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Ultimo aggiornamento il 25/04/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

Francesco riceve i ragazzi del Progetto Policoro della Cei. E se la prende con la "peggiore politica" in cui inserisce naturalmente chi sceglie la guerra (il "fallimento della politica"). “La politica che esercita il potere come dominio e non come servizio non è capace di prendersi cura, calpesta i poveri, sfrutta la terra". Cita Don Milani e descrive la "buona politica", che ascolta la realtà, aiuta i più deboli e preferisce "dialogo, fiducia, risposte pronte e non rimandate".

 

“Oggi la politica non gode di ottima fama, soprattutto fra i giovani, perché vedono gli scandali, tante cose che tutti conosciamo”. Lo ha sottolineato Papa Francesco nel discorso ai giovani partecipanti al Progetto Policoro della Conferenza episcopale italiana ricevuti in Vaticano. “Le cause – ha spiegato Bergoglio – sono molteplici, ma come non pensare alla corruzione, all’inefficienza, alla distanza dalla vita della gente? Proprio per questo c’è ancora più bisogno di buona politica. E la differenza la fanno le persone. Lo vediamo nelle amministrazioni locali: un conto è un sindaco o un assessore disponibile, e un altro è chi è inaccessibile; un conto è la politica che ascolta la realtà, che ascolta i poveri, e un altro è quella che sta chiusa nei palazzi, la politica ‘distillata’”.

Per Francesco quello della pace “è un tema che non può mancare nella formazione sociopolitica, e purtroppo è anche urgente a causa della situazione attuale. La guerra è il fallimento della politica. Questo va sottolineato: la guerra è il fallimento della politica. Si alimenta del veleno che considera l’altro come nemico. La guerra ci fa toccare con mano l’assurdità della corsa agli armamenti e del loro uso per la risoluzione dei conflitti. Mi diceva un tecnico che se per un anno non si facessero armamenti si potrebbe eliminare la fame nel mondo. Dunque, ci vuole una ‘migliore politica’, che presuppone proprio ciò che state facendo voi, cioè educarsi alla pace. Questo è responsabilità di tutti. Fare la guerra ma un’altra guerra, una guerra interiore, una guerra su sé stessi per lavorare per la pace”.

Il Papa ha puntato il dito contro “la peggiore politica, quella di andare avanti e farsi spazio facendo fuori gli altri, quella che persegue non il bene comune ma interessi particolari e usa ogni mezzo per soddisfarli”. Francesco ha, quindi, evidenziato che “la politica che esercita il potere come dominio e non come servizio non è capace di prendersi cura, calpesta i poveri, sfrutta la terra e affronta i conflitti con la guerra, non sa dialogare”. Bergoglio ha citato don Lorenzo Milani che affermava che “il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia”. “È così – ha commentato il Papa – è semplice”. Francesco, inoltre, ha sottolineato “quale spiritualità può alimentare la politica. Ne colgo solo due aspetti: la tenerezza e la fecondità. La tenerezza è l’amore che si fa vicino e concreto. È la strada che hanno percorso gli uomini e le donne più coraggiosi e forti. In mezzo all’attività politica, i più piccoli, i più deboli, i più poveri debbono intenerirci: hanno ‘diritto’ di prenderci l’anima e il cuore. La fecondità è fatta di condivisione, di sguardo a lungo termine, di dialoghi, di fiducia, di comprensione, di ascolto, di tempo speso, di risposte pronte e non rimandate. Significa guardare all’avvenire e investire sulle generazioni future; avviare processi piuttosto che occupare spazi. Questa è la regola d’oro: la tua attività è per occupare uno spazio per te? Non va. Per il tuo gruppo? Non va. Occupare spazi non va, avviare processi va. Il tempo è superiore allo spazio”.

Bergoglio, infine, ha concluso il suo discorso proponendo “le domande che ogni buon politico dovrebbe farsi: ‘Quanto amore ho messo nel mio lavoro? In che cosa ho fatto progredire il popolo? Che impronta ho lasciato nella vita della società? Quali legami reali ho costruito? Quali forze positive ho liberato? Quanta pace sociale ho seminato? Che cosa ho prodotto nel posto che mi è stato affidato?’. La vostra preoccupazione non sia il consenso elettorale né il successo personale, ma coinvolgere le persone, generare imprenditorialità, far fiorire sogni, far sentire la bellezza di appartenere a una comunità. La partecipazione è il balsamo sulle ferite della democrazia. Vi invito a dare il vostro contributo, a partecipare e a invitare i vostri coetanei a farlo, sempre con il fine e lo stile del servizio. Il politico è un servitore; quando il politico non è un servitore è un cattivo politico, non è un politico”.