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Questo pezzo di Enrico Fierro è stato pubblicato sul "Fatto" di ieri (25/9/2019).

Insieme a tre complici ha scavato un tunnel, poi è saltato sul tetto del carcere prima di raggiungere la strada. E riprendersi, assieme alla libertà, il primato di primula rossa della ‘ndrangheta. È la rocambolesca fuga dal carcere di Montevideo di Rocco Morabito, boss di ‘ndrangheta e broker internazionale della cocaina. Uno smacco per le autorità italiane, che appena due anni fa festeggiavano il suo arresto in Uruguay. Morabito, appartenente alla importante famiglia di Africo, in Calabria, quando venne arrestato, era latitante da 23 anni: è fuggito proprio in prossimità della sua estradizione, decretata dalla Corte d’appello lo scorso 29 marzo, dopo quasi due anni dall’arresto (e dopo che il procuratore Nicola Gratteri si scagliò sul fatto che il rientro in Italia evidentemente “non interessasse a nessuno”).

Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, è furioso. “È sconcertante e grave che un criminale come Rocco Morabito sia riuscito a fuggire da una galera dell’Uruguay, mentre era in attesa di essere estradato in Italia. Mi prendo due impegni. Primo: fare piena luce sulle modalità dell’evasione, chiedendo spiegazioni immediate al governo di Montevideo. Secondo: continueremo a dare la caccia a Morabito, ovunque sia, per sbatterlo in galera come merita”.

Conosciuto anche col soprannome di “Tamunga”, Morabito è abituato a muoversi in Sudamerica, realtà dove gode di importanti protezioni non solo criminali. I soldi non gli mancano. Quando lo arrestarono nel 2017 in un lussuoso hotel di Punta de Este, gli trovarono, oltre a una villa con piscina e 13 cellulari, 12 carte di credito, 4 libretti di assegni, 1 libretto con azioni al portatore per un valore di 100mila dollari, e in contanti 54.151 dollari e 2.540 pesos uruguaiani. Condannato in contumacia di 30 anni per traffico di droga, Morabito, nipote di Peppe “’u tiradritto”, uno dei capi indiscussi della ’ndrangheta di Africo, nella sua lunga latitanza ha sempre contato su identità fasulle e ricchezze. L’ultimo documento che gli hanno trovato addosso era intestato a Francisco Antonio Capeletto Souza, imprenditore brasiliano nel settore della coltivazione della soia. Uomo dalle mille facce, è uno dei più importanti broker della droga che la ‘ndrangheta tratta e acquista direttamente dai “cartelli “ colombiani e messicani.

Anche da giovane Rocco Morabito sa come muoversi in ambienti diversi dalla sua Calabria. Studi all’Università di Messina, negli anni 80-90 del secolo passato regno degli “africoti”, il giovane rampollo riesce a scampare alla guerra di mafia che colpisce la sua famiglia. Nel 1989 gli uccidono il fratello Leo, e lui stesso rimane ferito in un agguato. Da qui la decisione dell’intera cosca di spedirlo a Milano, dove i Morabito avevano loro filiali. È nella città della Madonnina che il giovane Rocco comincia a occuparsi del traffico internazionale di cocaina. Il suo contatto iniziale è Francesco Sculli, nel 1992 arrestato a Fortaleza, in Brasile, assieme a Waleed Issa Khamayis detto “Ciccio”, che con altri complici stava tentando di importare in Italia mezza tonnellata di cocaina. Fuga anche da Milano e direzione Sudamerica dove Rocco, che oggi ha 53 anni, rimane per oltre 23 anni, praticamente indisturbato.