrato una spalla. Quindi il tentativo di dare fuoco alla sua casa. E le minacce continue di chi conosce solo i linguaggi di violenza e viltà.
Dal 2014 Paolo non può fare un passo senza la sua scorta. La passione civile, che alla fine è il vero motore del giornalismo d'autore, è rimasta intatta. Scrive, ha un sito molto bello che si chiama "La Spia", incontra i ragazzi nelle scuole. Non mi soffermerò sui contenuti specificamente giudiziari del suo libro. Non vorrei togliere il gusto della lettura, di una ricostruzione avvincente.
Scrive Paolo Borrometi: "Questo Paese non ha bisogno di eroi, ma di cittadini che facciano ...
Continua a leggerePer chi pensasse ancora di vivere in un paese moderno: permettetemi di darvi un modesto contributo tratto dalla mia vita quotidiana. Alcuni giorni fa torno a casa e trovo il portiere allarmato. Mi guarda con preoccupazione. C'è una raccomandata dell'Agenzia delle Entrate, bella pesante. Panico.
Salgo a casa e avviso la nostra collaboratrice domestica di non dire nulla a mia madre. Ha 85 anni e potrebbe avere uno choc. Tengo la raccomandata tra due dita, manco contenesse antrace, e decido di non aprirla. Chiamo mio fratello che fa l'avvocato, lo avviso e gli chiedo di venire a casa. Morto mio padre, d'altronde, la missiva è indirizzata a lui. Per telefono inizia a fare le ipotesi più drammatiche. Insomma, potremmo ritrovarci sotto un ponte per il resto della vita.
Comunque arriva e apriamo il plico. Una decina di pagine, sottolineo dieci, per dirci che mio padre, in rel...
Continua a leggereA volte ci fermiamo chiedendoci cosa siamo diventati. Siamo sempre stati così o, improvvisamente, questo paese ha perso la bussola? Cacciamo lo straniero, discriminiamo i suoi figli, abbattiamo il nemico di turno a colpi di ordinanze di custodia cautelare, difendiamo gli evasori, ignoriamo una grande criminalità che ci strangola e non la percepiamo in tutta la sua pericolosità solo perché non spara più.
Affidiamo il governo a un ragazzino presuntuoso e a un fascista dichiarato. Sputiamo in faccia all'Europa pur avendo un sistema economico disastrato e disastroso. Varano un condono, come hanno fatto tutti, e hanno anche la faccia tosta di chiamarlo "pace fiscale". Minacciano di togliere le scorte a persone minacciate dalle mafie e vogliono imporre una legge sulla legittima difesa che è solo una vergogna. Si affacciano ai balconi senza pudore. Vanno nelle piazze per rivendicare vittorie che durano giusto il tempo di una serata.
Vogliono mettere il bavaglio alla stampa, ma ogni giorno ci rompono i coglioni con decine di inutili comunicati che, a questo punto, non capisco nemmeno perché dovremmo pubblicare. Ogni vittoria, o presunta tale, diventa una vendetta, qualcosa da far scontare al nemico di turno. In base agli ultimi sondaggi quattro italiani su dieci non hanno votato per questi signori. E' un buon punto di partenza.
All'inizio ci eravamo chiesti se siamo sempre stati così o lo siamo diventati. Per rispondere a questa domanda abbiamo ripassato alcune pagine di Flaiano, Manganelli, Pasolini e Chabod. Credo, ma parlo a titolo personale, che lo siamo sempre stati. Ci siamo solo saputi arlecchinescamente camuffare. Solo questo.
Continua a leggereLuigi Di Maio non è mai riuscito a laurearsi. Non ha mai lavorato un giorno in vita sua, ma fa il ministro del Lavoro. In più spara minchiate e minaccia. Ha iniziato con l'Unione Europea dicendo che, alle prossime elezioni, le attuali maggioranze saranno spazzate via. Fino a ora, in realtà, lui e la parte peggiore del M5S sono solo riusciti a far quasi raddoppiare i consensi della Lega rispetto alle ultime elezioni. Inoltre i grillini sono in flessione.
Se, poi, qualche parlamentare del M5S esprime perplessità sul pacchetto sicurezza di Salvini ricorda a tutti che va votato e basta. Sui giornali, però, ieri ha superato se stesso. La tesi è questa: i giornali non vendono più perché scrivono fesserie. E' un ciuccio al quadrato. In realtà la crisi della carta stampata parte da lontano ed è legata, principalmente, alla diffusione del digitale. Senza contare che è un problema del m...
Continua a leggereRispondendo a un mio post ironico sul reddito di cittadinanza un attivista grillino ha sostenuto che l'unico giornalista che dice la verità è Marco Travaglio. Il problema è serio e, naturalmente, in questa storia Travaglio non c'entra. E' bravissimo, promuove con intelligenza i suoi prodotti, fa un giornale oggettivamente molto interessante e diverso dagli altri.
Permettetemi, però, di ricordare i tanti colleghi bravi che non vanno e mai andranno in televisione. Sono cronisti, umili, fanno il loro lavoro con coscienza e sacrificio. Non faranno grandi scoop, ma garantiscono quell'informazione quotidiana, dal taccuino al pezzo di giudiziaria, di cui si nutre una comunità. Sono obbiettivi e giudicano una classe amministrativa per quello che fa.
Sono persone perbene, che, detto per inciso, sanno quanto guadagnano (Travaglio, una volta, incalzato da Gasparri, disse di non r...
Continua a leggereIl caso di Mimmo Lucano, il sindaco di Riace arrestato per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, pone un problema serissimo che prescinde anche dal caso specifico: è giusto disobbedire a una legge che si ritiene ingiusta? Istintivamente la risposta è no, non si può, altrimenti ognuno potrebbe fare quello che vuole.
La protesta non violenta, però, la disobbedienza civile di fronte a normative liberticide è una cosa diversa. Certo, il confine è assai labile, di difficile individuazione. Nel nostro Paese, e questa è storia, tante battaglie sono state vinte, tante questioni sono state poste da chi è partito dalla considerazione che alcune leggi andavano cambiate.
Il pensiero va subito, naturalmente, ai radicali. Grazie a loro abbiamo il divorzio, una normativa corretta sull'aborto e, sempre grazie a loro, oggi è possibile parlare di abolizione del finanziamento pu...
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