info@saleincorpo.it
Testata registrata presso il tribunale di Nocera Inferiore n.86 del 13/02/2017.
Direttore responsabile Alfonso Tramontano Guerritore / Editore Carlo Meoli. Questo sito non riceve contributi da enti pubblici. Sostieni Saleincorpo, sito indipendente. Puoi farlo versando un contributo a piacere e su base annua sul c/c bancario IT96G0538776270000000001187 intestato a Carlo Meoli. Causale Sostengo Saleincorpo. Grazie.
Code & Graphic by iLab Solutions
Ultimo aggiornamento il 15/04/2024

Saleincorpo

Un'idea di Carlo Meoli

La morte dell'ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovazzi ci fanno riscoprire drammaticamente come il problema africano sia anche il nostro problema. Ecco un punto della situazione in un reportage di Stefano Citati apparso sul Fatto.

 

A Goma c’è il lago, ci sono le milizie, c’è il coltan che ognuno di noi porta con sé nei propri cellulari, ci sono i gorilla silverback del parco Virunga, ci sono i vulcani, ci sono i signori della guerra e c’è, quotidiana, la morte. La morte portata dai guerriglieri che combattono da decenni senza quartiere e senza timori nemmeno per la più grande, costosa e fallimentare missione della storia dell’Onu. Qui, il catalogo delle piaghe a uso mediatico dell’Africa è completo: ci sono le razzie di cibo, ci sono gli stupri come arma di guerra, l’arruolamento di bambini come soldati (si chiamano kadoga) e il premio Nobel per la Pace nel 2018 fu assegnato a Denis Mukwege che quelle piaghe cerca di rimarginare. E ci sono i guardacaccia che devono star più attenti alle loro vite che a quelle dei gorilla di montagna che Dian Fossey (uccisa nel 1985, forse da un bracconiere) fece conoscere al mondo. Le grandi scimmie prede e cibo dei profughi hutu fuggiti dal Ruanda, braccati dalla vendetta dei tutsi dopo il genocidio del ’94.

Qui, alle pendici dei vulcani attivi dell’altopiano che si affaccia sull’immensa foresta del Congo – il “cuore di tenebra” dell’Africa raccontata da Conrad – sì uccide senza ritegno e condanna: si può finire la propria vita per mano di irregolari che vessano le popolazioni locali, ma non disdegnano di sequestrare Caschi blu (in gran parte asiatici o africani) della missione Monurso (già Monuc): carrozzone dai costi miliardari che trascina la sua esistenza senza risolvere la cancrena della crisi umanitaria. Qui, nelle fosse scavate nella foresta pluviale tagliata dalle acque marroni del fiume Congo, bambini e giovinetti estraggono il materiale di cui sono fatti i telefoni con i quali il mondo segue le notizie del mondo. E non c’è solo il coltan nelle miniere del Kivu e dell’area frontaliera con Burundi, Ruanda e Uganda: oro, uranio, e altre sostanze preziose. Sfruttamento occidentale appaltato a società, locali o spesso cinesi, che devono sottostare al pizzo delle bande armate che con più o meno vaghe motivazioni etniche si combattono per il controllo delle ricchezze nascoste: a meridione del lago di Goma ci sono le miniere di diamanti (le pietre di sangue che, tagliate in Asia, finiscono sul mercato mondiale di Anversa).

Qui da decenni si combatte una guerra “a bassa intensità” secondo la dizione dell’Onu che ha già provocato milioni di vittime civili (la più sanguinosa dalla Seconda guerra mondiale), un conflitto a singhiozzo che non risparmia nessuno nella scala sociale che va dai “vermi della terra” che portano alla luce le materie preziose ai responsabili sella missione Onu che si dibatte tra inefficienza e scandali per sprechi e reati assai più vili. Qui, sulle strade dissestate che scorrono spesso sulla lava nera del vulcano Nyriagongo, si è spento Luca Attanasio – in missione con il Pam (il World food program, vincitore del Nobel per la Pace l’anno scorso, ndr) non il primo né l’ultimo dei funzionari occidentali che tentano di portare gocce di umanità in un’area dove le condizioni di vita sarebbero già dure di per sé, senza l’aggravante delle milizie controllate dai Paesi confinanti – Ruanda e Uganda per primi – che si sostentano rapinando i locali.

Qui ci sono i “buoni” e i “cattivi”: i primi sono Ong (anche italiane: come Sant’Egidio) con progetti soprattutto per i minori (che in Paesi come il Congo rappresentano quasi metà della popolazione); i secondi sono milizie etniche che ostentano la passione per gli acronimi, retaggio marcio della cultura occidentale: a Goma spadroneggiano tra gli altri quelli quelle hutu dell’Fdlr; ma possono cambiare di continuo, a seconda delle alleanze di comodo necessarie a mantenere la presa sul territorio, per vendicare massacri nei villaggi che sono pulizie etniche del momento, eco più o meno dirette del grande genocidio ruandese che nella primavera-estate di 27 anni fa, in 100 giorni, provocò la morte di 800 mila abitanti del Ruanda.