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Ultimo aggiornamento il 09/05/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

La nascita del partito di Renzi, per quanto ampiamente annunciata, rischia di scompaginare gli equilibri politici di una maggioranza già precaria. Inoltre in molti stanno per saltare sul suo carro. Ecco una guida ragionata per capire quello che potrebbe succedere frutto dell'articolo di Enrico Fierro pubblicato sul "Fatto" di oggi. E le prossime elezioni regionali in Campania sono un importante banco di prova. A seguire il testo.

“Quante divisioni ha il Papa?”. È la domanda che Iosif Stalin pose ai suoi generali a Yalta. La stessa che risuona in modo allarmato al Nazareno (“quante divisioni ha Matteo Renzi?”), e che per ora non trova risposte. Vedrete alla Leopolda 10, 18-20 ottobre, è il refrain dei renziani. Nella tre giorni che sanciranno la nascita di “Italia Viva”, gli indecisi ufficializzeranno il loro passaggio, i dubbiosi (tra un intervento dal palco e un apericena con promesse di future candidature), scioglieranno riserve, i convinti rafforzeranno le loro ragioni. Nel frattempo abbiamo cercato di capire cosa succede nei mitici “territori”, iniziando dalla culla del “renzismo”, la Toscana. Terra d’arte, di paesaggi stupendi, ma in perenne e “machiavellica” attesa del “nuovo principe”. Qui Matteo Renzi può contare su una lunga schiera di amici, tutti ben collocati nel sistema di potere regionale e nel Pd. Molti ancora “in sonno”. Raccontano che anche Dario Nardella, sindaco di Firenze e più renziano di Matteo, sia in attesa. O forse no. “Dario – dicono i bene informati – può decidere di non seguire l’avventura di Italia Viva e di giocarsi una partita tutta interna al Pd. E non da comprimario, ma da leader”. Riconfermato sindaco al primo turno alle scorse elezioni comunali col 57% (con la Lega relegata al 14,4% dentro un centrodestra sconfitto al 28, e i Cinquestelle umiliati con un misero 6%), ha un bel mazzo di carte da giocare. Rimane Luca Lotti, ai tempi d’oro del renzismo trionfante considerato da alcuni il Richelieu di Matteo (per altri meno buoni semplicemente un moderno Franco Evangelisti), ma ha i suoi guai col processo Consip. Resta nel Pd di Zingaretti, anche perché sembra che tra lui e Renzi non corra più il buon sangue di una volta".

"Non passano con Italia Viva i consiglieri regionali. Renzi ha dichiarato che il suo partito non presenterà liste alle prossime elezioni, e in Toscana si vota in primavera. Trasmigrare ora non conviene. Solo “dichiarazioni di interesse” da parte del consigliere Antonio Mazzeo (10mila voti), imprenditore pisano ed ex responsabile organizzazione del Pd toscano, coinvolto nel crac della società editrice de l’Unità, della vicepresidente del Consiglio Lucia De Robertis (aretina da 5mila preferenze), e di Gianni Anselmi, eletto a Piombino. “Dopo le regionali verranno da noi”, assicurano i renziani. Ma la partita vera in Toscana si gioca sulla scelta del candidato destinato a sostituire il governatore Enrico Rossi. Ed è in buona parte tutta interna alla galassia renziana ancora dentro il Pd. Stefania Saccardi, assessore regionale alla Sanità e fedelissima di Matteo, è una delle aspiranti e vuole le primarie. Renzi, però, l’ha bloccata con una telefonata dal tono perentorio: “Cara Stefania, come sai ti considero una risorsa importante, ma il nostro candidato è Eugenio Giani. Con lui si può vincere”. Stop. Giani è l’attuale presidente del Consiglio regionale, una macchina macina voti. Toccherà ad un’altra fedelissima di Renzi della prima ora (con Maria Elena Boschi coordinò le primarie del 2012 per le liste renziane), dipanare la matassa. Si tratta di Simona Bonafé, europarlamentare e segretaria regionale del Pd. Anche lei guarda con “simpatia” alla Leopolda, nel frattempo deve difendersi dagli attacchi concentrici dei suoi e dei “zingarettiani” che la accusano di non essersi battuta a dovere contro l’esclusione dei toscani dal governo. Ma se la Toscana è in attesa (sempre “machiavellica”, s’intende) a Milano le cose vanno più veloci".

"La prima uscita pubblica di “Italia viva” è stata un successo che ha stupito lo stesso Renzi. Salone degli affreschi dell’Umanitaria stracolmo, nonostante la contemporaneità della partita Milan-Torino, di bella gente da “Milano da bere”. In sala scarsa la presenza di militanti Pd delusi, molte facce nuove, ceto medio, professionisti, bancari e architetti. Ada Lucia De Cesaris, avvocato, ex assessore e poi vicesindaco delle giunte Pisapia, è l’anima e il motore del nuovo partito di Renzi. Viene dalla Fgci (organizzazione dei giovani del Pci). “Non voglio fare parallelismi fuori luogo – ci dice – ma ho notato la stessa volontà di partecipare, di essere sul territorio e costruire qualcosa di diverso con umiltà”. Una ex comunista, ex numero due di un sindaco come Pisapia che il comunismo voleva rifondarlo, ora con Renzi? “Sono stata vicesindaco ma con le mie posizioni. In politica e nelle istituzioni merito, competenza e pragmaticità sono indispensabili. La mia evoluzione è antica. Da noi vengono persone che vogliono mettersi in gioco, volti nuovi, rappresentanti di ceti sociali in questi anni esclusi dalla politica”. Che succederà in Lombardia? “Molti amministratori, sindaci, presidenti di municipalità, consiglieri comunali, stanno mostrando un forte interesse. Alla Leopolda e nei mesi che seguiranno ci saranno passaggi e dichiarazioni importanti”. Nell’attesa è già battaglia all’interno di “Italia Viva” milanese. Perché nella corsa alla leadership è sceso in campo anche Mattia Mor. È il giovane rampantissimo imprenditore genovese che Renzi volle candidare, e poi far eleggere, nel collegio di San Siro. Se la piccola borghesia e il mondo delle professioni guardano alla De Cesaris con interesse, quando parlano di Mor, storcono il naso. Non sono per i suoi trascorsi imprenditoriali non proprio esaltanti (il fallimento da 2,2 milioni della sua Blomor), ma per le sue performance tv. Da Quelli che il calcio a Uomini e donne, fino al Grande Fratello 10".

"Anche Napoli si muove. Nella patria di Gennaro Migliore (una volta pupillo di Bertinotti e aspirante rifondatore del comunismo, poi passato al Pd prima di approdare al renzismo), Anna Rita Leonardi è uno dei motori di “Italia Viva”. Infaticabile presenzialista sui social (ultima polemica Facebook con Gerri Calà), ex Pds in Calabria, da anni si è trasferita in Campania. “La scissione era inevitabile, il Pd non risponde più alle esigenze della mia generazione. Siamo nel centrosinistra, ma guardiamo con interesse a quei ceti che rischiano di finire in mano alla Lega di Salvini. Tutto è in divenire, a Napoli stiamo registrando grandi consensi”. Tradotto: 50 circoli di Italia Viva, e importanti passaggi. Quello di Graziella Pagano, ad esempio. L’ex senatrice ed ex europarlamentare, esponente storica del fu Pci, ha scelto Facebook, Ciro Bonajuto, sindaco di Ercolano, ha direttamente comunicato a Renzi la sua adesione. Lello Topo, deputato, e Mario Casillo, consigliere regionale, per il momento stanno con la corrente di Lotti e Guerini. Il governatore Vincenzo De Luca, è critico con la scelta di Renzi. Ma non troppo. A smuovere le sue perplessità sulla scissione ha provveduto la Boschi in una affollata assemblea a Taurasi, patria di un ottimo aglianico, in provincia di Avellino. Se De Luca sarà il candidato governatore alle prossime regionali i renziani appoggeranno il centrosinistra, diversamente faranno altro. Vincenzo si è detto soddisfatto, ma in vigile attesa. “A Napoli e nell’area metropolitana abbiamo tanti circoli, grandi e piccoli, alcuni organizzati sul modello tea party”. Luciano Crolla, una vita nel Pd con ruoli di responsabilità, ci racconta il partito di Renzi sotto il Vesuvio. “Prima della Leopolda faremo una grossa iniziativa. Guardiamo agli elettori moderati una volta affascinati dal berlusconismo ormai morente”. Quindi va bene anche Mastella? “Le notizie sul passaggio di Clemente nelle nostre fila sono più una polpetta avvelenate lanciata da qualcuno che una notizia”".

"Da Napoli all’Abruzzo, Roseto, qui, nel salone del Palazzo del Mare, Ettore Rosato incontra il popolo di Italia Viva. Poco meno di cento persone, età media intorno ai cinquant’anni. Molti ex Pd. Signora anziana: “Sono stata comunista, ma non sopporto Zingaretti, quando lo vedo in tv cambio canale”. A fare gli onori di casa e indicare la linea del nuovo sono due pezzi da novanta della politica teramana. Tommaso Ginoble, ex Partito popolare, ex deputato da 11mila preferenze che votò contro l’arresto del re di Messina Francantonio Genovese, e Paolo Tancredi, pure lui ex parlamentare, ma del Pdl. Con loro sindaci e capi elettori che smuovono voti e consensi. I millenials non ci sono, preferiscono fare jogging sul lungomare".

"Rimane la domanda, “quante divisioni ha Renzi?”. La stessa posta da Stalin e riferita a Pio XII e al potere della Chiesa. Il dittatore sovietico ebbe una risposta da Papa Pacelli nel ’53, alla sua morte. “Ora Stalin vedrà quante divisioni abbiamo lassù”. Quante ne ha Matteo? Vedrete alla Leopolda".