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Ultimo aggiornamento il 28/03/2024

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Un'idea di Carlo Meoli

“In Lettonia se hai 30 anni sei considerato di una certa esperienza, e spesso ti affidano ruoli importanti. Qui il lavoro si trova facilmente e c’è flessibilità. Non c’è la cultura del posto fisso, ci si mette in gioco”. Parla così Giacomo Nicora, 33enne ligure che da otto anni vive a Riga. Laureato in Scienze Politiche a Genova, nel 2018 si è trasferito in Lettonia, dove lavora per una banca svizzera come responsabile del mercato italiano. Tornare in Italia, almeno per ora, non è tra le opzioni: “La vita che faccio qui – dice – è bellissima e non riuscirei ad averla in Italia”.

A farlo innamorare della Lettonia è l’Erasmus, una parentesi durata quasi un anno e finita nel 2014. Rientrato a Genova, conclude la laurea magistrale in Amministrazione e politiche pubbliche e inizia uno stage per una grossa azienda della sua città. Si occupa di vendite: come prima esperienza non è male ma svolge mansioni pari a quelle di un dipendente e riceve solo un rimborso spese. Dopo sei mesi spera di essere assunto, le intenzioni dell’azienda però sono diverse. “Finito lo stage – racconta Giacomo – il responsabile del mio settore mi chiama e dice: ‘Dopo una grande discussione con il management sono riuscito a ottenere un contratto part-time per un mese e mezzo’. Ero spiazzato, perché dopo mesi di lavoro quasi gratuito mi aspettavo un vero contratto. Gli ho detto che mi sarei preso un giorno per pensarci”. Dalla reazione del suo superiore, però, Nicora capisce che l’esitazione non è apprezzata e che la perplessità non è ammissibile: “Il responsabile era deluso. Si aspettava – dice Giacomo – che facessi i salti di gioia. Era una brava persona, ma talmente abituata al sistema italiano che gli sembrava di farmi una grande offerta”.

Accetta comunque quel mese e mezzo, ma non segue nessun rinnovo e nel frattempo matura la decisione di tornare a Riga. A incoraggiarlo nella decisione è il fatto che quello è il secondo stage finito senza un lavoro. Il primo era in una grossa banca, ma non retribuito e senza possibilità di assunzione. Così decide di partire per la Lettonia. “Avevo degli amici e un bel ricordo di Riga, ma era comunque un salto nel buio. A darmi coraggio è stato il mancato rinnovo nell’azienda in cui avevo fatto lo stage retribuito”. Trova lavoro con un colloquio a distanza ma le condizioni non sono ottimali: fa assistenza clienti per una ditta di stampe su tela: “Mi hanno assunto – spiega – con un contratto a tempo indeterminato da subito con tre mesi di prova, che è la prassi qui. Ma all’inizio guadagnavo poco”.

Nicora cerca di arrotondare con qualche traduzione dall’italiano per agenzie lettoni di pubblicità e nel frattempo cerca altro. Lo trova in una banca svizzera, dove oggi lavora da cinque anni: “Ora mi trovo davvero bene – spiega Giacomo – ho massima flessibilità negli orari, il mio lavoro mi permette di viaggiare a di avere un’autonomia decisionale che difficilmente avrei alla mia età in una banca italiana”. Una delle differenze che nota di più è nelle opportunità di crescita: “Nella mia azienda – spiega – chi viene promosso a capo ufficio non è il più anziano o quello con più esperienza ma chi si distingue per merito, a prescindere dall’età che ha”. A stupirlo è anche la capacità di reinventarsi, diffusa tra i lettoni: “Qui se perdi il lavoro non sei spacciato. In media si cambia ogni tre anni”. A farlo stare bene è anche il clima che si respira in ufficio: “La cosa che mi piace di più – ammette – è che c’è un’atmosfera internazionale. C’è il piacere di avere colleghi e capi di nazionalità e mentalità diverse: vengono da Svizzera, Lettonia, Honk Kong, Giappone, Ucraina”.

La multinazionale per cui Giacomo lavora ha una sede a Kiev. Quando è scoppiata la guerra, i suoi colleghi uomini sono rimasti a lavorare a distanza, le donne hanno lasciato il paese e una si è trasferita nella sede di Riga. La Lettonia, che confina con la Russia, ha subito diversi periodi di russificazione fino al crollo dell’Unione sovietica. Per queste ragioni, la guerra in Ucraina è vissuta con partecipazione dalla popolazione: “C’è un eterno contrasto – racconta Giacomo – tra lettoni e russi che è molto sentito per ragioni storiche dovute al fatto che i sovietici li hanno liberati dal nazismo poi, però, hanno imposto 30 anni di occupazione. La maggior parte dei lettoni russofoni solidarizza con gli ucraini. In molti quasi si vergognano di parlare russo e partecipano alle manifestazioni contro Mosca”. A guardare quello che ha costruito in questi anni, Nicora non ha dubbi sul fatto che non tornerà. Ci ha provato, ma dopo tre mesi in Italia è rientrato a Riga. “Non è che all’estero tutto sia migliore – precisa -. Ad esempio, qui molti lavori che non richiedono studi universitari sono pagati davvero poco. Io sono stato fortunato perché ho trovato ottime condizioni e amo stare qui. L’Italia resta per me il Paese più bello del mondo e cerco di venirci spesso, ma non ci tornerei più a vivere”.