Ho firmato, a titolo personale e non come Saleincorpo, la petizione per evitare i permessi premio ai boss stragisti condannati al carcere a vita, a meno che non decidano di collaborare con la giustizia. E' stata una decisione sofferta rispetto a una sentenza della Corte Costituzionale sul cosiddetto "ergastolo ostativo".
L'articolo 27 della Carta è molto chiaro: "La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte". La legge nasce dopo gli omicidi di Falcone e Borsellino e le stragi del 93/94. Insomma, sono figlie di una legislazione di emergenza. Di fronte a fatti straordinari lo Stato risponde con misure straordinarie.
E' un po' la storia del 41 bis, il carcere duro per i mafiosi. Martelli di recente ha ricordato che doveva essere una misura provvisoria, ma è rimasta senza che nessuno la ridiscutesse. Sgombriamo il campo da un equivoco: le mafie mi fanno schifo. Combatterle con misure straordinarie, però, non sempre serve.
Quella firma che ho messo sotto la petizione ha un significato preciso. Purtroppo, anche se non sparano quasi più, le mafie controllano gran parte del territorio, non solo al Sud. Ma se un boss, pur non collaborando, dopo essere stato in galera per trent'anni o forse più, dimostra di essere uscito da quel tunnel e chiede un permesso, pur non volendo collaborare, è giusto darglielo o no? Perché un ergastolano per crimini comuni può accedervi e il camorrista no? La questione mi dilania e non ho risposte da fornire.
Ho scritto queste cose solo per spiegare il profondo senso di inquietudine di fronte a una scelta condensata in una firma, sperando che sia stata la decisione giusta.